Dan spinse la porta con la spalla, appoggiandosi al vetro di peso. Jessie dondolava tra le sue braccia a ogni movimento, come una bambola di pezza.
Il ragazzo si fece strada tra sgabelli e sguardi sbigottiti e raggiunse a falcate il bancone del pronto soccorso. Si vide riflesso negli occhiali dell'infermiere e, scordandosi per un istante di ciò che era accaduto, ebbe l'impressione che l'eleganza appassita di Jessie stonasse con il proprio viso imbrattato di sudore. A risvegliarlo da quella visione quasi grottesca fu la domanda dell'uomo.
«Buonasera, cos'è successo?»
Dan sgranò gli occhi. Non si aspettava un tono così pacato e sereno.
«Sta perdendo sangue dalle braccia, penso si sia fatta male da sola. L'ho trovata in un lago». Deglutì e riprese fiato frettolosamente.
«Un laghetto ghiacciato. Qui, nel bosco.»
L'infermiere rimase in silenzio. Dan notò uno sguardo confuso dietro al vetro degli occhiali.
Aspettò qualche secondo interminabile, stringendo le gambe di Jessie a sé. Poi si spazientì.«Cosa facciamo? La lascio a voi? Penso sia un codice rosso!» La voce fremette.
«Soffre di cali di pressione?» domandò allora l'uomo.
«Cosa?»
«Cali di pressione. Sviene spesso? La tiene in braccio per questo?»
Dan non credeva alle proprie orecchie.
«Mi scusi? C'è una ragazza che sta per morire dissanguata e lei mi parla di pressione?»
L'infermiere si tolse gli occhiali e li pulì. Una volta posati sul naso, assottigliò gli occhi.
«Non vedo sangue. Può raccontare come avete trascorso la serata? Avete fatto uso di sostanze?».
Dan smise di respirare per un istante. In quell'attimo di privazione sentì il cuore bussare con insistenza alla cassa toracica.
Si girò di scatto per osservare i pochi compaesani presenti a quell'ora della notte. Rabbrividì. I loro sguardi erano posati su di lui.
"Non sono pazzo! E nemmeno un drogato!"
Voleva urlare quelle parole a tutti, ma la voce lo tradiva, strozzata ancor prima di nascere.
"Provi vergogna?"
Fu un sussurro viscido, estraneo. Eppure, Dan lo percepiva strisciare e contorcersi dall'interno. Una vipera tra le fessure del cervello.
Poi, delle dita gli accarezzarono le guance, sibilanti e reali. Erano le dita di Jessie, candide e affusolate.Il contrasto tra pensieri e sensazioni risultò in uno sparo. Il flusso si confuse con il tatto e l'interiore con l'esteriore. Il proiettile di quel miscuglio sferzò l'aria e trapassò il suo cuore.
Il ragazzo non riuscì più a vedere nitidamente, perforato dal colpo. Le pareti dell'edificio gli parvero inclinate, in bilico e pronte a incombere su di lui.
Poi tutto divenne nero. La vista ricusava la luce a neon dell'ospedale e inghiottiva le ombre dell'incoscienza. Prima di perdere i sensi, Dan riuscì a scorgere una chiazza, del colore tra l'atro. Era il viso pallido della fidanzata. Impassibile, lo fissava.
"Sto per svanire, ma tu provi vergogna."

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L'apparenza
General FictionUna volpe si avvicinò con passi felpati. Dan la vide solo quando sbucò da un cespuglio lì vicino. Si fermò a fianco dell'uomo, priva di alcun timore. Fissava assorta le iniziali incise nella corteccia. I suoi occhi brillavano di una luce sinistra.