Cuddling somewhere

3.3K 296 52
                                    

Secondo prompt:

Cuddling somewhere



John Watson.

Sherlock ne aveva osservato spesso i tratti, per la scienza si intende, perchè le espressioni facciali sono utili per capire se la persona accanto a te sta mentendo.

Quando stavano scattando alla coppia una fotografia, il portamento di John era militare, gli occhi indecifrabili, con una scintilla di cortesia, quasi a dire, "Non vorrei esserci ma ci sono, già che ci siamo, siamo cortesi".

La sua bocca era perfettamente chiusa, rigida, serrata.

Il capitano in John Watson si risvegliava. I flash dei fotografi troppo simili ai riflessi della sabbia in Afghanistan.

Troppo inconscio per mentire.

Quando sorrideva la dentatura superiore, brillante e perfetta, era bene in vista, non era timido. Le sue narici, ben fatte, si dilatavano leggermente. Gli si formavano delle pieghe attorno agli occhi, che si socchiudevano, luminosi.

Non stava fingendo, era troppo affascinante per essere una bugia.

Quando era allegro, rideva, i suoi occhi si socchiudevano e mandava la testa all'indietro. Se era imbarazzato, la sua mano volava alla tempia destra, quasi a segno di protezione.

Ma le altre volte, quando era divertito, aveva una risata tonsillare, di quelle che vengono dal profondo del corpo. In altre parole, dal diaframma, passando poi per le tonsille.

Amava quel suono. Era dolce.

E il suono del naso. Quello simile ad un riccio^.

Gli si inumidivano gli occhi, era un riflesso delle ghiandole lacrimali, ovviamente, segno che la sua risata era vera, oppure era un ottimo attore.
Sherlock apprezzava le sue iridi, rese ancora più lucide, più profonde, più intense, da lacrime di gioia.
Per la scienza, ovviamente.

Quando era stupito, la sua bocca era mezza aperta, mentre le labbra sottili disegnavano una curva deliziosa. Gli occhi erano uno leggermente più aperto dell'altro, blu opaco, quasi grigio. Le sopracciglia aggrottate.

Non stava mentendo, naturalmente. Era sinceramente stupito di sapere che Sherlock era vivo.

Quando era triste, le palpebre sbattevano lentamente, a spazzare via l'umidità tra le ciglia. Deglutiva leggermente, come per sciogliere il groppo in gola. Le sue labbra si stringevano.

Faceva troppo male per non essere reale.

Quando era amarezza quella che gli si leggeva sul volto, le labbra serrate erano inclinate verso il basso, gli occhi non restavano mai su un punto fisso. Poi annuiva leggermente, e il suo sguardo si poggiava sul soggetto del suo sentimento. Ancora una volta, gli occhi erano leggermente stretti,.

Al suo matrimonio, mentre guardava Sherlock dritto negli occhi e gli diceva di amare Mary, quella era senz'altro amarezza. Rimpianto di un sapore dolce-amaro. No, non era dolce, neanche un po'.

Quando piangeva, al suo funerale, al funerale di Mary, il singhiozzo di John gli aveva trapassato i timpani, non per quanto fosse acuto, ma per quanto fosse doloroso, fisicamente. Gli occhi non esprimevano niente quella volta, la postura non era più dritta, ma rattrappita, contorta.

Quella volta, aveva mentito. Aveva detto che era soltanto pioggia che gli cadeva sulle guance. Il modo in cui si teneva a Sherlock diceva il contrario.

Quando era stanco, quando sbadigliava, la sua bocca raggiungeva dimensioni enormi, il naso andava all'insù, gli occhi erano serrati in attesa di espirare. Poi sbatteva le palpebre due volte, velocemente, assumendo quell'aria innocente come quando gli aveva chiesto, "Am I a pretty lady?"

Era stanco, per davvero. "Sherlock, mi stai osservando gli occhi da ore, occhi che io ho dovuto tenere aperti tra l'altro, mi hai baciato per non so quanto tempo, ora, per l'amor del cielo, mi fai dormire?"

Se le espressioni facciali non bastavano, la voce di John era fin troppo esplicita.

Quando dormiva, la sua bocca era leggermente aperta, non più in guardia, rilassato tra le braccia di Morfeo. Gli occhi chiusi, ma non stretti. La testa sul materasso, John del tutto ignaro che il cuscino era a pochi centimetri dal suo naso. Non gli piacevano i cuscini.

Il corpo in posizione fetale, non in quella tipica dei soldati, supina. Ma John non era tipico, non lo era per niente.

Un tempo, guardarlo dormire era un privilegio raro, un'eccezione ad una rigida regola. Spiare quel soldato che disfaceva il letto, muovendosi mentre gli incubi lo aggredivano. Sognando di potergli passare la mano tra quei capelli brizzolati.

Ora, Sherlock poteva farlo liberamente, di fianco a lui, in un letto troppo piccolo per entrambi.

Amava osservare il suo John, per la scienza si intende.

Sherlock: Every fairy taleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora