4. Settimana Santa

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4.


Settimana Santa



17:28


Quando bussò alla porta di casa Miranda, il pomeriggio del Venerdì Santo, stava ancora pensando alla lunga scopata che si era fatto con Virginia Sannazzaro l'ultimo giorno prima delle vacanze.

Non era da lui stare a rimuginare sul sesso occasionale, e la cosa lo turbava. Per quanto fosse stato soddisfacente, si era detto che non sarebbe più ricapitato: non aveva alcuna intenzione di illuderla o di iniziare un qualsiasi tipo di rapporto con lei, non con il rischio che Virginia gli si appiccicasse addosso e cominciasse a intralciarlo. L'aveva accontentata per mera curiosità, perché aveva intravisto nel suo desiderio qualcosa che andava oltre il desiderio delle persone comuni, e a lui divertiva molto avere il potere di esaudire i desideri altrui – in un certo senso, era tutto ciò per cui viveva –, ma solo delle persone che lo stuzzicavano abbastanza da meritarselo.

Il problema era che quella curiosità non era affatto diminuita. Anzi. Adesso che aveva delle conferme su di lei, la curiosità aveva innescato mille nuovi scenari luccicanti nella sua immaginazione. Stava ogni tanto a pizzicarlo in un punto sull'osso occipitale, dietro la testa, a ricordargli che non aveva esplorato neanche la metà del potenziale di Virginia, o peggio, a ricordargli la sensazione della sua carne morbida al tatto che aveva potuto impastare a suo piacimento.

Quella notte l'aveva sognata. Anche se non era sicuro che fosse lei. Stavano entrambi distesi sul suo letto, Virginia gli dava le spalle, nuda e avvolta in un lenzuolo trasparente che frusciava come acqua o forse proprio fatto d'acqua, i suoi capelli sontuosi sparsi intorno. Damiano ricordava di essersi sollevato su un gomito per poterla osservare meglio. Sì, era proprio come una statua accasciata in un laghetto, la sentiva respirare a stento, e lui aveva provato un certo timore reverenziale prima di toccarla; non era Venere né Ozymandias, ma qualcosa di più grande, a lui fin troppo familiare. Di nuovo? Sei di nuovo tu? Quando l'aveva fatta voltare per una spalla, aveva scoperto che non aveva la faccia. Il viso composto di sola pelle, sembrava che gli stesse sorridendo a modo suo, muovendo i tratti della bocca come un piccolo rettile che si agita sotto un telo. Con la solita voce distorta, né maschile né femminile e proveniente da chissà dove, gli aveva detto: «Questo è il mio corpo.»

Ludovico, accanto a lui sui gradini dinanzi alla porta bianca, il profilo reso scultoreo dal naso alla greca e le mani infilate nelle tasche del bomber Emporio Armani, sospirò. «Era proprio necessario?»

«Non vuoi passare per il ragazzo educato che va a trovare una famiglia a lutto?» ribatté lui.

In realtà apprezzava che Ludovico l'avesse accompagnato lì senza fare domande. Doveva aver colto le sue vere intenzioni solo in parte, eppure aveva preso la macchina ed era passato a prenderlo intorno alle cinque senza la minima protesta, come gli aveva chiesto. Il villino dei Miranda si trovava nella zona nordorientale della città, in un parco residenziale costruito da appena qualche anno insieme a tutti gli altri parchi residenziali del quartiere. Nel complesso, per quanto borghese, sembrava un luogo finto messo in piedi in fretta e furia come una di quelle cittadine americane sorte dal nulla intorno a un'azienda o a un terreno fertile. Si domandò se il sottosuolo non nascondesse anche lì qualche tesoro fortunato.

L'istante successivo, la porta si aprì rivelando la figura del padre di Achille, un uomo imberbe sulla quarantina che aveva ancora nel viso un'aria da adolescente. «Ragazzi!» Li accolse con un sorriso imbarazzato che ce la mise tutta per apparire cordiale.

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