succo d'arancia e gelosie

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tw: menzione di suicidio e morte che potrebbero risultare disturbanti ai lettori.

Non riesce a capire, Manuel, se il cuore abbia iniziato a battergli così velocemente a causa della corsa fatta per arrivare nel bar di fronte all'università senza bagnarsi dalla testa ai piedi a causa della pioggia, o per il fatto che il suo mignolo abbia sfiorato quello di Simone mentre spingeva la maniglia della porta d'ingresso.

Sta di fatto, che sente quell'organo martellargli il petto insistentemente, quasi come se stesse avendo un infarto in atto.

Un po' gli fa ridere il pensiero di essere così poco atletico da rischiare di morire per colpa di una corsetta di, si e no, centro metri.

Ancora di più, lo diverte pensare che il suo corpo sia andato in subbuglio per un semplice tocco, come se fosse un tredicenne alle prese con la sua prima cotta.

Non che ne sappia molto di cotte e innamoramenti, visto che ha passato la vita intera a evitare questi tipi di relazioni come la peste. Solo sesso, si è sempre ripetuto, e fin'ora sembrerebbe aver funzionato.

Ma con Simone è diverso, e questo fatica ad accettarlo.

È diverso perché mai una volta, da quando è entrato nella sua vita, ha desiderato andare a letto con lui, nonostante non mancasse un momento in cui non lo avesse trovato bello da togliere il fiato. O meglio, sicuramente non gli dispiacerebbe, anzi. Ma, al contrario di tutte le sue avventure passate, Simone è l'unico che gli abbia provocato interesse nel passare del tempo con lui, anziché andare dritti al dunque.

Non ne è abituato, animale solitario com'è, ma non fatica a immaginarsi con lui, in un ipotetico futuro.

Scuote la testa per scacciare via quel pensiero, troppo prematuro per potersi insidiare nella sua testa con tale facilità, invitando Simone a prendere posto di fronte a lui in quel tavolino appartato.

Alla fine glielo ordina il succo all'arancia, sotto il suo sguardo attento, assicurandosi di ricordargli in tazza grande, mentre lui gli fa compagnia con un tè caldo, degno ventidue anni che sta per compiere.

«È tipo un rituale.» esclama improvvisamente Simone.

«Che?» chiede Manuel confuso.

«Il succo d'arancia. Lo prendo tutte le volte che piango e diciamo che mi aiuta a farmi tornare il sorriso.» e un sorrisetto gli esce mentre pronuncia quella frase. «È una tradizione che ho sin da piccolo, papà mi portava a raccogliere le arance in un campo di un suo amico e dopo andavamo a spremerne un po' per produrre il succo fatto in casa. Una volta sono caduto mentre ne prendevo una e mi sono messo a piangere, così lui mi ha preso in braccio e mi ha portato a sedere su una sedia in giardino. Poco dopo avermi disinfettato il ginocchio, mi ha portato un bicchiere pieno di succo e mi ha detto che le arance aiutavano il sistema immunitario, quindi mi avrebbe fatto guarire più in fretta berne un bicchiere ogni volta che mi fossi fatto male.» dice con le guance un po' arrossate, leggermente in imbarazzo.

Manuel non può fare altro che sorridergli in risposta, immaginando un piccolo Simone un po' maldestro. Avrebbe voluto conoscerlo prima, pensa il maggiore, mentre lo invitava a continuare il racconto con lo sguardo.

«Poi, negli anni, ogni volta che cadevo o mi veniva l'influenza, mio padre mi portava un bicchiere di succo d'arancia e mi sembrava di stare subito meglio, come se avesse un effetto immediato.» ridacchia leggermente, facendo spuntare quelle fossette adorabili che ha sul volto. «Dopo è arrivata l'adolescenza, i mali fisici si sono trasformati in qualcosa di più astratto, interiore, e io ho continuato a pensare a quel succo come un appiglio per stare un po' meglio, giusto per il tempo di finire di berne un bicchiere. È stupido, non so nemmeno perché te l'ho raccontato.»

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