Danza dei Sogni

16 1 4
                                    

La luce soffusa delle candele e i riflessi tremolanti del fuoco si diffondevano per tutta la radura. Era il momento del rituale, la Danza dei Sogni, una celebrazione antica che legava gli angeli alla loro essenza, al cielo e alla luce. Una danza a cui tutti avrebbero partecipato, eccetto i caduti. E ciò includeva Alexander.

Osservavo la radura riempirsi di figure eteree, angeli vestiti di veli leggeri, i loro passi leggiadri che sembravano fluttuare sull’erba. Le loro risate melodiose si intrecciavano con il suono lontano del vento, creando una musica dolce e ipnotica. C’era una bellezza in tutto ciò che non riuscivo a descrivere, ma allo stesso tempo, sentivo un vuoto, una mancanza.

Il mio sguardo cercava Alexander. Non sapevo esattamente perché, ma dopo l’incontro nel bosco, non riuscivo a smettere di pensare a lui. Ogni suo gesto, ogni sguardo, ogni parola. Aveva un’aura oscura e misteriosa che mi attirava, anche se percepivo chiaramente la distanza che cercava di mantenere tra di noi.

Mi voltai lentamente, sperando di trovarlo tra gli alberi. E poi lo vidi. Non partecipava alla danza, naturalmente, ma era lì, nascosto tra le ombre del bosco, osservando in silenzio. Sembrava un estraneo in mezzo a quella luce e bellezza, come se appartenesse a un mondo diverso, più oscuro, più pericoloso. Ma nonostante il suo tentativo di rimanere nell’ombra, sentivo la sua presenza così intensamente che era come se fosse accanto a me.

Feci un passo verso di lui, il cuore che mi batteva nel petto. Era come se qualcosa mi spingesse in quella direzione, qualcosa di più grande di me, un legame invisibile che non riuscivo a comprendere. Lui mi vide, e per un istante, sembrò esitare. Ma poi il suo viso tornò alla consueta freddezza.

"Non dovresti essere qui," disse Alexander, la sua voce bassa e distante. I suoi occhi, scuri come la notte, mi fissavano con quella scintilla azzurra che sembrava bruciare dietro la sua facciata di controllo.

"Nemmeno tu," ribattei, cercando di mantenere la calma mentre mi avvicinavo. "Perché non partecipi?"

Il suo sguardo si indurì, ma non rispose subito. Mi avvicinai ancora di più, ignorando l’avvertimento silenzioso nei suoi occhi. "Parlami, Alexander. Perché sembri sempre così distante da tutto? E da tutti?"

"Non puoi capire," disse, la sua voce carica di un’amarezza che mi colpì nel profondo. "Non appartengo a questo mondo come pensi."

"Sei un angelo," ribattei, cercando di ignorare la tensione crescente tra di noi. "Appartieni esattamente a questo mondo."

"Non più." Il suo tono era definitivo, e per un momento, rimasi in silenzio, osservando il modo in cui il suo sguardo si abbassava, come se il peso del suo passato lo schiacciasse. Sapevo che c’era qualcosa che non mi diceva, qualcosa che lo legava all’oscurità che cercava disperatamente di tenere a bada.

Mi avvicinai ancora, fino a che non fui così vicina che potevo sentire il suo respiro. "Cos’è che ti tormenta?" sussurrai, sperando di poter rompere quel muro che aveva eretto tra di noi.

I suoi occhi si alzarono di scatto, incontrando i miei. "Non cercare risposte dove non dovresti," disse, la sua voce ora più fredda. "Ci sono cose che è meglio non sapere, Clary."

"Non è abbastanza per farmi allontanare," risposi, avvertendo un brivido percorrermi la schiena. Alexander aveva costruito muri intorno a sé, ma sentivo che dietro quella barriera c’era molto di più. Qualcosa che volevo, anzi, dovevo capire.

Il suo sguardo si fece più duro, e per un istante, pensai che mi avrebbe respinta definitivamente. Ma invece di allontanarsi, Alexander fece un passo verso di me, chiudendo lo spazio tra di noi. Sentii il calore del suo corpo, e nonostante il freddo nel suo atteggiamento, c’era una tensione palpabile tra di noi.

"Non sai in cosa ti stai cacciando," disse, la sua voce un sussurro appena udibile. "Il mio passato… il mio vero io… ti distruggerebbe, Clary."

"Non mi interessa il tuo passato," risposi, cercando di mantenere il contatto visivo. "Voglio conoscere te."

Il suo sguardo si fece ancora più intenso, e per un istante, pensai che avrebbe abbattuto quel muro. Ma invece, si allontanò bruscamente, come se avesse ricordato qualcosa che non potevo comprendere.

"Non posso," disse, la sua voce spezzata da qualcosa di profondo. "Non posso permettermi di essere vicino a te."

Prima che potessi rispondere, un rumore ci interruppe. Le risate degli altri angeli si spensero improvvisamente, come se l’atmosfera stessa fosse stata spezzata. Mi voltai, cercando di capire cosa stesse succedendo, e in quel momento, capii.

Dall’oscurità del bosco, una figura si stava avvicinando. Non era un angelo. L’aria intorno a lui sembrava diventare più fredda, più pesante. I suoi occhi, rossi come il fuoco, bruciavano nell’oscurità, e il suo sorriso era pieno di malvagità.

Un altro demone.

Alexander si irrigidì immediatamente, i suoi occhi si spostarono verso di me, pieni di preoccupazione. "Stai indietro," mi ordinò, la sua voce più dura di prima.

Il demone avanzava lentamente, i suoi passi pesanti che facevano tremare il terreno sotto di noi. "Alexander," sibilò, la sua voce strisciando nell’aria come un serpente. "Finalmente ti trovo."

Alexander non rispose, ma la tensione nei suoi muscoli parlava per lui. Sentivo che c’era qualcosa di personale tra loro, qualcosa che risaliva al suo passato oscuro di cui non voleva parlarmi.

Il demone si fermò a pochi passi da noi, il suo sorriso si allargò. "E chi è questa?" domandò, fissandomi con quegli occhi penetranti. "Una nuova pedina, forse?"

Prima che potessi reagire, Alexander si mosse in un lampo, posizionandosi tra me e il demone, il suo corpo teso e pronto a combattere. "Lei non è parte di questo," disse con un tono pericolosamente calmo.

"Oh, ma lo sarà," ridacchiò il demone, avanzando ancora di un passo. "Sai quanto mi piace giocare con le tue… debolezze."

Sentii il freddo della paura stringermi il cuore, ma Alexander non si mosse. Rimase immobile, il suo sguardo fisso sul demone. "Non ti lascerò toccarla."

Il demone sorrise, e in un istante, si lanciò verso di noi con una velocità impressionante. Alexander si mosse altrettanto rapidamente, afferrando il mio mano e tirandomi indietro mentre si preparava allo scontro.

Lo guardai, mentre si poneva tra me e la creatura, e in quel momento, capii una cosa: c'era molto più di quanto Alexander volesse ammettere. Non si trattava solo del suo passato, ma di una battaglia interiore che combatteva ogni giorno. E per qualche motivo, io ne ero diventata parte.

La danza dei sogni, che fino a quel momento era sembrata un simbolo di pace e armonia, si era trasformata in una battaglia contro le tenebre che minacciavano di inghiottirci entrambi. E io non potevo, né volevo, tornare indietro.

Mi sentivo importante, non sapevo cosa poter fare per aiutarlo. Mentre il demone continuava a parlare Alexander era sempre più teso.

Iniziarono a combattere, a un certo punto le grandi ali nere e possenti di colui che si sentiva ormai perso, diedero la possibilità di alzarsi in volo e scappare via. Di conseguenza anche il demone lo rincorse.

The Whisper of the StarsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora