(Non sapevo che guardare l'esorcista dall'inizio alla fine mi avrebbe fatto stare meglio).
Sfortunatamente non si tratta della connotazione convenzionale che diamo al termine paura, non si tratta di non scappare davanti al babau o ad un mostro marino. Si tratta di affrontare un diverso tipo di paura, che spesso il nostro inconscio confonde con la paura fisica di qualche clown assassino. Capita infatti di aver piacere di guardare al cinema dei film dell'orrore, che ci facciano un sacco di paura e di uscire dalla sala soddisfatti per aver affrontato senza fuggire un evento così emotivamente forte. È uno specchietto per le allodole tuttavia. Il nostro inconscio non riesce a focalizzare la natura della paura che a volte ci stringe il cuore, e ci fa pensare che se ci torturiamo con un film orribile questa paura se ne possa andare per sempre, come se non fosse mai esistita. Eppure è come combattere i mulini a vento. È come voler fare a pugni con qualcosa che sta dietro ad un muro. Il problema c'è e noi lo sentiamo, percepiamo la sua presenza con costanza e ci rende nervosi, forse anche tristi, ci fa dormire poco la notte e non ci permette di godere appieno della nostra vita perchè abbiamo sempre questa sensazione di malessere che vogliamo assolutamente dimenticare e soffocare nell'inconscio. Solo che il nostro inconscio è come un grandissimo lago, se nulla turba la superficie di questo lago si mostra come uno specchio, piatto e infinito. Se invece qualcosa si nasconde al suo interno, si formano delle increspature e ci rende difficile vivere. Sappiamo che c'è qualcosa, e questa rimarrà lì finchè non la rimuoviamo. Solo una volta rimossa potremmo godere interiormente del nostro lago piatto. Ecco spesso questo mostro marino che nuota nelle acque del nostro inconscio è paura. Una forma di paura che ci costringe a agire diversamente rispetto alla nostra attitudine naturale facendoci prendere decisioni con le quali non concordiamo appieno (dentro al nostro cuore), o che ci fa reagire in modo sbagliato nei confronti di un evento o di un'azione sapendo che stiamo commettendo un errore. Dall'acqua infatti non uscirà il mostro di lockness in tutta la sua furia, ma uscirà un trauma irrisolto, un terrore che non riusciamo a gestire e che ci obbliga a procrastinare per qualcosa. Il mio esempio è procrastinare lo studio, ho il terrore di gestire la burocrazia e le date degli esami. Completo orrore solo al pensiero di dovermi iscrivere ad un appello o di dover controllare il sito dell'università. È una cosa assolutamente assurda, eppure mi attanaglia a tal punto che mi cuocio dentro l'ansia e il disagio della procrastinazione piuttostochè affrontare quei 6-8 secondi che ci vogliono ad iscriversi ad un esame. Il terrore mi soffoca a tal punto che spesso non riesco neanche ad uscire di casa per chè sono legato da una parte dal senso di colpa per non essermi ancora iscritto, e dall'altra sono terrorizzato dal non sapere quando sarà l'esame e se ho tempo di iscrivermi, prepararmi bene eccetera. Eppure eccomi qui. Sono una persona assolutamente avventurosa, dormo da solo nei rifugi, sono adnato a lavorare come assistente di campo in spagna e in sud africa, e in questo secondo caso non ero neanche sicuro che il progetto di ricerca esistesse e al terzo aereo che ho preso mi veniva da piangere per quanto assurde fossero state le mie decisioni. Eppure eccomi qui ho fatto tutto, ho affrontato un incendio nella savana che ha distrutto tutto il lavoro che dovevo svolgere e i cui resti si vedevano dai satelliti, con un suzuki degli anni 70 che davanti alle fiamme non voleva partire. Eppure ho risolto tutto e sono capacissimo di risolvere centinaia di altri problemi come questo. Avevo il terrore dell'acqua, e sono diventato sommozzatore. Eppure, se mi siedo davanti al computer e cerco di aprire la pagina degli esami, le mie mani si fermano e non sono capace di andare avanti. Cerco di distrarmi e guardo youtube, scrivo pagine e pagine di racconti e libri. Tutto piuttostochè guardare gli esami. Eppure c'è stato un momento in cui non avevo per niente paura, subito dopo la terapia con uno psicologo. Ero tranquillo e non mi faceva ne caldo ne freddo, eppure ora sono tornato ad essere spaventato comprima della terapia. Nessuno mi ha mai insegnato ad affrontare le mie paure. Ho pensato di scrivere questi paragrafi perchè ho appena preso in mano la mia paura e mi sono iscritto a 2 esami, circa cinque minuti fa, e mi è sembrato giusto scrivere di questa esperienza ora. Aver paura è un naturale processo di crescita che la natura ha pensato di costruire per salvarci la vita. La naturalissima paura di lanciarsi da una scogliera serviva ai nostri antenati per non lanciarsi dalle scogliere. Ma ora che siamo nel 21esimo secolo la paura non si trova più nel suo "ambiente naturale", ma in un ambiente artificiale nel quale il cervello è sperduto. Le nostre emozioni legate alla sopravvivenza non sono programmate per funzionare in questo ambiente terribilmente sociale, e possiamo avere dei malfunzionamenti. Il cervello per qualche motivo si lega emotivamente alla cosa sbagliata, riconosce come paurosa una certa situazione, sbagliando. E non c'è modo di sistemare questa situazione in modo naturale, ma bisogna accompagnarsi verso la soluzione e risanare l'errore che si è formato. Il cervello è una macchina estremamente complicata che ha imparato a riconoscere come paurosa la schermata di iscrizione agli esami, questa diecimila anni fa non esisteva e quindi non ha senso che questa paura venga in essere in modo innato, c'è stato un evento che ha legato a quella pagina il terrore. E come lo ha imparato lo può disimparare, tramite un processo inverso. Questo processo è il più complicato che io abbia mai affrontato, affrontare le proprie paure è una questione di forza di volontà estrema. Non richiede solo coraggio ma anche un fermo autocontrollo e un odio per il se stesso che non è come dovrebbe essere. Sappiamo cosa potremmo essere in grado di fare, eppure non lo facciamo perchè siamo fermati da qualcosa che è dentro di noi, qualcosa che è soggetto al nostro controllo eppure non siamo in grado di controllarlo. Riconoscere il problema, per quanto assurdo e banale e stupido possa essere, è il primo passo per diventare una versione di noi stessi libera. Come si fa? La tecnica migliore per risolvere un problema assurdo è farsi aiutare. Quello che per me è una montagna insuperabile, per mia mamma o per un mio amico può essere un'inezia talmente idiota che non sa nemmeno se lo sto prendendo in giro o se sono serio. Farsi spingere attraverso la risoluzione di una situazione che ci congela dal terrore è il modo più semplice per superare questa paura (ad esempio ho avuto 4 istruttori di nuoto che mi hanno insegnato ad affondare l'attrezzatura da sub a 3 metri di profondità e poi immergermi e vestirla, io che non ero in grado di fare una vasca a stile senza fermarmi a metà e aggrapparmi ai galleggianti). Si può anche farlo da soli, ma la spinta che serve per farlo è molto maggiore in quanto bisogna bypassare il funzionamento di una parte del nostro cervello che si è impostata in "evita questa cosa ad ogni costo". Quando siamo con un'altra persona è più semplice bypassare questo circuito perchè si attivano circuiti legati alla socialità e quindi parti differenti del cervello.
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Voglio essere felice anch'io!
SpiritualUna guida su quale filosofia e quali trucchetti ho usato per scappare dalle grinfie della depressione.