(IV) Sotto il filo della sfida.

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<<Le véritable voyage de découverte ne consiste pas à chercher de nouveaux paysages, mais à avoir de nouveaux yeux.>>
- Marcel Proust

(Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell'avere nuovi occhi.)

CALLIOPE.

Il cielo era ancora grigio quando ho aperto gli occhi. Ho guardato il soffitto della mia stanza, quasi in attesa che qualcosa accadesse, che la luce entrasse a dissolvere l'ombra che mi premeva dentro. Sapevo che quel giorno sarebbe arrivato, ma una parte di me non era pronta. Non lo sarebbe mai stata.

Il tema sul Piccolo principe.
Quel maledetto tema.

Avevo lavorato per tre giorni senza sosta, curando ogni frase, scegliendo le parole con una delicatezza che nemmeno pensavo di possedere. Due pagine e mezza, dense di tutto ciò che volevo dire, di tutto ciò che volevo che lei vedesse in me.

Lauren Dubois.

La sua immagine mi si era incollata addosso in ogni istante di quelle tre notti. Mentre scrivevo, immaginavo i suoi occhi scorrere le righe, le sue dita sottili sfiorare la carta, la sua espressione mutare, anche solo impercettibilmente, per ciò che avrebbe letto. Le stesse dita sottili spostare qualche ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio...

Ero nervosa, impaziente, affamata di quel giudizio che solo lei poteva darmi.
Avrebbe apprezzato? Avrebbe capito?
Perché mi interessa così tanto?

Mi alzo dal letto con un movimento brusco, scrollandomi di dosso l'ansia. La solita routine mattutina scorre senza intoppi: colazione veloce, un saluto frettoloso a mia madre, e poi fuori, nella luce pallida di un mattino che prometteva di essere troppo lungo. Cammino verso scuola, il cuore che batte a un ritmo insolito, e dentro di me un pensiero fisso: "Cosa penserà la Dubois?"

Arrivo in ritardo, come al solito. Cassandra, Tatiana e Vanessa sono già lì, appoggiate al muro accanto all'aula, immerse in una conversazione su qualche video virale che non mi interessa.

«Allora, hai finito il compito per la Dubois?» mi chiede Cassandra appena mi avvicino, con quel suo tono che è un misto di curiosità e sfida.

«Sì, finito. Ma ho la sensazione che lo rileggerò nella mia testa fino alla consegna» le rispondo con un sorriso stanco.

Mi pesa ancora, quella sensazione di incompiutezza, come se avessi dimenticato qualcosa di cruciale. Come se non bastasse.

«Tranquilla» dice Tatiana, che sta sgranocchiando una caramella,
«lei ti adora. Non ho mai visto la Dubois guardare qualcuno con tanto interesse.»

La sua affermazione mi provoca un brivido, ma non lascio trapelare nulla. In effetti, è quello che mi tormenta.
Perché Lauren Dubois mi guarda in quel modo?
Che cosa vuole vedere in me?

Le prime due ore passano senza lasciare tracce. Matematica e storia: solo un brusio di sottofondo che mi permette di nascondermi nei miei pensieri. Sento Vanessa borbottare qualcosa accanto a me sul professore di matematica, ma le parole si perdono nella nebbia della mia mente. Sto già pensando alla terza ora.
La supplente di italiano, la professoressa Dafne Signorelli, entra in classe, ammaliando tutti i ragazzi qui presenti, inclusa me, con la sua bellezza felina, elegante, raffinata.

Charlotte.

Non riesco a trattenere un sorriso mentre prendo il telefono e le mando un messaggio:

"Indovina chi è venuta a farci supplenza?"

La risposta arriva subito, con un'emoji con gli occhi spalancati. Posso quasi sentire il suo respiro trattenuto, immaginarla nell'altra aula, le mani che si stringono attorno al telefono con impazienza. Charlotte è completamente innamorata della Signorelli, e ogni volta che ne parliamo, le sue guance si arrossano come quelle di una ragazzina innamorata.

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