3. Zucchero bruciato

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3.


Zucchero bruciato



10:02


Era trascorso il weekend, il lunedì, il martedì, e Damiano non le aveva fatto sapere un bel niente.

Aveva atteso ognuno di quei giorni controllando a ripetizione le notifiche sul telefono, per poi rendersi conto che Damiano non la seguiva da nessuna parte né aveva il suo numero. A scuola, aveva cercato il suo sguardo nei corridoi all'entrata e all'uscita, ma Damiano le era parso distratto e assente anche con i suoi stessi amici, sempre con la testa bassa e una camminata inquieta, come se con la mente fosse ben lontano dal Santa Teresa.

Forse aveva sbagliato a fargli quella proposta in quel periodo. Magari stava attraversando un momento difficile e Virginia, senza saperlo, aveva sprecato o abbassato drasticamente le sue possibilità di convincerlo. Di sicuro quando avrebbe avuto di nuovo voglia di scopare sarebbe andato alla ricerca di una ragazza che rispecchiava di più i suoi gusti.

Il mercoledì non fece più congetture e si sentì soltanto stupida. Mentre il professor Trimarchi spiegava alla classe la Fenomenologia dello Spirito, alla seconda ora, se ne stava con la testa appoggiata mollemente a una mano a tracciare cerchi concentrici sul quaderno. Segregò, in quei cerchi, tutte le fantasie che le erano sbocciate dentro dal giorno della proposta, così che non fuoriuscissero più. Aveva creduto davvero che Damiano Vicari potesse interessarsi a una come lei?

Aveva solo consegnato gratuitamente a lui e al resto della scuola un nuovo motivo per prenderla in giro. Anche se Damiano non era mai stato cattivo con lei, quel fatto era troppo succulento perché non venisse riportato a nessuno.

Serena, a un banco di distanza, la stava osservando con un sopracciglio alzato. «Ti hanno investito il gatto?» le sussurrò, quando Virginia se ne accorse. «Sei morta, in faccia.»

Virginia si ricompose e tornò con la schiena dritta sulla sedia. «Non è nulla» mormorò, piccata.

Provò a ignorarla e a concentrarsi sulle parole di Trimarchi – tesi, antitesi, sintesi –, ma finì piuttosto per studiare il suo aspetto. Era bassino, con i capelli brizzolati un po' unti da perfetto stereotipo del topo da biblioteca, e aveva delle mani piccole e femminili che dicevano amasse allungare sulle natiche delle studentesse di tanto in tanto. In verità, Virginia non aveva mai sentito una singola testimonianza diretta in merito, né aveva mai conosciuto una studentessa del Santa Teresa che avesse affermato una cosa del genere. Era più probabile che fosse una voce nata per minacciarlo: fino a qualche tempo prima era molto più severo con i voti e le note sul registro, ma da un momento all'altro si era ammansito. Da quando gli era giunta quella voce, poi, cercava di stare il meno possibile in presenza degli studenti. Suonata la campanella, si volatilizzava.

Virginia si soffermò a immaginare come sarebbe stato o come avrebbe reagito se Trimarchi l'avesse palpeggiata, e un moto di disgusto le fece rivoltare lo stomaco ancora a digiuno.

Spostò lo sguardo. Dalla sua posizione privilegiata, dal fondo dell'aula, incontrò ancora una volta il banco vuoto di Achille. Il resto della 5B sembrava essersi abituato in fretta alla sua assenza, ma nonostante questo nessuno aveva voluto sedersi al suo posto. Forse in segno di rispetto, o forse perché qualcuno pensava che avrebbe portato sfortuna.

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