Capitolo 6

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"Una ruggente vecchia conoscenza"

La notte passava lenta, con solo il soffiare del vento ad alleviare il silenzio che aleggiava nel palazzo di Anachiel, con quasi tutti quanti che ormai ebbero già preso sonno. Quasi tutti, sì, perché in tutto questo, Rahab preferì stare in giro per Tez Shınak, anche se circondato dal freddo pungente, che a quanto pare non soffriva affatto. Non era umano, e lo si poteva già comprendere anche a primo impatto, ma letteralmente pareva come infaticabile.
Ogni tanto si prendeva cinque minuti per sedersi e trascrivere qualche suo pensiero in quello che era considerabile come un diario di viaggio, o forse uno dei tanti, a causa del tempo sprecato anche solo per trovarne uno non totalmente finito: e ne aveva completati quattro, dall'inizio della sua avventura, da solo. Talvolta, guardandosi attorno, sembrava quasi ricercare sguardi invisibili di gente che nessuno poteva vedere, se non lui stesso, pur se, appunto, non essendoci nessuno. «Comprendo bene quando si dice che il vuoto, se ascoltato e lasciato agire, può essere anche un'ottima compagnia» pensò lui, guardando il tridente che, ora, era unicamente appoggiato contro il ferro della panchina, leggermente brillante di quel colore turchese, oltre che di un blu molto scuro per quelle parti tra i rebbi. Era quasi come una compagnia inanimata, quell'arma, e non si capiva perché fosse così tanto legato ad essa. Letteralmente, sin dal primo momento in cui Anachiel e compagnia lo ebbero incontrato, lui non aveva mai lasciato la mano dal manico, come una sorta di gelosia inconcepibile, abbastanza singolare. Ora, alzando lo sguardo verso il cielo, un certo soltanto parzialmente visibile come stellato, a causa dei lampioni attorno a lui che ne rovinavano la visuale, sembrava meditare su qualcosa, tra sé e sé. Osservava quei puntini luminosi come se ognuno di questi potesse parlargli, dargli risposte, e guai a pensare che stesse per addormentarsi: era proprio in uno stato di trance mentale. «Il cielo mi ha dato molto durante questi giorni di viaggio, e anche molte risposte. Eppure, so che ne avrò ancora, se voglio scoprire quali sono gli ideali di questo mondo, e chissà... anche i miei» il suo pensiero era ovviamente focalizzato su questo quasi utopico desiderio, lo scoprire verità nascoste su Rechlan, e chissà cos'altro. Pareva essere difficile, quasi impossibile anche per uno come lui, eppure vedeva questa come una sfida che apprezzava, che avrebbe affrontato a viso aperto, senza timore di fallire.
Probabilmente avrebbe avuto anche altre decine di questi momenti di pensieri d'ogni tipo, ma con la costante incertezza di riuscire a raggiungere il reale obiettivo.
Stette lì, anche per qualche minuto, fino a quando qualcosa non catturò l'attenzione dell'avventuriero. Un distante, ma abbastanza udibile, ringhio decisamente inumano fece breccia nelle sue orecchie, con Rahab che, un attimo dopo, si mise in marcia con il tridente prontamente in mano, pronto a combattere se necessario. Pareva quasi un ringhio da... drago, qualcosa di decisamente poco familiare in una terra come Cennet, ma più dettata alla ben più variegata Aesir. Eppure, era chiaro che ci fosse qualcosa di singolare, da controllare. Perciò, seguendo l'origine di quel ringhio, Rahab fece per acquattarsi in un punto meno illuminato dalle luci della capitale, cercando di mascherare il suo essere nelle ombre, oltre ad evitare incontri spiacevoli con qualcosa di indefinito, per lui.
Ad ascoltare quel rantolare continuo, egli finì per ritrovarsi fuori dalle mura cittadine, giungendo ai piedi dei canyon che avvolgevano la capitale a mo' di scudo naturale. «A quanto pare non ero da solo in questa notte» pensò, notando proprio la presenza di qualcuno che, per lui, era sconosciuto da quelle parti. Era un giovane uomo, dai capelli castani sul grigio, con una benda a coprirgli l'occhio destro, come se fosse accecato da questo, e vestendo prettamente di pelle. La cosa che fece capire che fosse uno straniero proveniente da chissà dove, era proprio cosa, o meglio, chi si portava: infatti, sulla sua spalla vi era un piccolo draghetto, forse lo stesso che aveva emesso in precedenza quei rantoli.
Perciò, non appena gli fu davanti, e tenendo l'arma di fianco a sé, domandò a quello, con fare incuriosito:«Non sembri proveniente da Cennet, mi sbaglio? Chi saresti?» cercava quantomeno di non suonare minaccioso, nel caso fosse qualcuno di potente. L'altro annuiva in risposta, dicendo poi:«Proprio così. Io sono Aidénn Hyllias, sovrano della Nazione delle Ombre, ad Aesir. Ho ricevuto una richiesta di presenziare qui, da parte della mia Erdester, e per questo mi sono subito precipitato a Cennet» per coloro che ebbero avuto modo di conoscerlo durante la lunga avventura nel continente aesiriano, sicuramente avrebbero avuto un ricordo abbastanza agroodolce di lui, soprattutto per quella storia che circolava su di lui, prima che Morten abdicasse dal trono nixiano, passando il testimone a chi lo meritava davvero. E che dire anche del draghetto, nonché suo figlio, Nithe, sempre rimasto al suo fianco, con il suo essere ingenuo e, forse, eternamente giovane, per qualche arcano motivo.
Rahab ovviamente non aveva idea di chi avesse davanti, a causa della poca conoscenza di ciò che avvenne al di fuori del suo continente di provenienza, e perciò disse, anche per capire meglio con chi avesse a che fare:«Oh, capisco, sei un aesiriano. Beh, io sono Rahab, un "semplice" avventuriero che vaga in giro per Cennet, ricercando un qualcosa di molto importante, per me. Per il resto... Aesir hai detto? Ti posso portare da lei, stando al palazzo di Anachiel, a riposarsi dopo una lotta che abbiamo avuto oggi stesso» al solo sentir parlare di lotte, Nithe sembrava agitarsi un poco, forse anche memore di tutto quello che aveva visto e vissuto durante la seconda Notte d'Adamantio. «Mhm, comprendo, assolutamente. Mi spiace che stiate passando un periodo sicuramente molto difficile, se già si parla di scontri. Comunque... non è un problema per me, quello di aspettare la mattina, anzi» rispose Aidénn, lasciando intendere che aveva a cuore il riposo dei "combattenti", e soprattutto della sua Erdester.
Così, anche per conoscersi meglio, i due presero a chiacchierare, girovagando per la capitale ancora dormiente, con solo il piccolo Nithe a fare da "spettatore". «E quindi... tu staresti cercando delle risposte in merito ai tuoi ideali, oltre a quelli di questo mondo, giusto?» domandò Aidénn, dopo aver ascoltato quali fossero i reali bisogni, la vera ragione del viaggio di Rahab. Era un qualcosa di molto ambizioso, sicuramente, però assolutamente possibile: basterebbe anche solo provarci. «Lo so, potrebbe sembrare molto strano come obiettivo, però ci tengo molto. Diciamo che, forse, è un qualcosa di richiesto, da qualcosa di superiore, non saprei» vi era un alone di dovuto mistero in quelle che erano le parole dell'avventuriero, come se neanche lui sapesse se fosse un qualcosa di pensato, o voluto da qualcosa, o qualcun altro. Rahab era un tipo molto strano, sicuramente, ma comunque riusciva a farsi comprendere anche in qualcosa di ignoto pure a lui. E nel conoscersi più approfonditamente, intanto, la notte passò serena, finendo a raggiungere le prime luci dell'alba, oltre al lieve tepore del sole che andava a sferzare oltre il gelo.

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