5. In trappola

6 0 0
                                    

I ragazzi si sdraiarono nelle parti di prato della radura come a voler recuperare ossigeno dallo spavento appena provato. Agata e Ottavio invece stavano cercando acqua vicino alla parete rocciosa. Trovarono un rivoletto d'acqua che usciva da una fenditura e chiamarono gli altri. Si alzarono e a turno bevvero tutti.

«Sono una ventina di persone, che facciamo?» chiese Ottavio ad Agata.

«Non lo so. Ma dobbiamo restare uniti. Insieme abbiamo maggiori possibilità di sopravvivere.»

«Sempre che chiunque ci abbia trascinato qui ci voglia vivi.»

Chiesero ad alcuni ragazzi se avevano visto animali aggirarsi nei dintorni e loro dissero di no.

«Nemmeno gli uccelli abbiamo visto.» disse un ragazzino.

«Voi di dove siete?»

«Roseto degli Abruzzi.»

Agata e Ottavio si guardarono. «Noi siamo di Riccione»

«Riccione? Perché rapire ragazzi così distanti?»

«Me lo chiedo anche io.»

«Forse perché non gli importa da dove veniamo, ma piuttosto cosa facciamo.»

Ottavio guardò Agata. «Cosa intendi?»

«Tu per esempio sei caduto dall'albero o ti hanno fatto cadere?»

«Ora che mi ci fai pensare ho sentito l'albero tremare e sono caduto.»

Lei sorrise. «Chiunque ci sia dietro a questa cosa vuole portarci in determinate direzioni.»

«Giusto, come con la dannata festa, io non ci volevo nemmeno andare.»

«Ma poi qualcosa ti ha spinto a farlo. È stato lo stesso anche per me.»

«Sì loro hanno detto che dormivano.»

«Questo è ancora peggio.»

Arrivò una ragazza. «Quindi dove andiamo?»

«Non chiederlo a noi, ci siamo dentro quanto te.»

«Di qua c'è un sentiero.» disse un altro.


«Ok fai crollare un pezzo di parete, vediamo cosa fanno.»


La terra tremò sotto i loro piedi ed uno spuntone della roccia si staccò andando a chiudere l'imbocco di quel sentiero.

«Cazzo! Per poco non mi prendeva.»

«Secondo me dobbiamo tornare nella foresta e radunarci nel prato.» disse Ottavio.

«C'è un prato?»

«Sì da dove siamo venuti noi sì» fece Agata.

Decisero sul da farsi e optarono per il prato. Si addentrarono nella foresta seguendo il sentiero ma stavolta sembrava infinito.

«Ma siamo passati di qua?» chiese Ottavio.

«Io non lo so ma questo sentiero mi sembra diversooooooooo» Agata si sentì mancare la terra sotto i piedi ed insieme a lui cadde anche Ottavio in una botola nel terreno che si richiuse automaticamente. Caddero in acqua e non si fecero niente.

«Stai bene?» chiese Ottavio.

«No che non sto bene, che razza di posto è questo?»

«Sembra una grotta.»

«Usciamo dall'acqua, di qua c'è una specie di spiaggia.»

Camminarono e nuotarono nei punti in cui non si toccava e raggiunsero la spiaggia. Nonostante fossero al buio c'erano delle luci che illuminavano. Cercarono di asciugare i vestiti come potevano e si guardarono attorno.

«Non ci sono aperture o passaggi, siamo bloccati.» disse Agata.

«Ci sarà pur qualcosa.»


«Fai partire il gas soporifero.»

«Ok.»


Agata e Ottavio sentirono l'aria cambiare, come se ci fosse qualcosa che spruzzava.

«Non ti senti strana?»

«Sì mi sento assonnata.»

Dopo un attimo si sdraiarono a terra e persero i sensi. Agata aprì gli occhi lentamente e si trovava in una sala legata ad una poltroncina. Strattonò con le braccia ma non riuscì a fare niente. «Aiutoooooo!» urlò.

Arrivarono due uomini che senza parlarle fecero qualcosa dietro di lei e dopo poco tornò a dormire.

«Non doveva svegliarsi.» disse un'uomo all'altro.

«Probabilmente il gas soporifero non ha fatto effetto.»


Quando Agata si risvegliò era intontita. Si trovava sdraiata su un prato d'erba. Si guardò attorno e vide un ragazzo seduto sul ramo di un albero. Cercò di alzarsi in piedi ma non ce la faceva e si rimise a dormire. Quando si svegliò si trovava in terra in un bagno. Era il bagno della villa. Sentiva la musica fuori e qualcuno che bussava. Poi vide la porta aprirsi e comparire Ramona con un'espressione preoccupata.

«Andiamo via di qua Agata, stai bene?»

Lei non riusciva a parlare e si addormentò di nuovo. Si sentì come sollevare e trasportare da qualche parte. Quando riaprì gli occhi era ancora nel prato.

«Hey tu, da dove sbuchi?» si girò e c'era ancora il ragazzo sull'albero.

«Ottavio vieni a darmi una mano, non riesco ad alzarmi.»

«Come fai a sapere il mio nome?»

«Perché ci siamo già conosciuti non ricordi?»

«No!» disse lui afferrandola.

«Ci stanno manipolando, come in un gioco.»

«Fin qui c'ero arrivato anche io.»

«Si ma non sai cosa ho visto, una sala, io legata ad una poltrona e avevo qualcosa in vena.»

Lui rimase allibito.

«Dobbiamo andarcene da qui..» poi si addormentò di nuovo.

AfterhourDove le storie prendono vita. Scoprilo ora