ℂ𝕒𝕡𝕚𝕥𝕠𝕝𝕠 𝕕𝕠𝕕𝕚𝕔𝕚

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-Ho vinto!- esclamò Kakavasha, prendendo le fiche degli avversari.

Si trovava nel suo bar preferito, a Sigonia-IV e stava giocando d'azzardo con altri Avgin.

Nonostante aveva solo 16 anni, era davvero molto bravo e vinceva molto spesso, se non sempre.

È un ragazzo minuto molto basso ma molto intelligente per i giochi d'azzardo e tutto ciò che riguardava i giochi di società. Nessuno riusciva mai a batterlo.

Si avvicinò a sua sorella maggiore, le sorrise e le mostrò i soldi appena vinti.

-Possiamo permetterci la cena, ora! Visto?-

La ragazza gli sorrise e gli accarezzò i capelli.

-Sei stato bravo, ma non dovevi-

-Tu ti sforzi sempre tanto da quando i nostri genitori sono andati via, volevo fare lo stesso..-

La sorella gli accarezzò una mano -Fai già tanto per me, il solo fatto che tu sia ancora con me, al sicuro, è già tanto per me- sorrise dolcemente.

-Lo sarò per sempre- rispose l'alpha con un sorriso dolce.

La beta fece per parlare, ma un botto e la porta del locale che si aprì di scatto la fece fermare, tutti si girarono verso di essa, compreso Kakavasha, che sussultò.

Entrarono degli uomini armati e con odoracci addosso, Kakavasha storse il naso, odoravano di altri omega e alpha, sopratutto omega.

Neanche il tempo di dire qualcosa che tutti gli Avgin nel locale vennero o sparati e uccisi o sbattuti contro pareti, tavoli e persino pavimenti, compresa la sorella di Kakavasha, che venne lanciata contro un tavolo.

-No! Lasciatela!- urlò l'alpha con sguardo irritato e agitato, provando ad allontanare l'uomo dalla sorella.

-Erik! Lei è una beta, ammazzala e basta!-

L'uomo, chiamato Erik afferrò violentemente il braccio sinistro di Kakavasha, facendolo finire con una spinta violenta contro il muro vicino a loro, facendolo lamentare per la botta.

L'Avgin a terra cercò di alzarsi subito, ma venne bloccato da altri due uomini, tenendolo fermo e, uno, con una mano sotto al mento lo costrinse a guardare la sorella ed Erik.

-NO! Lasciatela stare!- Urlò disperato, dimenandosi come un pazzo, mordendo a sangue la mano di uno degli uomini che lo teneva, facendosi lasciare e tirò una testata abbastanza forte all'altro, facendolo cadere per terra, corse velocemente da Erik che stava puntando una pistola contro la sorella, gli saltò addosso, ma l'uomo fece in tempo a spararle, uccidendola quasi sul colpo. La prese poco sotto il petto, Kakavasha sgranò gli occhi e corse da lei.

-No, no!! Sorellona!- premette le mani sulla ferita, consapevole del fatto che fosse ormai morta.

-n-no...- la sua voce tremava e i suoi occhi si riempirono di lacrime subito dopo, sentì un fischio alle orecchie a quella scena, guardandosi le mani sporche di sangue.

-Prendetelo- sentì, prima che venisse colpito dietro la nuca da uno degli uomini di prima.

Cadde a terra senza sensi.

[...]

L'omega si svegliò di colpo, sussultando. Ancora quell'accaduto. Ancora quell'orribile sogno!

Si passò una mano fra i capelli, sentiva ancora il sangue della sorella sulle sue mani, e aveva ormai 25 anni...

Si guardò l'altra mano, con gli occhi leggermente lucidi, dopodiché sentì bussare alla porta della stanza.

-Papà?- la vocina di Margaret spezzò il silenzio.

Erano passati anni dalla nascita della piccola beta, ora aveva otto anni.

Quando tornò a casa quel giorno, con sua figlia tra le braccia, Veritas lo aiutò subito a prendersi cura di lei, Jade aveva procurato loro anche una casa lontana da Penacony, erano a Belobog, nel pianeta Jarilo-VI. Era così tranquillo lì, pieno di robot gentili e altre tante persone di buon cuore. L'unica pecca era che era perennemente inverno, perciò viaggiavano con i piumoni addosso.

Avevano passato gli anni più tranquilli della loro vita, Veritas aveva trovato lavoro in un Università di matematica, fisica e informatica mentre Aventurine faceva il barista in un bar.

L'omega fece in modo che Margaret non andasse a scuola o non uscisse di casa senza la sua presenza vicino, era terrorizzato dalla sola idea di perderla. Veritas, infatti, ne approfittò per insegnarle lui stesso gli argomenti scolastici e anche cose in più,

A soli otto anni, sapeva già molte cose e aveva una grandissima memoria.

-Posso entrare? Ti ho sentito piangere...- spiegò Margaret, con tono preoccupato.

Veritas dormiva nell'altra stanza, probabilmente non ha sentito nulla.

-Si, entra pure tesoro- rispose Aventurine, guardando subito verso di lei.

La piccola ibrida si sedette vicino a lui sul letto, poggiando una guancia dolcemente su una sua spalla.

-Hai sognato ancora cose brutte?- chiese piano, preoccupata.

-...sì ma sto bene ora, tesoro- sorrise piano Aventurine, accarezzandole la testa.

Margaret mosse un po' le alette sulla testa, guardandolo.

-Posso rimanere qui per la notte?-

All'Avgin uscì un sorriso dolce -Non devi neanche chiederlo, vieni qui-

Disse dolcemente, abbracciandola e allungandosi con lei sotto le coperte. Margaret sorrise e strinse forte il corpo del padre, chiudendo gli occhi.

Qualche minuto dopo, crollarono entrambi, mentre Veritas era al bordo della porta, ad osservarli, sorrise leggermente, poi chiuse la porta appena uscì. Era lì da poco, aveva sentito tutto, ed era felice che adesso Aventurine riusciva a calmarsi più in fretta, adesso.

Tornò in camera sua, guardando una foto di loro tre insieme, al quinto compleanno di Margaret.

Osservò la foto e si sedette sul letto, reggendola, i suoi occhi guardavano il viso di Aventurine, in quella foto stava sorridendo sinceramente e quel sorriso gli provocava una sensazione piacevole nel petto.

Rimise a posto la foto dopo un po', rimettendosi allungato sotto le coperte, guardando il soffitto.

Qualche minuto dopo ricevette una chiamata dal suo cellulare da un numero sconosciuto, si rimise seduto e stranito rispose, avvicinando il telefono all'orecchio.

-Pronto?-

-Veritas, dico bene? Il famoso insegnate di Belobog! In soli otto anni sei riuscito ad acquistare tanta fama?-

L'alpha strinse il telefono, con un'espressione seria.

-Cosa vuoi, Aoran?-

-Beh, penso sia ovvio, tu hai qualcosa di mio da troppo tempo, e voglio riaverlo indietro-

-Aventurine non tornerà mai da te, neanche se mi preghi in ginocchio.-

Ringhiò leggermente, stringendo la presa al telefono.

-Mi stai dicendo che devo passare sul tuo corpo, professore?-

-Sempre se ci riuscirai- detto questo, Ratio chiuse la chiamata, facendo un sospiro frustrato.

Si passò una mano fra i capelli. Aventurine ora era in pace, non gli avrebbe mai permesso di rovinargli di nuovo la vita.

Quando si trattava di lui non riusciva mai a sopportarlo, provava rabbia e un briciolo di dolore nel petto, voleva tenerlo al sicuro.

...voleva salvare e far felice il ragazzo che amava.

Due vite || RatiorineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora