7.
et in Arcadia ego
15:48
Salutare sua madre sui gradini del portico di casa era stato come salutare la sua intera vita. Le era sembrato di staccarsi da uno scoglio, con uno schiocco sonoro del guscio, e di avere d'improvviso lo sguardo rivolto verso l'oceano maestoso all'orizzonte. Azzurra aveva sventolato un'ultima volta la mano verso lei e Damiano mentre salivano in macchina, dopo che lui aveva caricato il trolley nel bagagliaio.
«Divertitevi!» aveva detto parandosi gli occhi dal sole. O forse: «A presto!»
Virginia, la guancia appoggiata alle nocche, l'aveva già dimenticato. Così com'era apparsa, sua madre scomparve di nuovo dai suoi pensieri in un tremolio fugace. Le tornò in mente qualche altra istantanea di ciò che era avvenuto appena tre ore prima, sovrapposta al paesaggio ingiallito della campagna del centro Italia che scivolava al di là del finestrino. Damiano che le aveva sfiorato il fianco con le dita accompagnandola alla portiera. Ludovico che le aveva riservato un sorriso sornione dal sedile del passeggero. «Ciao», «Ciao» aveva risposto lei fredda. E poi era intervenuto subito Damiano. «Non preoccuparti. Gli ho proibito categoricamente di fare lo stronzo con te.»
In quel momento i due stavano canticchiando una canzone di Kanye West che avevano fatto partire a un volume accettabile dalle casse. Damiano picchiettava i polpastrelli sul volante, e ogni tanto le lanciava un'occhiata dallo specchietto retrovisore. Anche Ludovico si voltava a intervalli verso di lei, in un movimento che faceva oscillare aggraziatamente i suoi boccoli d'oro scuro.
«Neanche questa conosci?»
«No.»
«Giusto, dimenticavo che sei una principessina d'altri tempi.»
Ogni volta che le rivolgeva la parola, Virginia si raggomitolava un po' di più verso il finestrino. Avrebbe tanto voluto chiedere a Damiano: ma dovevi invitarlo per forza? O almeno non poteva venire in macchina con qualcun altro? Ma tutto sommato quel fastidio non riusciva a sovrastare il senso dilagante di sospensione che si era creato dentro di lei. Dinanzi all'ignoto in cui si apprestava a saltare, la voce di Ludovico si riduceva a un rumore di fondo causato dal vento. Sapeva già da settimane chi fossero gli altri invitati a Villa Anthares. Sapeva anche che Ludovico avrebbe fatto il viaggio di andata con loro. Aveva accettato la sua presenza come una piccola carie insidiata tra due denti, o un male qualsiasi che risultava sopportabile la maggior parte del tempo. Non avrebbe potuto fare altrimenti, in fondo, se intendeva partecipare alla loro vacanza. Non era lei a stabilire le condizioni.
Le venne l'istinto di allungare una mano verso Damiano e scostargli i capelli dall'orecchio, ma si contenne. Anche se adesso Ludovico sapeva di loro, aveva sempre l'impressione di dover limitare i gesti d'affetto in pubblico, con lui. Forse perché Damiano non voleva dare a nessuno il pretesto di pensare che stessero insieme. Sperava soltanto che alla villa le cose tra loro potessero scorrere con più naturalezza. La segretezza l'aveva stancata. Fuori dal Santa Teresa, dove non c'erano più i compagni a sondare ogni loro minima mossa, non sembrava avere neanche più senso.
In realtà riusciva a individuare in se stessa un malessere ben più impellente di quello causato dalla presenza di Ludovico. Se c'era una persona a cui Damiano non voleva far credere di essere impegnato, era qualcuno che stava già alla villa ad attenderli, e nella mente di Virginia aveva un nome e un volto ben precisi.
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Hotel Anthares
Mystery / ThrillerVirginia frequenta l'ultimo anno di liceo all'Istituto Santa Teresa di Lisieux, un'esclusiva scuola cattolica per i figli delle famiglie più abbienti. Non ha amici né l'avvenenza delle sue compagne, e vive all'insegna di un'apatia che già da tempo l...