5.
Submissio
18:40
«Sei stata brava.»
Virginia si lasciò cadere di peso sul letto con una risata vibrante tra le clavicole. Non le importò molto di ripulirsi. Le piaceva sentire scorrere il seme di Damiano dentro di sé, le piaceva sentirsi, nel complesso, più liquida che di carne – quanto più scivoloso diventava il proprio corpo, tanto più s'inebriava. A dire il vero la riempiva anche di vanto, quella fiducia assolutamente folle che si era creata tra loro. Intrecciò le mani sulle pancia e guardò il soffitto immacolato di camera sua, dopodiché tornò a posare gli occhi su Damiano. Si stava riabbottonando la camicia meticoloso, il viso basso a osservare le proprie mani, le maniche arrotolate ai gomiti e qualche ciocca di capelli che gli ciondolava sugli zigomi. A differenza sua, sembrava in grado di riacquistare la propria compostezza in un battito di ciglia.
«Visto?»
«C'è stato un momento in cui ti stavi trattenendo talmente tanto che ho creduto seriamente che stessi per sentirti male e che ci avresti fatto beccare» disse lui, mentre si sedeva accanto a lei sul trapuntino rosa con la schiena appoggiata alla testiera del letto. Anche il suo petto stava domando una risata. Le scostò un po' la frangetta sudata sulla fronte. A dispetto dell'aria di fine maggio che arrivava ad accarezzarli dal balconcino, si erano accaldati più del solito e adesso si ritrovavano con la pelle infuocata e gli abiti più appiccicati addosso. Era vero, quindi: l'estate era alle porte. «Però era ora che imparassi un po' il silenzio. Ti ho viziato troppo, con quella storia del lasciarsi andare.»
«Se anche ci avessero sentito non me ne sarebbe importato nulla» rispose lei con una scrollata di spalle. «Non sai quante volte ho sentito i miei nell'altra stanza. Mia madre strilla come una gallina, quando lo fa.»
Damiano lasciò andare la risata, alla fine – baritonale e calda, come lei l'amava, con le palpebre un po' strizzate. Aveva notato, da piccoli segnali, che anche a Damiano piaceva vederla ridere. Quando Virginia sorrideva per una cosa che lui aveva detto o fatto, appariva compiaciuto e più dolce, anche se sempre con una venatura di superbia nello sguardo. «Beh, ma era comunque necessario che imparassi. Ci tornerà utile per altre occasioni, in futuro.»
Virginia si voltò su un fianco verso di lui, la gabbia toracica che gorgogliava di contentezza. In futuro. A quanto pareva, anche se si vedevano soltanto per il sesso, Damiano aveva intenzione di portare avanti il rapporto ancora a lungo. In effetti in momenti come quello Virginia aveva la sensazione che sarebbe potuto durare in eterno.
Non erano estranei a quelle due parole, insegnare e imparare. Quel pomeriggio Damiano era passato a casa sua con la scusa dello studio, e per la prima volta in quasi due mesi aveva incontrato i suoi genitori in veste di compagno di scuola. Sua madre era rimasta in stato di shock per un paio di secondi quando Damiano aveva varcato la soglia. Che sua figlia invitasse a casa un ragazzo era già un miracolo di per sé, ma che quel ragazzo fosse Damiano Vicari...
«Che piacere averti qui, vieni, vieni, entra!» aveva detto con tono più acuto del normale, prendendolo sottobraccio per scortarlo lungo il piano terra. Sovraeccitata, aveva iniziato a parlare a ruota, a raccontargli futilità sulla casa, sui marmi di Carrara e i dipinti commissionati a questo o quell'altro pittore esposti nel corridoio principale, a chiedergli di suo padre. Damiano era stato educato come sempre e aveva risposto a ogni sua domanda. Le aveva fatto uno strano effetto, vederlo al fianco di sua madre, uno scricciolo accanto a lui. Aveva persino provato una punta di gelosia. A lei c'era voluta un'infinità di tempo per conquistarsi il diritto di toccarlo, e mai in pubblico. Sua madre, invece, rappresentava tutte le belle ragazze sfacciate con cui Damiano aveva a che fare ogni giorno e che riuscivano a trovare dei modi per avvicinarlo con una facilità inaudita. Perlomeno nell'ultimo periodo lui non sembrava dar corda a nessuna di loro.
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Hotel Anthares
Mystery / ThrillerVirginia frequenta l'ultimo anno di liceo all'Istituto Santa Teresa di Lisieux, un'esclusiva scuola cattolica per i figli delle famiglie più abbienti. Non ha amici né l'avvenenza delle sue compagne, e vive all'insegna di un'apatia che già da tempo l...