1 -Presente-

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Il mare è calmo all'orizzonte, il sole basso nel cielo. La spiaggia, prima gremita di gente, ora comincia lentamente a svuotarsi, mentre quell'unico lampione alla fine del pontile si accende come un faro al richiamo del buio imminente.

Al secondo piano di un condominio non molto grande, al di là delle tende smosse dal vento autunnale, una ragazza bruna sul metro e sessanta, con occhi castani e capelli lunghi fino alla vita, guance rosate puntellate da lentiggini, naso piccolo e labbra carnose, conclude in bellezza, e senza errori di troppo, l'esecuzione del notturno Op 9 n 2  di Fryderyk Chopin.

«Bravissima!» urla suo padre, Mirco, dalla cucina. «Questo notturno lo suoni da Dio!»

«Bugiardo, non ti credo!» Elisa sorride fra sé e sé, con la testa leggera e le mani sospese in aria, ubriaca di musica e di emozioni come se avesse appena finito di bere una quantità indefinita di vino.

È perfettamente a conoscenza di aver suonato bene, ma non le piace vantarsi.

«Ho la pelle d'oca!» ribatte lui.

«Lo dici solo perché sei mio padre!»

«Hai finito di mettere apposto le tue cose?» Adesso Mirco è fermo sulla porta. «La ditta di trasporti sta venendo a prendere il pianoforte» Dopo un attimo di silenzio, mutando vistosamente espressione, fa un sospiro, aggiungendo: «abbiamo poco tempo. Fra tre ore, quattro al massimo, partiamo. Per te va bene?»

«Oddio, di già? Ma è tardissimo!» Elisa si alza di scatto, afferra uno scatolone mezzo vuoto, lo posa sul materasso e inizia a riempirlo delle ultime cose rimaste fuori. «Comunque questo è l'ultimo. Devo solo metterci gli spartiti e sigillarlo con lo scotch. La roba per il bagno la metto in valigia dopo la doccia»

Il pensiero che non potrà suonare mai più sul suo pianoforte le stringe, per un attimo, un punto del cuore che non credeva neanche esistesse. È cresciuta con quell'oggetto. Ha pianto, gioito, vinto, perso e bestemmiato con quell'oggetto. E non vorrebbe donarlo a nessuno, perché quel pianoforte con i tasti ingialliti e le corde malferme ce l'ha da quando era solo una bambina, ma allo stesso tempo sa di doverlo lasciare andare via. Con Mirco hanno già deciso che lo venderanno e che con i soldi del ricavato pagheranno i primi tre mesi di mutuo della nuova casa.

«Eli, stai bene?» le domanda il padre, distogliendola dai suoi tristi pensieri.

«Sì, certo» Elisa solleva la testa, gli mostra un scarno sorriso. «Non preoccuparti»

Sta bene, ma non così tanto come avrebbe voluto.

«Sicura che vuoi andare a Roma?»

«Cosa?» Adesso spalanca gli occhi, non riuscendo a credere alle proprie orecchie. «Certo che voglio andare, lo sai!»

«Siamo ancora in tempo per annullare tutto e rimanercene qui, eh»

«Uno dei conservatori più prestigiosi d'Italia mi ha dato una borsa di studio. È un'occasione più unica che rara. Ti sembra saggio mollare tutto?»

«Non voglio che tu lo faccia per me!»

«Sogno questo momento fin da bambina, papà»

«Ma sei triste!»

«Solo un po' spaventata»

«Per cosa?»

«Per tutto. Di iniziare a studiare in un posto così lontano, di una città nuova»

«Stai uscendo dalla tua zona di comfort. È normale che tu abbia un po' di paura. Ma ci sono io con te. Questo è un bene perché significa che non dovrai fare niente da sola, e che affronteremo tutto insieme»

Suo padre ha ragione, non deve temere niente. Lui è troppo saggio e protettivo per abbandonarla a se stessa, o per lasciare che questa esperienza sfoci in qualcosa di negativo. Eppure, nonostante le parole di conforto, Elisa non riesce ancora a scrollarsi di dosso quella sensazione d’ansia che le stringe lo stomaco. «E se non dovesse funzionare? Stiamo vendendo la casa e il pianoforte. Stiamo cambiando la nostra vita, radicalmente. Non potrei mai e poi mai perdonarmi il fatto di averti trascinato con me in questa specie di follia»

«Tu non ti devi preoccupare di niente» Mirco avanza nella stanza, si avvicina e le prende il viso tra le mani. «L'adulto qua sono io e so cosa faccio. Ho valutato tutto. So quali sono i rischi e ti assicuro che le certezze sono molto più solide. Ho di fronte a me una pianista fantastica. Sei nata per la musica. Di fabbriche ce ne sono a milioni lassù. Sai che ho già dei colloqui di lavoro. Tu pensa solo a suonare, che del resto mi occupo io!»

Elisa si è spesso chiesta cosa abbia fatto di buono nella sua vita per meritarsi un padre come Mirco, così gentile e comprensivo, capace di trovare le parole giuste da dire per ogni occasione, senza mai offendere o essere indelicato.

È possibile che nel cuore di un genitore solitario si sviluppi un amore tale da colmare anche quello del genitore assente?

Elisa non ha una risposta, ma le piace pensare che sia così. Forse è una legge fisica a cui è impossibile sfuggire, come quella di gravità o di attrazione.

«Hai messo in scena tutta questa recita per andare a spassartela da sola a Roma» gli sente dire dalla cucina qualche minuto più tardi. «Dì la verità!»

«Non dire scemenze, papà!»

«Hai paura che ti rovini il gioco con tutti i ragazzi che cercheranno di corteggiarti? Avrai pensati "meglio lasciare qui il mio vecchio", no?»

«Papà, hai solo quarant'anni. Ti prego, non fare il melodrammatico!»

~•~

Elisa entra in camera con un asciugamano intorno al corpo grondante d'acqua. Lo fa scivolare lentamente per terra ed esitante, con una smorfia, osserva nello specchio il riflesso di un'immagine che non le piace.

Negli ultimi tempi si vede ingrassata.

Soppesa il proprio viso facendo smorfie strane per cercare di capire come apparirebbe se avesse le guance scavate.

Allarga le cosce per togliere il sottile filo di grasso che le unisce, poi sospira dicendosi: "Stupida, pensi troppo! Basta pensare!"

Adora pensare e lo fa continuamente. Ma i pensieri la trasportano in lunghe riflessioni che, crudeli, le adombrano il cuore di dolore. E allora preferirebbe di gran lunga essere una di quelle che non pensa, che non cambia mille idee al secondo, che non è contraddittoria ventiquattro su ventiquattro.

Eppure sa di non poter cambiare, perché la natura del suo carattere è fortemente intrisa di quella propensione alla riflessione che non può essere mitigata in nessun modo. D'altronde è nata sotto il segno dei pesci proprio come Chopin.

«Eli, è pronta la cena» urla suo padre dalla cucina. «Ho apparecchiato. Vieni!»

«Non ho fame, papà!» replica lei.

«Vieni subito a mangiare, non voglio sentire storie. Il viaggio è lungo»

Destini Incrociati  Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora