Capitolo 11

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"Le soluzioni"

(Ringrazio Guglielmo178 per la creazione della planimetria nella copertina del capitolo - senza rimembrare gli scleri notturni - ^^)

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Come volevasi dimostrare sin dall'architettura ben articolata del maniero, l'interno di questo era semplicemente immacolato, senza alcunché di fuori posto, e lasciato risplendere, ora, alla luce lunare. C'era una mistica quasi inquietante lì dentro, come se qualsiasi cosa potesse prender vita per questo motivo, alimentata da un'energia proveniente da chissà dove, e pronta a rivelarsi quasi umana. Il fatto che fosse una struttura più che nuova, almeno, rendeva le ricerche molto più agevoli per il gruppo, il quale dovette per forza di cose usare l'atrio come una sorta di base temporanea. «Sono solo io o questo posto mette sia soggezione che uno strano senso di meraviglia? Cioè, si vede che Tamiel ci tiene a ciò» disse Lucistos, con un tono molto più basso del solito, quasi come se non volesse farsi sentire da orecchie indiscrete. Non sapevano a cosa sarebbero andati in contro, e di certo, lei aveva una recezione molto sviluppata per queste circostanze, in quanto molto giovane e quindi più facile da suggestionare dal luogo.
Intanto però, Rahab sembrava star attivando il suo senso da avventuriero, andando rapidamente in avanscoperta sul loro piano, dove vi erano cinque porte, tutte chiuse. «A quanto pare solo l'atrio ha la luce accesa. Ma anche provando ad accenderla nelle altre stanze, non succede niente. Mi sa che quell'attacco hacker ha mandato a meretrici l'elettricità ovunque» disse lui, scuotendo il capo intanto che indicava proprio nell'oscurità di una delle stanze adiacenti, senza modo alcuno di vedere alcunché. Ma poi, un istante dopo, Ragnar si fece avanti, con un lieve sorriso:«Lascia fare a me. Lucistos, ho bisogno che tu mi faccia luce» riferendosi alla giovane demonessa, la quale intanto stava chiacchierando col fratello sul da farsi, ora si voltò verso il mezzo lupo, raggiungendolo un secondo dopo. Il perché avesse scelto lei, sicuramente, era dovuto al fatto che i suoi capelli fossero in grado di divampare in fiamme vive. Infatti, proprio nel momento in cui ella fece capolino nell'oscurità, la sua chioma rosso acceso si ampliò in una fiammata, illuminando la stanza praticamente a giorno, mostrando finalmente cosa vi fosse. Pareva essere un soggiorno, anche piuttosto grande, con una grande libreria stracolma di sapere d'ogni genere, da cima a fondo degli scaffali, ed una televisione con schermo OLED sul lato lungo della stanza, in quanto era uno di quegli schermi da muro. Per il resto, vi era un divano in pelle tinta di blu con penisola, e poco altro che potesse risultare come importante.
Con gli altri che quindi raggiunsero i due, pareva essere una ricerca senza capo né coda, in quanto non vi pareva esserci nulla di interessante. O meglio, così pensavano. «A quanto pare Tamiel vuole giocare con noi. Guardate qui» disse Aesir, indicando un foglio lasciato su un tavolino affianco al divano, dove non si capiva affatto cosa vi fosse scritto, in quanto vi erano delle macchie del medesimo colore dell'inchiostro usato, che non permettevano la lettura in maniera comprensibile. «Eh, e ora? Io non riesco a leggerci nulla, qui. L'unico che avrebbe saputo comprendere qui era mio marito» commentò la Dea delle Tempeste, anch'ella cercando di aguzzare la vista per quanto possibile, ma davvero non riuscendo a comprendere un'acca di quello che vi era scritto; praticamente rimasero per cinque minuti buoni con questo foglio in mano, senza sapere cosa fare per andare avanti. Anche perché, da come aveva notato già Rahab in precedenza, sicuramente anche le altre stanze avranno qualcosa di simile, oltre il buio. Sembravano sul punto di scoraggiarsi totalmente quando, dopo un momento di accurata analisi dell'oggetto, Lucifugo prese il foglio dalle mani di Aesir, andando alla finestra. Questo quindi, lo appoggiò sul vetro, e sfruttando il ricalco tra il materiale fibroso e la luce che filtrava da fuori, riusciva a liberare più la vista per ciò che vi stava. «Avevo notato un cerchio fatto di bianco sul legno del tavolino, e ho pensato che fosse quella la risposta» spiegò lui, intanto che andava a leggere il contenuto del foglio, comunque dovendo girarlo più volte a causa delle macchie:«"Bene, se siete in grado di leggere questo messaggio, vi do il benvenuto all'interno del mio maniero. Io, Tamiel, vi aspetto nei sotterranei, attualmente inaccessibili se non tramite la sequenza di puzzle che ho creato per voi. Ma partendo dal principio: il vero primo enigma vi verrà trasmesso in televisione. Trovate il telecomando"» il messaggio pareva decisamente più che chiaro, con qualcosa che apparentemente sembrava essere fattibile. Avevano solo da cercare il telecomando e vedere di cosa si trattasse questo enigma. Perciò, il gruppo si mise a scandagliare il soggiorno, cercando in ogni angolo di questo affinché potesse saltare fuori quello che stavano cercando. Cercavano ovunque: tra i cuscini del divano, lungo gli scaffali, o anche nei luoghi più impensabili, con gli unici rumori udibili quali potevano essere lo spostare di oggetti o i loro passi, ma nessuna traccia del telecomando. «Dove potrei mettere io il telecomando se avessi voluto fare uno scherzo ai miei?» pensò Lucifugo, andando magari a paragonare la sua gioventù passata a far dannare mamma e papà in quel modo, solo per prendersi quei cinque minuti di risate e mezz'ora di paternale in seguito. «Come se davvero seguisse un qualcosa del genere, figliolo. Ma ti pare?» ribatté la madre del demone, dall'altra parte del salotto, praticamente sentendo il suo pensiero nel mezzo del marasma che stavano comunque facendo. Ma proprio un istante dopo, quando lei si voltò per guardare il figlio, Lucifugo era chinato dietro un mobile attaccato al muro dove vi stava la televisione, con suddetto telecomando in mano. «Dicevamo?» rispose lui con un sorrisetto beffardo, mentre Anachiel si diede un colpo sulla fronte, immaginando che, in fondo, affidarsi ai giovani implicava anche di ricevere le medesime buffonate, ma comunque rivelandosi utili, come in questo caso.
Perciò, quando tutti conclusero la loro vana ricerca in questa sorta di caccia al tesoro, il Principe accese l'apparecchio, notando come non vi fossero canali, a differenza di quanto si sarebbe aspettato, ma una schermata statica, raffigurante esattamente la planimetria del maniero, separata in quattro quadranti, fatta eccezione per l'ultimo in basso a destra, in quanto oscurato in maniera piuttosto accurata. In un primo momento chiunque si sarebbe chiesto, quindi, cosa ci avrebbero dovuto fare con quest'immagine, ma presto l'occhio attento del mezzo lupo, anche se un po' faticante a causa delle luci blu che venivano trasmesse dallo schermo, notò qualcosa che nessuno aveva avuto modo di scorgere. «Amore, prova a ridurre la luminosità, e se si può, anche il contrasto. Sembra che ci sia scritto qualcosa» disse appunto Ragnar, mentre il compagno, annuendo in risposta, fece come detto, andando a cercare tali impostazioni alla dicitura appena indicata, potendo di fatto concludere quello che era il primo di tanti enigmi lasciati in serbo da Tamiel per loro.
Il messaggio fu presto rivelato, e quello che veniva trascritto faceva intendere che fosse una continuazione di quello precedente:«"La mente giovane può essere potente, capace di pensare la qualunque pur di giungere alla soluzione. Ottimo lavoro, Kaiyo... ora però, sarete in grado di trovare la chiave per la luna?"» lesse appunto il demone, con un piccolo brivido che gli percorse la schiena non appena lesse il suo stesso nome. Tamiel sapeva che avrebbe avuto a che fare col Principe, e soprattutto, che lui stesso sarebbe riuscito a risolvere il puzzle. «Domanda tattica, Rahab: lei è una chiaroveggente, qualcosa del genere? No, perché... come?» chiese quindi il demone all'avventuriero, con questo che scosse il capo, alzando le spalle, come a dire che non ne sapeva nulla. Perciò, prendendosi un respiro profondo, cercando di dimenticare quello che era appena accaduto, ora il prossimo obiettivo fece capolino nella mente sua e di quella degli altri. La chiave per la luna... singolare come oggetto da cercare, sicuramente. Leggevano, e rileggevano quel messaggio come a provare a scoprire qualche significato nascosto tra le righe, magari un qualcosa che non riuscivano a cogliere sul momento, ma quando sembravano sul punto di procedere oltre, andando a tentoni, poterono sentire dall'altro lato della stanza come una porta, forse una di quelle rimaste nell'oscurità, si era riaperta da sola in uno schiocco, forse indicando dove avrebbero dovuto cercare questa "chiave". «Oh, ma che gentile. Ci dà pure una mano ad andare avanti» mormorò Aesir, con tono decisamente sarcastico rispetto a quanto appena avvenuto intanto che, stando affianco a Thaéris, giunsero tutti dove il rumore si poté udire.
Proprio come sospettato, la stanza adiacente al soggiorno era ora illuminata per qualche arcano motivo, mostrando quello che era un piccolo studio. Era ancora abbastanza buio lì dentro, ma abbastanza per evitare di stare a strabuzzare troppo gli occhi per capirci qualcosa, e di per sé non vi era che quello che un comune studio possederebbe: un leggio, anche piuttosto grande, al lato frontale, dove vi era una finestra che dava sul cortile sull'ala sinistra del maniero, qualche quadro sulle pareti opposte, ed anche attestati appesi accanto alla porta, mostranti come Tamiel avesse ricevuto le sue riconoscenze, in quanto scrittrice di horror, stando a quanto citato in questi. Che poi, ancora sul leggio vi era un po' del materiale da lei usato, tra una marea di penne di ogni tipo, inchiostri, e fogli ancora intaccati dalla sua arte. «Sicuramente papà avrebbe probabilmente cercato di farci amicizia con Tamiel, essendo amante della letteratura» commentò Lucifugo, avvicinandosi alla postazione della capitana, e dando un'occhiata in maniera più approfondita cosa vi fosse, notando anche dei cassetti chiusi, in questo. Vide anche come vi fossero degli intagli nel legno, apparentemente senza un significato se non qualche gesto di stizza per qualcosa senza una relativa risposta. «Ah, beh, se pure lei ha i suoi momenti di sclero, non oso immaginare quando ce la troveremo davanti» disse lui, e ora mettendosi a controllare tutti i fogli lasciati lì, magari nella speranza di trovare qualche indizio. Sembravano tutti vuoti, lasciati incustoditi per qualche motivo, o forse in attesa di essere sfruttati per qualche opera futura. Ma se per lui sembrava tutto così senza senso né tantomeno dandogli un punto di partenza, ecco che Vehuiah gli si fece accanto, dicendo:«E se anche questo fosse un suo metodo per darci un indizio?» per un attimo Lucifugo stava cercando di capire se lei stesse vedendo cose che lui non riusciva a vedere o meno, ma quando ella prese in mano i fogli, era chiaro che non stesse scherzando. Infatti, portandosi codesti davanti al volto, lasciando che fosse quella stessa luna, al di là della superficie vetrosa, a fare da torcia sulla verità la quale stavano cercando. E proprio grazie a questa fu in grado di vedere oltre le misere supposizioni, lasciando che delle cifre si formassero in rilievo sulla carta. Su cinque di questi, quindi, si poté leggere:«Cinque, quattro, quattro, sette, nove... Bene, ora che dovremmo farci?» disse ancora la capitana degli Emirkhan, non ancora del tutto convinta dell'utilità di quanto appena scoperto. Il silenzio diceva tutto già di per sé, proprio a causa della mancanza di idee su quanto appena scoperto. Non sembrava neanche un indizio, quasi, e già alcuni di loro sembrarono iniziare a spazientirsi, soprattutto chi, comunque, attendeva con ansia lo scontro contro l'Yıkımran. «Mi ricorda molto un'enigma piuttosto famoso» disse improvvisamente Lucistos, apparsa affianco al fratello, quasi senza aver mai mosso un muscolo da dove stava in precedenza. Quindi, forse ringalluzzito da quanto detto, Lucifugo la guardò, dicendo in risposta:«Mh? Quale, sorellina?» l'altra sorrise, facendo intendere che, se lui non avesse compreso il suo pensiero, evidentemente lo aveva colto impreparato. «Ora, per spiegartelo mi pare abbastanza difficile, ma in pratica sembra un riferimento al pastore con le pecore e i lupi. Secondo me, tali numeri sono riguardanti coloro che devono entrare e uscire in questa stanza. Solo... chi dovrebbe essere il nono? Siamo in otto» disse ancora lei, guardandosi attorno e di fatto constatando come avesse ragione in merito. Ne mancava uno per riuscire a fare il tutto, e se davvero si trattava di quell'enigma, allora tanto valeva procedere e vedere cosa fare in seguito. «Beh, vediamo che fare allora» disse quindi la madre dalle retrovie, iniziando questo singolare avanti-indietro, seguendo il numero di quelli che dovevano essere dentro e chi fuori, e viceversa. Pareva quasi tanto facile quanto confusionario, perché a differenza dell'enigma originale, qui, non vi era la variante dovuta ai lupi. O meglio, per fare un riferimento, sì, c'era Ragnar, ma chiunque penserebbe che fosse una burla.
Perciò, giunti all'ultimo numero, apparentemente impossibile da raggiungere, tutti rimasero dentro lo studio, con qualcosa di differente che, in effetti, avvenne. Fu un attimo in cui poterono percepire un brivido di freddo, quasi surreale, prima che dal pavimento stesso, una figura ectoplasmica si formò, con le sembianze di una giovane donna, la quale li guardò con un vago sorriso. Solo dopo, quando il clangore di una terza porta che si aprì, sul lato opposto dell'atrio, rivelando sicuramente il passaggio, tutti arrivarono alla conclusione di questo. «Evidentemente era Tamiel stessa la nona qua dentro. Che poi, ha anche senso, essendo che questo è il suo studio» dedusse infatti il mezzo lupo, con gli altri che poterono convenire con quanto detto da questo, prima di lasciare finalmente la stanza, dopo aver perso qualcosa come venti minuti là dentro. E dire che ne mancavano tre ancora, manco a dire che fossero stati così difficili come intrighi. Vi fu un momento, però, in cui Lucifugo casualmente rivolse lo sguardo alle scale che avrebbero dovuto portare di sopra, notando come per un istante, qualcosa, o qualcuno, fissarlo prima di scomparire letteralmente nell'ombra. «A quanto pare non saremo neppure da soli» mormorò lui, non essendo comunque riuscito a scorgere perfettamente i lineamenti di chi fosse stato là. Ma senza pensarci più di tanto, il gruppo poté procedere oltre, giungendo in quella che era una stanza... strana. Non c'era pressoché nulla, e quasi il Principe poteva paragonare questa, al seminterrato visitato da solo, nel casinò abbandonato a Houndor. Beh, era differente il tutto, ma in qualche modo quella sensazione di vuoto, e di opprimente visione di qualcuno che lo stesse osservando, stava riemergendo in lui. Letteralmente, non sembrava esserci neanche uno stralcio d'indizio, lì, quasi come se quella porta fosse stata aperta per sbaglio. «E cosa si è inventata questa scalmanata, adesso?» disse Vehuiah, appoggiando le mani sui fianchi nel vedere quel vuoto, lì. Ma evidentemente oggi era la giornata fortunata del Principe, con questo che, avvicinandosi ad una parete, poté notare un qualcosa di differente, ma in maniera difficilmente visibile. «E se dessi fuoco alla parete? Questa non è vernice. O meglio, non in tutti i punti» disse lui, avendo notato una certa, sottilissima disparità di spessore tra il muro vero e proprio, e quello che pareva essere un rivestimento. Perciò, facendo cenno a tutti di stare un attimo indietro, il demone puntò una mano contro la parete, e da questa, una piccola scia di fuoco, a mo' di raggio, uscì dal palmo, letteralmente appiccando un mezzo incendio dove serviva. Aspettò un attimo, coi suoi occhi che quasi si illuminarono alla vista di un qualcosa di così familiare al suo animo demoniaco, prima di schioccare le dita, lasciando che le fiamme si estinsero da sé, rivelando quello che era l'indizio, scritto a caratteri cubitali. «"E giunti a questo punto, vi starete chiedendo fin dove si può andare avanti, coi ricordi, con tutto ciò che avete passato, vissuto e conosciuto. Ebbene... lui sa, basta solo trovare la frequenza adatta"» non ci mise un istante di troppo a comprendere cosa intendesse con ciò. Persino Ragnar guardò il compagno a braccia conserte, e con un sorrisetto, gli fece intendere di fare quello che serviva. Perciò, a quel cenno, Lucifugo fece apparire la radio donatagli da quello che era il fratello di Decadia, e stando appoggiato contro la parete dove vi era l'indizio lasciatogli, prese a smanettare con la manopola, tendendo un orecchio per sentire se fosse stato in grado di captare la soluzione all'enigma. Un po' a tutti pareva tutto questo quasi fatto apposta, con Tamiel che letteralmente avrebbe creato questa parte, solo per fargli fare quello che voleva. Non parevano indovinelli o cose singolari da fare, ma un modus operandi adatto a far credere loro di star vivendo all'interno di un maniero pieno, stracolmo di puzzle, quando in realtà non era altro che una questione di tempo prima di giungere al fulcro di tutto questo. Solo... come faceva a sapere che Lucifugo aveva avuto a che fare con Alastor, letteralmente tre giorni prima? Non poteva averlo visto né sentito, quindi la cosa sicuramente fece storcere il naso in un primo momento, ma comunque senza starci a badare troppo.
Se lo stuttering pareva essere fastidioso da sentire per il demone, non poteva mai esser distante dal fruscio che iniziava a sentirsi da fuori la stanza, come se qualcuno avesse aperto la finestra, e sapendo il freddo che vi stava durante la notte nel Gözlerüt, sicuramente non era altro che una rottura di scatole in più. Ma comunque non disse niente, stringendo i denti rispetto al gelo che lo stava pervadendo, fortunatamente essendo in grado di gestirlo, in quanto era più che abituato alle temperature folli che il suo compagno poteva rilasciare al solo fiato. «Oh, ci siamo! Ecco qui» esclamò il demone, tenendo un orecchio puntato contro la radio, per sentire effettivamente cosa potesse servire affinché quel puzzle finisse. La voce era molto confusa tra i crepitii e il segnale che andava e veniva, a causa anche dell'età dell'apparecchio in sé, ma comunque abbastanza comprensibile se fosse rimasto totalmente in silenzio. Poteva sentire la voce di lui dire, ad un soggetto ignoto:«Meraviglioso, soprattutto il poter conoscere cosa, il vuoto, ti crea. Ma credimi, mio caro amico, che il vuoto non è altro che un insieme di tutto e niente. Basta guardarti attorno, e poof! Ecco che questo "vuoto" si tramuterà in ciò di cui hai bisogno» a quelle parole, Lucifugo ridacchiò di sottofondo, avendo di certo compreso anche il significato di esse, e guardandosi attorno, poteva vedere quanto vera fosse quell'affermazione. Quindi, lasciando che la radio scomparisse dalla sua mano, disse agli altri, allargando le braccia:«E se qua dentro non vi fosse tutto questo "vuoto", ma vi fosse qualsiasi cosa?» tutti lo guardarono con fare alienante, stranito. Chi mai direbbe una cosa del genere, anche se ignari di cosa avesse udito durante la trasmissione? Forse solo un folle, ma dopotutto, conoscendo l'autore, era più probabile che si trattasse di una realtà, nuda e cruda. E proprio senza lasciar loro modo di esprimersi in merito, improvvisamente la stanza riprese per un istante ad essere totalmente buia, prima di ritrovarsi un attimo dopo quella che era una botola d'acciaio, col pavimento praticamente ricoperto di fogli, con la medesima citazione indicata da Alastor, come un ribadire continuo di cosa vi fosse e cosa no. «A quanto pare vuole risparmiarci gli altri puzzle, perché ha capito di starci solo facendo perdere tempo» disse quindi Thaéris, mentre questa, intanto, si chinò per cercare di aprire la botola.
Solo all'apertura poterono notare come vi fosse qualcosa di strano, proprio a primo impatto. Vi era uno strano scorrere d'acqua provenire da là, come se sotto il maniero vi fossero delle fogne autonome, ma comunque impossibili da realizzare, soprattutto senza la possibilità di sbocchi da alcuna parte. «Beh, direi che si può andare. Luci, potresti farci tu luce?» domandò quindi Thaéris alla secondogenita di Anachiel, con questa che, annuendo, si fece avanti, usando il medesimo metodo sfruttato nella prima stanza, intanto che tutti poterono discendere oltre la botola, in un ignoto che, di per sé, parlava solo la lingua dell'oscurità...

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