Capitolo 8

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"Nell'occhio del ciclone"

Raggiungere nuovamente il Gözlerüt dopo quanto accaduto in quel casinò degli orrori pareva quasi una benedizione, lasciando spazio a lunghi momenti di sospiri di sollievo, con Lucifugo che, invece, sembrava felice per ciò che lì aveva trovato.
«Quindi, per tutto questo tempo, Alastor ha fatto il lavoro sporco per noi? Beh, particolare come cosa» disse intanto Ragnar non appena furono davanti all'entrata per Aurkhna. Il demone ridacchiava tra sé e sé, prima di replicare:«Già ma ehi, ha sicuramente fatto qualcosa di buono, pur essendo... beh, quello che è» nel mentre che tornavano al santuario per riferire i risultati della loro spedizione, però, qualcosa di strano sembrava svolgersi altrove, lì. Infatti, per quanto pareva essere tutto tranquillo, vi erano Emirkhan accerchiati a qualcosa, come se cercassero di fare da barriera per quello che vi era in mezzo a quello scudo umano. «Che sta succedendo qu-... oh cielo...» ovviamente Thaéris sarebbe stata la prima ad avvicinarsi, con due degli Emirkhan che si fecero da parte, ancora paonazzi in maniera più che visibile. Vi era Nelchael accasciato al suolo, con un taglio molto profondo che gli prendeva buona parte del torace, e con rivoli di sangue che scorrevano anche lungo la bocca fin sotto il collo, annidandosi in un casino scarlatto, sul tessuto della veste. Il suo sguardo era lento, cercando di esprimersi, ma impossibilitato a farlo. «Aesir, ho anche bisogno di te. Nelchael è stato ferito» si riferì freddamente, risuonando davvero inespressiva rispetto al solito, all'Erdester, con ella che, sentendo la richiesta d'aiuto, subito si precipitò a soccorrere quella che, di per sé, era chiaramente una figura angelica di tutto rispetto. Perciò, inginocchiandosi davanti ad egli, con Thaéris al suo fianco, ella protese le mani davanti al lungo taglio ben visibile sul corpo di quello, e con tutti quei tatuaggi che si illuminarono di un verde acqua molto acceso, una flebile luce del medesimo colore si formò tra le mani sue e il corpo di Nelchael, andando a rimarginare dall'interno tutti i danni corporali che egli aveva subito. Thaéris invece, puntando lo scettro davanti al suo fidato Emirkhan, andava propriamente a creare una sorta di sigillo protettivo, così da dare un minimo di sicurezza in più, nel caso di future colluttazioni.
Perciò, quando il tutto si concluse, con Nelchael che pareva sotto controllo, le due si guardarono per un attimo, prima che la Dea dell'Ordine disse, sorridendo all'Erdester:«Ti ringrazio, cara. Direi che questo è il bello di avere un Erdester così potente come te, al nostro fianco» lo sguardo di Aesir, per un attimo, pareva intenerirsi per quanto riferito dalla divinità. Soprattutto, quando la fece accomodare tra due delle sue numerose ali: davvero, mai avrebbe pensato che Thaéris fosse così tanto affettuosa, per non dire che stava essendo così con una dei cinque Erdester. Sembrava star per dire qualcosa in merito quando, un attimo prima, videro Nelchael muovere leggermente la testa verso le due, accennando un lieve sorriso, dicendo poi:«Vi ringrazio, vostre maestà. Quel Baraqiel, davvero... è un'anomalia rispetto a quello che mi sarei aspettato di affrontare» la dea dai tratti cerulei sorrise in risposta, e gentilmente afferrando la mano dell'angelo così da farlo sedere, ella poi disse:«Di niente, Nelchael. Però... com'è successo tutto questo? Cioè... non mi dire che sei andato a cercare quello, da solo» lui ovviamente scosse la testa, con sicurezza, a far intendere che non stava affatto mentendo, prima di replicare:«Stavo semplicemente meditando, come al solito, quando, beh... mi sono visto quell'essere davanti alla faccia, non appena aperti gli occhi. Gli altri possono confermare di avermi visto combattere, e mi hanno cercato di aiutare, ma fallendo perché, a quanto pare... parevano impossibilitati ad avvicinarsi a quello»
«Impossibilitati?» disse improvvisamente Lucifugo, guardando l'Emirkhan con evidente sospetto. O meglio, gli ricordava esattamente come avvenne per Azazel, ma solo per quanto riguardava la sua apparente immortalità. Un po', sembrava quasi come se tutti loro avessero una peculiarità che li rendeva superiori rispetto alla massa. «Sì, diciamo che è strano pure per me da dire» rispose quindi lui, intanto che piano piano stava rialzandosi da terra, anche se ancora abbastanza provato dall'assalto. C'era qualcosa di molto strano in quello che era avvenuto, anche per il fatto di come uno come Nelchael, evidentemente abile anche nel combattimento essendo che aveva affrontato uno degli Yıkımran, faccia a faccia, avesse le idee confuse su cosa, davvero, avesse affrontato. «Quindi, fammi capire: lui pare essere uno inattaccabile da quasi tutti, ma a quanto pare, sembra che tu sia in grado di affrontarlo. Beh, non sembra neanche un problema, solo... se lo dovessimo affrontare noi?» era sicuramente un'intuizione, anzi, un dubbio più che lecito, quella di Thaéris. L'Emirkhan aveva avuto lo scontro, totalmente da solo, come se Baraqiel volesse affrontare unicamente quello, così da non doversi trovare a gestire la Fazione intera. Poi però, quando pareva esser tutto quieto a causa della miriade di domande e dovuti sospetti a causa di questo avvenimento, Aesir alzò improvvisamente lo sguardo, dicendo con un tono deciso, sicuro:«Posso gestirlo io, se volete. Da Erdester della Vita quale sono, ho come compito anche quello di preservare i continenti dei miei fratelli, quindi, tanto vale scendere in campo per me» sicuramente la dea aveva un grandissimo potere dalla propria, e poi, era una dei sovrani del pianeta: chi meglio di lei avrebbe potuto gestire un qualcosa del genere? «Oh beh, se a te va, Aesir, volentieri. Basta che stai attenta, d'accordo? Sappiamo quanto sei potente, ma non vogliamo vederti in difficoltà» rispose quindi Anachiel, dando una pacca sulla spalla dell'Erdester, la quale sorrise per la fiducia mostratagli. Anche l'Ordine sembrava concorde con quanto detto dalla Dea delle Tempeste, riferendosi ad Aesir con un sorriso dolce:«Se vuoi, posso venire con te. Mi piacerebbe vederti combattere, e se posso supportarti nel mentre, mi farebbe molto piacere» ella un po' si trovò spiazzata da questa sua proposta, trovandola sì rassicurante, ma non capendo il perché solo lei avrebbe voluto seguirla. «Beh, per me va bene. Gli altri ovviamente rimarrebbero con Anachiel, così anche per allenarsi in quello che Nelchael o gli altri richiederanno» disse quindi Aesir, convinta finalmente a partire assieme a Thaéris, alla ricerca di Baraqiel. Sapeva di essere comunque in vantaggio poiché, da Erdester quale era, non avrebbe avuto altro che una vittoria assicurata: era solo da definire quando.
Perciò, con l'assenso dato anche dalla sovrana cenniana, le due che sarebbero giunte al cospetto dell'Yıkımran si guardarono con sicurezza, sapienti di come sarebbero tornate ad Arukhna con una vittoria, la terza sulla Fazione nemica. Uscirono, una affianco all'altra, propriamente con l'indicazione precisa del prossimo accampamento degli Yıkımran, il quale sarebbe stato abbastanza lontano dalla città sotterranea. Aesir sapeva quanto sarebbe stato importante il risultato della sua lotta, ma un po', anche squadrando quella dea al suo fianco, poteva quasi dire di starlo facendo un po' per impressionarla. Sapeva di essere anch'ella stessa una divinità dalla caratura, a Rechlan, fuori dal comune, ma a vedere come tranquillamente si avvicendava al fianco dell'Erdester, provava un po' di soggezione, quasi come se le parti si fossero invertite.
E così, camminando lungo i canyon al di sopra di Arukhna, e proseguendo nord, le due quasi fecero fatica a rivolgersi la parola, anche solo sull'imminente scontro. C'era un tale imbarazzo reverenziale che lo si poteva notare anche solo nei loro sguardi: talvolta fugaci, quasi per timore di osservarsi per troppo tempo. Però, quando poi furono quasi a metà strada, fu proprio la donna marchiata del dono di Decadia a svegliare un po' quel torpore, dicendo:«Dici che sarà una sfida difficile, quella contro Baraqiel?» Thaéris sembrò venir catturata al di fuori dei suoi pensieri, e rivolgendo un sorrisetto alla pari divinità, rispose:«Sono sicura che te la caverai più che bene. Sei un'Erdester, dopotutto: confido nel tuo successo, a prescindere da tutto. Potessi scommetterci qualcosa, quasi darei in pegno il mio essere» non si sarebbe mai aspetta una risposta di questo tipo, così sicura che Aesir avrebbe trionfato. Magari la Pace non avrà neanche visto quella lotta, nel continente aesiriano, contro Morten, ma in fondo sapeva le sue parole erano sincere, dovute a come la riconoscesse come forte sotto ogni punto di vista. «Aw, dai, non serve arrivare a tanto. Nessuno sarebbe in grado di rappresentare la pace come fai tu, Thaéris» rispose quindi l'Erdester, ridacchiando sommessamente al solo pensiero di come stesse elevando l'essere di quella dea a qualcosa di unico. Beh, sicuramente lo era, senza dubbi alcuni. «E tu sei perfetta per rappresentare tutto ciò che concerne la vita, Aesir» rispose quindi l'altra, arricciandosi intanto una di quelle ciocche cerulee in un indice, con spensieratezza. Vi era un sorriso leggero, visibile sul suo volto, forse pensando a qualcosa che, in qualche modo, la stava rendendo felice.
Aesir non sapeva cosa dire a riguardo di questo elevarla a status di dea infallibile, perfetta per il titolo che rappresentava con orgoglio, talvolta cercando di capire se lo stesse dicendo unicamente per rassicurarla o perché davvero lo pensava. Però, anche guardandola in modo sottile, circa con la coda dell'occhio, poteva dire che ella avesse un modo di fare molto rilassato, sincero, che andava anche oltre il pensiero che chiunque altro avrebbe: le aveva riposto fiducia, sin dal primo istante, e Aesir ora si trovava nella condizione di essere al fianco di quella dea, alla quale non sapeva dir altro se non elogiarla, e poi ricevere il medesimo messaggio in cambio. Era quasi come se non riuscissero ad andare oltre la riverenza, da colleghe divinità quali sono loro.
Intanto, in lontananza, le due poterono iniziare a sentire qualcosa di forte, come una folata di vento che le assalivano i volti, ma non pareva una brezza familiare ad Aesir, niente affatto: era un vento malevolo, e lo sentiva come tossico, per il suo essere. «Quindi Baraqiel rappresenta il Rüzgârçeo. Bene, sarà una lotta tra pari elemento» disse proprio l'Erdester, letteralmente discendendo a terra, fluttuando con una leggiadria e un'eleganza impareggiabili, come se piccoli gradini di piume le si formassero sotto le scarpe. Thaéris fu a terra un istante dopo, usando le ali per planare proprio dove, a poche decine di metri da loro, vi era un altro accampamento degli Yıkımran. A differenza di quello gestito da Azazel, però, poterono notare come questo fosse più incentrato su qualcosa di decisamente più rilevante; cercavano qualcosa, usando anche delle vedette nel caso qualcuno avesse anche solo osato avvicinarsi troppo alla base. Perciò, battendo un colpo a terra con lo scettro, Thaéris rese sé stessa e Aesir totalmente invisibili, con la Pace che quindi, prendendo poco in disparte ella, anche per stare sicure di non avere gli occhi puntati addosso - come dire, meglio prevenire che curare -, la divinità si rivolse all'Erdester, dicendo:«Non possiamo sbaragliarli subito, a quanto pare. Tu occupati del pezzo grosso... io, invece, scenderò in campo per tenerti a bada quegli altri» guardava verso l'accampamento con già una lunga lista di idee da attuare, mentre Aesir, stranamente, la guardò con un sopracciglio inarcato, non aspettandosi colei che rappresentava l'Ordine in ogni forma e tipo, di voler combattere a sua volta:«Uh? Ne sei sicura, Thaéris? Non avevi detto tu stessa che raramente avresti combattuto?»
«Appunto, "raramente", eheh» rispose l'altra, dandole un colpetto scherzoso sulla fronte con lo scettro, un po' anche per rassicurarla. Però, l'Erdester dovette ammettere che sarebbe stato un bel vedere, con Thaéris che avrebbe sguainato le armi per la prima volta, e potrebbe dire, solo per lei. A quel pensiero, un leggero color rosato andò a macchiare la carnagione chiara della dea, dovendo scacciare quel pensiero come meglio poteva, cercando si non farsi notare dall'altra.
Poi, notandola rialzarsi da dove si era appostata, Aesir ricevette il segnale di raggiungerla, così da agire in maniera indisturbata. Sapeva che avevano solo quello di momento per attaccare, e quindi, prendendosi un lungo respiro, il suo Iaidon prese la forma della spada che ella brandiva normalmente, raggiungendo Thaéris a pochi passi dall'accampamento, ancora sotto effetto dell'invisibilità data da questa. Studiavano il perimetro del posto, cercando di comprendere quanti degli Yıkımran minori avrebbero dovuto prendere sotto scacco, così da lasciar all'Erdester l'onore di affrontare il capitano di questi, in uno scontro tra lui e lei, e nessun altro. Non ci misero molto a scandagliare la zona attorno alla "base" nemica, in silenzio, prima che Aesir alzò la spada verso il cielo, ad indicare che l'altra poteva procedere con la sua parte del piano. Così, recepito il messaggio, ecco che la dea dalle numerose ali spiccò il volo, stando a qualche metro da terra mentre, per quanto riguardava la collega, questa ebbe generato una sorta di specchio di luce, così da riflettere qualsiasi cosa avesse in mente l'altra, in maniera ancora più precisa contro i nemici.
E proprio con questo, il suo scettro prese a far brillare quella sfera di un candore purissimo, prima di far partire un bagliore paragonabile alla cosa più bianca e lucente che l'universo potesse anche solo possedere, e col riflesso lasciato da Aesir, ogni punto di quella luce, essendo concentrata a mo' di cupola attorno all'accampamento, andava totalmente ad annebbiare la vista degli Yıkımran i quali, anche un po' trovandosi spaesati da quello che stava avvenendo, vi fu uno di questi che gridò:«Chiamate il capitano! Questa luce è-» non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase che prese a tossire come un dannato, senza fine. La dimostrazione era che quel bagliore fosse tossico, per qualche singolare motivo, e con tutti quanti che si accasciarono a terra, tenendosi le mani sulla bocca e sul naso per non inalare quell'aria che, a quanto pare, era solo saturata dal veleno che in realtà veniva rappresentato sotto forma di qualcosa di più benevolo, apparentemente, non vi fu nessuno in grado di uscire da lì perché, un istante dopo, in quella luce non vi fu altro che una cromatura scarlatta alla fine. Il colore lucido del sangue si confondeva sul terreno rossiccio gozlerita, mentre l'Erdester ne uscì completamente indenne, soltanto usando due dita per pulire la lama, quasi come se non fosse niente per lei. Era inquietante anche solo pensare che una divinità così benevola e devota alla vita fosse anche così spietata, in un rimarcare continuo quella che era la sua famiglia di discendenza: dopotutto, era una Decadia, e in fondo onorava il suo cognome in modi tipo questo.
Thaéris ricercò il suo sguardo, sorridendo nel vederla così tranquilla, impassibile dinanzi al piccolo massacro che ella aveva appena causato, prima di far ritornare quella luce tossica nella sfera dello scettro, smaterializzandosi dentro essa. «Beh, non mi sarei mai aspettata il fatto che la nobile dea Aesir fosse una guerriera incallita. Bel lavoro, devo dirlo» ammise la Pace, con l'altra che ridacchiava di gusto, affiancando Thaéris, e replicando intanto:«Ricorda bene che Aesir è una terra di combattenti che, a prescindere da cosa io rappresento, talvolta sono più feroci di me. Non posso sfigurare, di certo non nella terra della guerra» ma proprio nel momento in cui le due si fecero avanti, all'interno dell'accampamento ormai circondato da un pavimento di morti, per un attimo Thaéris non venne infilzata alle spalle a causa di una freccia scoccata a tutta velocità, conficcandosi nel terreno poco davanti alle due. E una voce, decisamente infuriata con loro, esalò la sua rabbia:«Non fate un singolo passo, se ci tenete alla vostra pelle» era un tono maschile, molto più squillante e prepotente rispetto al silenzio che accompagnava la scena: la perfetta riprova di come il capitano Baraqiel fosse giunto. E l'avere un'arma puntata dietro, sicuramente, non era che un biglietto da visita per le due dee.
Ma Aesir, lasciandosi scivolare la minaccia dalle spalle, come se fosse niente per lei, si voltò per guardare in faccia l'aggressore, sempre con la spada nella mano destra, rifulgente del potere che ella possedeva:«Altrimenti?» fu la sua risposta, simboleggiante quanto poco le interessasse sentire il suo tono dettato a intimorirla. L'uomo in grigio, come una metafora su come la morte attorno a loro lo investisse nell'essere, alzò di poco la mira, direttamente tra gli occhi dell'Erdester, replicando a denti stretti:«Sarai anche quello che sei, ma non sarai mai eterna, Aesir. Sappiamo chi sei e cosa potresti fare» per un attimo la donna pensò solo di cominciare la sua mattanza, dando un colpo a terra con la lama, in un rumore assordante di metallo contro la roccia che avrebbe lacerato i timpani di un umano, come minimo. Ma quando fece altri passi avanti, per qualche motivo, Aesir si ritrovò schermata e rigettata indietro, nel suo momentaneo stupore e confusione. «Ma che? Perché non posso avvicinarmi?» domanda più lecita non le poteva sicuramente venire, ora come ora. Però, anche vedendo un sorriso sotto quello sguardo privo di vita, la sua mente processò quello che era accaduto: non era lei il suo obiettivo. Proprio come avvenne con Nelchael e gli altri Emirkhan, solo lui fu quello in grado di combattere contro Baraqiel, mentre gli altri non potevano nemmeno avvicinarsi. «Non serve che lo dica. Ci puoi arrivare da sola» rispose proprio lui, come se potesse in qualche modo leggere il suo pensiero, mentre adesso l'arco puntò esattamente alla dea al suo fianco. Thaéris si ritrovò per un attimo spiazzata, non avendo prospettato un tale cambio di programma rispetto ai piani originali, e quindi davvero avendo anche un minimo di timore. Come detto già più e più volte, ella raramente si serviva delle armi per far valere la sua superiorità, e chissà da quanto tempo non lo faceva. Aesir avrebbe voluto anche offrirle il suo Iaidon, così da non lasciarla "disarmata", non avendo idea di cosa quello scettro avrebbe come poteri, ma proprio quella le mise una mano sul braccio, e guardandola negli occhi, l'Erdester poteva vedere la sicurezza appena ritrovata nell'Ordine:«Me la posso cavare da sola. Stai indietro, Aesir» e avendo compreso che questa avrebbe accettato la sfida, anche se un po' sconsolata per non poterla aiutare, si fece da parte, lasciando lo spazio a Thaéris per combattere. Il cuore della dea proveniente da lontano batteva di apprensione, soprattutto nel vedere colei al quale era estremamente riverente, legata per i loro esseri e titoli, in pericolo.
Intanto però, lo scontro era appena cominciato, con la Pace che si servì delle sue ali per agire con rapidità e, ovviamente, rendendosi imprevedibile nelle sue mosse, essendo che quello scettro pareva comunque rilasciare degli attacchi, anche di una certa intensità. I raggi di luce che fuoriuscivano dalla sfera lasciavano sempre quel sentore mortifero del veleno, ma i solchi che ne venivano fuori erano sicuramente di tutto rispetto, come se corrodessero la roccia, tipo del burro in una padella calda. Baraqiel si ritrovava ad agire molto in maniera spezzettata, alternando difese particolarmente efficaci dagli attacchi della dea, a risposte rapide e secche, senza mai perdere un secondo per ricaricare le proprie forze. Di quelle frecce, lei, neanche ci fece troppo caso, letteralmente passandoci affianco con eleganza, prima di prenderne una al volo in una sola mano, e letteralmente un attimo dopo, scagliandola indietro al doppio della velocità, per un qualche motivo sicuramente dovuto all'energia che ella riusciva a trasmettere ad ogni cosa toccava. Chiaramente l'Yıkımran ebbe modo di evitare di finire impalato dal suo stesso attacco, ma non fece in tempo ad indietreggiare che un istante dopo si trovò proprio Thaéris davanti, dandogli un colpo al volto con lo scettro, tanto forte per farlo sbilanciare a terra. «Hai un bello stile di lotta, te lo concedo. Ma non puoi competere con la Pace. Arrenditi, e sarai risparmiato» la sfera riprese nuovamente a brillare, simboleggiando come fosse disposta anche a porre fine alla sua vita se necessario. Ma Baraqiel, vedendosi la Dea davanti alla faccia, comunque non demorse, sferrando un calcio alle gambe di questa, che ovviamente evitò sì con grazia, ma al contempo stesso lasciando il tempo necessario all'uomo di rialzarsi, nuovamente trovandosi nella condizione di combattere a distanza, non dando modo ad ella di ritirarsi per una miglior difesa, e costringendola di fatto ad un momento più di concentrazione e meno di stravaganza nei movimenti. Paradossalmente, si potrebbe dire che Thaéris combatteva quasi come se ballasse sul campo di battaglia, riuscendo ad unire agilità a colpi che, magari non sembravano così esageratamente letali, ma comunque studiati, indicati per mettere sulla difensiva l'altro, affinché lei potesse poi agire frontalmente. Era una combattente giusta, se dovesse agire da sola, come in questo caso.
Ma fu proprio quando pareva che lo scontro si sarebbe protratto ancora per molto, che la Pace trovò il modo migliore per giungere ad una conclusione più rapida. Infatti, volgendo per un istante lo sguardo verso Aesir, prima di riprendere lo scontro, sembrava star pensando di avvicinarsi proprio all'Erdester, tirandosi a sé Baraqiel e poi fare quello che era il suo piano: rompere questa sua immunità, sfruttando la passività della divinità a sé alleata, per farle dare il colpo di grazia.
E così, piano piano, i colpi che l'Yıkımran in grigio scoccava, riuscivano a mandare indietro Thaéris, con egli che pareva quasi convinto dal riuscire a metterla in difficoltà, notando forse la smorfia che la donna mostrò per un istante, e soprattutto, non curante di quello che la sua mente aveva processato. Non passò molto tempo fino a quando, nel momento in cui la dea dai tratti cerulei riuscì a stare a pochi passi a destra di Aesir, in cui ella poi disse, alzando il tono:«Ora!» e prima che Baraqiel potesse anche solo accorgersene, la passività dell'Erdester fu la chiave per spezzare quello scudo impenetrabile del quale si era circondato, riuscendo a trafiggerlo con sicurezza, da parte a parte, con una sola stoccata. L'espressione di sgomento, oltre al lieve grido che esalò, fece sorridere ambedue le dee, mentre Baraqiel ora si guardava il petto quasi come terrorizzato, prima di cadere sulle ginocchia, lasciando sfilare l'arco dalle mani. Era dolorante, e sentiva come Aesir fosse andata vicina a perforargli l'organo più importante, mancandolo di un nonnulla, ma comunque abbastanza da metterlo chiaramente fuori gioco. «C-Com'é possibile? Questo scudo era-»
«Era fatto apposta per evitare di beccarti una lama in petto, eh?» rispose Aesir con un tono decisamente beffardo, chinandosi all'altezza dell'uomo. Non era mai stata così schietta, cinica nei modi di fare, ma forse era dovuto al fatto che, almeno, era riuscita a seguire il piano di Thaéris, e a proteggerla. Avvicinandosi quindi a questa, la Pace sorrise divertita, prima di dare una pacca sulla spalla dell'Erdester, dicendo:«Ottimo lavoro, cara. Davvero, questa l'ho dovuta studiare sul momento, perché altrimenti avrei speso ore a combattere. Eugh, sto diventando peggio di mia sorella» l'altra ridacchiò, comprendendo la poca voglia della lotta di Thaéris, e comunque apprezzando il gesto, replicò, intanto che rivolse lo sguardo all'Yıkımran:«Forse è il caso di iniziare ad accettare la lotta come strumento per l'ordine, non trovi? Senza, si vede che vai un po' in difficoltà» mentre la adocchiava grattarsi la nuca, ammettendo come avesse pienamente ragione sul da farsi, Baraqiel intanto mormorò, guardando la sua mano avvolta dal manto di sangue:«Devo... avvertire i miei capi-» stava cercando disperatamente di alzarsi da terra, digrignando i denti per resistere al male atroce che il suo corpo gli faceva percepire. Nessuna delle due avrebbe mosso un dito a riguardo, con l'uomo che semplicemente riuscì ad allontanarsi, anche se a fatica. «Quanto pensi che possa resistere con un cratere nel petto?» domandò Thaéris ad Aesir, con questa che, facendo spallucce, rispose:«Penso... non più di trecento metri prima di morire dissanguato. Peccato, almeno mi ha fatto divertire» poi però, notando come l'Yıkımran ebbe lasciato la sua arma, il suo arco quindi, senza neanche ricordarsi di prenderlo, si avvicinò a questo, prima di afferrarlo e, voltandosi verso la Pace, porgerle questo. «Tienilo pure te, Thaéris. Almeno così avrai un'arma col quale poter attaccare. Tranquilla, sono sicura che qualcheduno dei tuoi Emirkhan saprà aiutarti ad apprendere i metodi di utilizzo dell'arco» per un attimo ella non comprese se stesse regalandole questo come simbolo della battaglia appena vinta, ma quasi si poteva notare come, per il gesto stesso, pareva esser arrossita, compiaciuta anche dalla generosità. Perciò, prendendo quell'arco dalla mano di Aesir, ella disse, guardando l'arma che ora lasciava fluttuare al suo fianco:«Beh, ti ringrazio allora, Aesir. E sì, vedrò di allenarmi, allora: non vorrei rimanere in questa situazione, ancora una volta, sai com'è» e così, con l'Erdester che le sorrise, contenta delle sue parole, questa la prese galantemente per mano, iniziando ad incamminarsi nuovamente verso Arukhna, talvolta guardandola quasi con un che di rilassato. Doveva ammettere che Thaéris sapeva il fatto suo, e Aesir aveva avuto modo di vederla all'opera. Da Erdester della Vita quale era, questo, le sembrava tanto bello quanto nuovo per lei: mai, come adesso, si sentiva felice di aver combattuto, anche se per poco, con qualcuno a lei legata; sicuramente, Thaéris era uno dei suoi pensieri più dolci...

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