tutto inutile

522 47 7
                                    

Sente i palmi delle mani sudare, Simone, mentre attende il suo turno per parlare con la rettrice dell'università.

È nervoso, probabilmente come non è mai stato, per quel colloquio privato. Sente la pressione sulle spalle, nonostante abbia già raccolto il numero richiesto di firme e abbia presentato il suo progetto già il mese prima.

Ma, sotto sotto, sente che qualcosa non stia andando nel verso giusto.

Nel mese passato, Simone ha scritto diverse email alla rettrice, a cui non ha mai ricevuto risposta. Ha pensato potesse essere normale, vista l'enorme quantità di lavoro che hanno i professori con quella carica, ma dopo la terza sua notifica che è stata ignorata, ha iniziato a rendersi conto che probabilmente stava succedendo di proposito.

Sono venti minuti che aspetta fuori dalla porta del suo ufficio, attendendo che la donna uscisse dalla stanza e lo accogliesse dentro per parlare a quattr'occhi della sua richiesta, ma ancora non sembra dargli nessun segno di vita.

Odia dover parlare con i professori, sentendosi sempre inadeguato nel suo modo di parlare e di atteggiarsi, ma con la rettrice è pure peggio.

Ricorda di essersi mangiato le parole continuamente la prima volta in che le ha parlato della sua associazione, rendendo il tutto più difficile da comprendere. Non è colpa sua, ma la timidezza a volte prende il sopravvento e fa fatica a gestirla.

È ancora assorto nei suoi pensieri, quando sente la maniglia della porta scricchiolare e presentarsi davanti a sé la figura della donna che stava aspettando con ansia.

«Simone, buon pomeriggio. Entri pure.» lo richiama la donna, invitandolo ad alzarsi e seguirla nel suo ufficio.

Simone annuisce, seguendo i suoi passi e sedendosi nella sedia di fronte alla sua scrivania, cercando di restare il più composto possibile.

L'ufficio è piuttosto grande, la quantità di quadri che lo decorato è altrettanto numerosa, così come i mobili vintage danno un tocco di eleganza a tutta la stanza, adatta per una direttrice.

Non che lui ne capisca molto di arte e design, avendo una mente prettamente predisposta alle materie scientifiche, ma, nell'insieme, quell'ufficio gli dà una sensazione di benessere.

«Quindi, Simone. Mi ricordi di cosa doveva parlarmi.» gli chiede la donna – Angela Marinetti, da come può leggere nel cartellino poggiato sulla base della scrivania –, mentre incrocia le gambe e presta attenzione al ragazzo.

«Sì, certo. Ero qua per portarle le firme per il progetto Salute & Mente di cui le avevo parlato il mese scorso. Sono arrivato a diecimila firme entro la data concordata, quindi le volevo chiedere conferma per poi procedere con la pratica.» spiega Simone, tremando un po' con la voce all'inizio della frase.

La Marinetti lo guarda con un piccolo sorriso triste sul volto, incrociando le dita della mani tra di loro e avvicinandosi di più al centro della scrivania, quasi preparandosi a porgergli delle scuse.

Simone trattiene un sospiro, ormai realizzando che nulla di buono sarebbe uscito dalla sua bocca, vista la sua espressione.

«Senta, Simone, io apprezzo davvero tanto il lavoro che ha fatto e tutto l'impegno messo nella raccolta firme, non è da tutti e questo le fa onore. Sarò sincera, per questo anno accademico la possibilità di portare avanti la sua richiesta è pressoché impossibile, visto che i fondi sono già stati stanziati per altre cause. Sicuramente prenderò in considerazione la questione per i prossimi anni, considerato che è un tema che sta a cuore a lei quanto a me.» afferma la rettrice, con tono calmo.

Al contrario, però, Simone sentiva il sangue ribollire nelle vene, furioso a causa delle sue parole.

Gli sembrava impossibile aver passato lo scorso mese praticamente insonne, a pensare costantemente alla raccolta firme e a essersi messo in imbarazzo per situazioni che mai gli sarebbero passate per l'anticamera del cervello, introverso com'è, per quella causa.

You Signed Up For ThisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora