Capitolo 17

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"Te lo scordi che dormo per terra!"
"Il divano è mio Alex, quindi devi sloggiare!"
Le urla di Billie e Alex si sentivano fino alla mia stanza, al primo piano, non riuscivo a capire perchè nessuno accettava mai di dormire in camera di mio fratello, lui avrebbe potuto dormire con me dopotutto. E poi la camera non era male, voglio dire, il letto era certamente più comodo del divano.
Alla fine scesi le scale e lanciai un paio di sacchi a pelo in sala, dove Billie si stava contendendo il divano con Alex e Jack si era docilmente seduto per terra, mezzo addormentato. Mi faceva tenerezza quel ragazzo, così alto e così ingenuo.
"Smettetela amebe che non siete altro! Ho i sacchi a pelo" annunciai sbucando da dietro una poltrona.
"Cos'è un sacco appello?"
Jack mi guardò con aria confusa, doveva aver capito male.
"A pelo, staccato Barakat" dissi lanciandogliene uno e lui annuì con un po' troppa foga.
In questo modo sistemai i miei ingombranti inquilini, i quali sarebbero tornati alla Eastern il giorno seguente, mentre io e Billie saremmo rimasti fino alla fine delle vacanze.

Se vi state chiedendo dov'è Frank, non siete gli unici, voglio dire, era andato via dicendo di avere una casa a Belleville, quella dei suoi genitori presumo e non lo avevo più sentito.
Quindi potevano averlo ucciso per strada o era stato rapito dagli alieni.
In veritá non capivo come potesse stare a casa dei suoi genitori, dato che loro erano morti molto tempo fa e probabilmente qualcuno viveva lì al posto loro, eppure sembrava sincero quando lo aveva detto.
Avrei voluto scrivergli o chiamarlo, ma non me la sentivo, non so perchè, ma sono una persona molto strana io, quindi l'unica cosa che potevo e volevo fare era dormire.

Tic. Ti-tic. TicTic.
"Mamma" mugolai, rigirandomi nel letto fino a che non caddi per terra. Soffocai un verso di dolore e mi alzai, camminando verso la fonte di quel fastidioso rumore che mi aveva svegliato.
Imprecai sottovoce quando urtai lo spigolo del letto con il mignolo del piede, arrivai davanti al vetro della finestra e la aprì.
"Gerard" sussurrò una piccola ombra nascosta dietro un albero innevato del mio giardino, stava saltellando sui piedi per il freddo, probabilmente.
Socchiusi gli occhi cercando di capire chi fosse, mentre fitte di dolore mi risalivano dal piede.
"Sono Frank" disse salutandomi con una mano.
"Che ci fai qui?"
"Salgo."
"Cosa?! No" non feci in tempo a finire la frase, che giá lui si era avvicinato alla parete e aveva iniziato a scalarla.
Per sua fortuna, la casa era piuttosto bassa e la distanza fra il pianoterra e il primo piano era veramente poca, così Frank si arrampicò con destrezza fino al mio balcone e, nel giro di pochi minuti, me lo ritrovai davanti sorridente come non mai.

Lo invitai ad entrare e chiusi la portafinestra alle sue spalle, fuori faceva veramente un freddo schifo e Frank si stava sfregando le mani sulle braccia per scaldarsi.
"Vuoi una coperta?"
"No grazie."
Diciamo che non ero proprio nella mia forma migliore in quel momento, voglio dire, indossavo un pigiama bianco di lana muccato e i miei capelli erano letteralmente un disastro, peggio di quelli di Billie nei suoi giorni peggiori.
"Vuoi... uhm... sederti?"
Scosse la testa.
Mi trattenni dal chiedergli bruscamente perchè diavolo era venuto in camera mia alle -diedi una fugace occhiata alla sveglia digitale sul mio comodino- due e mezzo si notte, con il freddo, la neve e via discorrendo.
"Ti starsi chiedendo perchè sono qui."
No ma figurati, è del tutto normale per me ricevere ospiti alle due e trentuno di una fredda notte di Natale.
"È Natale no?"
No, sono le due e trentadue del ventisei dicembre in questo preciso istante, il Natale è finito da qualche ora.
Annuì.
"E cosa si fa a Natale?"
Se era venuto fin qui solo per farmi delle stupide domande, poteva anche andarsene.
Mi strinsi nelle spalle, col cavolo che gli rispondevo.
Lui sospirò.
"Ci si scambia i regali Gee" disse e il mio cuore sprofondò.
Regali.
Regali!
"Quindi ecco io ho un regalo per te."'
Sorridendo si frugò nello zaino, che prima neanche avevo visto, e tirò fuori un pacchetto incartato in malo modo.
"Dai prendilo" disse dolcemente, avvicinandomi il pacco.
Io esitai, non avevo niente per lui, sono così abituato a non ricevere e fare regali in famiglia, che mi ero scordato del fatto che magari per Frank era normale scambiarsi i regali a Natale anche da adulti.
"I-io non" balbettai.
"Non preoccuparti, lo so della tua famiglia, me lo ha detto Billie."
Billie, che Dio lo benedica, era la persona migliore che abbia mai conosciuto, proprio un bravo ragazzo e via discorrendo, altro che il vecchio James!
Sorrisi timidamente mimando un "Mi dispiace" con le labbra e presi il pacchetto. Non era nè troppo grande nè troppo piccolo, leggero nonostante lo spessore. Immaginai cosa potesse essere, mi passarono oggetti di ogni sorta per la mente, ma smisi di farlo quando arrivai ad un possibile Armageddon e vidi la faccia impaziente di Frank.

Un enorme album da disegno, con i bordi rilegati in pelle nera e il mio nome scritto in una calligrafia tremolante, che riconobbi come quella di Frank.
Sorrisi.
"Ho visto che ti piace disegnare e dipingere e ho visto anche che il tuo album stava finendo e quindi ecco qua."
"I-io non... g-grazie mille" balbettai.
Era stato così gentile da comprarmi qualcosa per Natale ed io non riuscivo a trovare un modo che descrivesse il nostro rapporto.
"Non saprei proprio come ringraziarti."
"Beh forse un modo c'è" disse avvicinandosi lentamente alla mia bocca, in meno di un secondo sentì le sue morbide labbra sulle mie e il profumo che emanava mi avvolse in una nuvola di cotone.

Mise le mani fra i miei capelli, man mano che i nostri baci diventavano più forti e passionali, io portai le mie braccia attorno alla sua schiena avvicinandolo a me il più possibile.
Lasciai cadere l'album per terra scompostamente e tolsi la maglia a Frank, passano dolcemente le mani sul suo petto; lui sorrise e mi imitò, lasciandomi a dorso nudo lambito dalla corrente fredda che entrava dalla finestra chiusa male.
Montai sul letto e lui mi seguì, senza staccare le sue labbr dalle mie.
Sentì la sua mano sfiorare il bordo dei miei pantaloni ridicolamente muccati e i suoi occhi puntati nei miei, come a chiedere il permesso e io glielo diedi.
Mi tolse pantaloni e compagnia bella ed io feci lo stesso con lui, adesso eravamo nudi l'uno di fronte all'altro, senza più barriere a proteggerci e ci guardavamo con occhi avidi.
Frank Iero prese la mia verginità, o qualcosa del genere, quella notte ed è probabilmente stata la cosa più bella che abbia mai fatto, o meglio subito, in vita mia.
I nostri corpi sudati che riflettevano la fiebile luce della luna, che entrava dalla portafinestra, avevano trovato il perfetto posto l'uno sopra l'altro e si scontravano con movimenti sempre più decisi e, ahimè, dolorosi.

Scivolai sfinito sopra il suo petto, che si alzava e si abbassava sempre più rotimicamente, fino a che entrambi sentimmo i nostri corpi raffreddarsi e cercammo calore stringendoci ancora nudi sotto le coperte.
Fortunatamente non avevamo fatto rumori troppo forti da poter essere sentiti, mi ero trattenuto dall'urlare alcune volte stringendo il cuscino tra i denti.
Fu in quel momento che capì, guardando il profilo di Frank illuminato dalla luce bianca e ascoltando il suo cuore battere conto il mio orecchio.
"Ti amo" dissi.
Ed era vero.
Ero sicuro di amarlo.
Come ero sicuro di volermi svegliare ogni mattina impregnato del suo odore e col suo sapore sulle labbra.
Come ero sicuro di voler tornare a casa la sera, sfinito dopo una giornata di lavoro, e trovare Frank a coccolarmi sorridente come sempre.
Come ero sicuro di voler guardare delle stupide vecchie foto e ridere insieme, ricordando quegli anni seduti su una sedia a dondolo cigolante.
E non mi importava dei figli che non avrei mai avuto, neanche mi piacevano i bambini e Michael era l'unica eccezione.
E non mi importava nemmeno di tutto quello che una donna avrebbe potuto offrirmi, perchè Frank mi bastava, lui era tutto quello di cui avevo bisogno.

Era stato mesi ad osservarmi in silenzio e quando si era presentata l'occasione, era entrato nella mia vita così, come un uragano, potente e inaspettato.
Mi aveva travolto con tutte le sue bellezze, i difetti, i sogni, le delusioni, la sofferenza, i desideri, i suoi occhi, la sua voce, il suo odore.
E non c'era niente di sbagliato in lui, era così perfetto in tutto ciò che era.
Aveva reso il mio mondo e la mia vita un po' meno schifosi e solitari, rendendo ogni mia giornata unica e meravigliosa.
Ed io gli ero immensamente grato per questo.
E avrei fatto qualsiasi cosa per lui, avrei dato la mia vita per salvare la sua.
Sarei rimasto sempre al suo fianco, saremmo stati solo io e lui contro il mondo, fino alla fine.

"Anche io ti amo Gee."

Il suono del silenzio (Frerard)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora