1

101 28 28
                                    

I filari di alberi scorrevano lenti fuori dal finestrino del treno regionale, mentre Vera cercava di distrarsi dai suoi pensieri. Ripose in tasca il cellulare. Di fronte a lei, una donna elegante massaggiava le mani coperte di anelli. Vera si morse il labbro e iniziò a rosicchiarsi le unghie. L'ansia è un'onda, pensò. Adesso passa. Poi si accorse di tremare leggermente. Strinse le mani. Non si doveva mangiare le unghie. Perché era tanto in ansia? In fondo stava solo stravolgendo la sua vita, si disse con uno sbuffo.

Era partita da poco, ma già sentiva una fitta al cuore. Non aveva detto ai suoi zii "Vi amo più di tutto". Li aveva solo abbracciati, invece, salutandoli con gli occhi asciutti. Aveva provato sollievo nel partire, nel lasciarsi alle spalle la sua vecchia vita come una pelle che non poteva più contenerla. Ma ora, seduta sul treno, provava una solitudine che non si aspettava.

Il paesaggio cambiava con lentezza, ricordandole che stava davvero lasciando tutto. Non andava in capo al mondo, lo sapeva. Avrebbe visto gli zii durante le feste e sua cugina Nicoletta sarebbe venuta a trovarla. Ma sentiva comunque una malinconia intensa perché sapeva, in fondo, che non stava solo cambiando casa. Aveva finito le superiori, che erano state un inferno di declinazioni e algoritmi, ed era pronta a sbocciare alla facoltà di lettere dell'università di Torino senza mai dover dare un esame di matematica. Mai. Aveva controllato il piano di studi di triennale e specialistica. Era come vivere un'avventura e le eroine dei suoi romanzi preferiti erano coraggiose, di sicuro non avrebbero avuto paura solo per un viaggio in treno, o una nuova casa e nuove persone da conoscere. Giusto? 

Alzò lo sguardo sulla valigia enorme che era riuscita a caricare sulla cappelliera solo grazie allo zio. Si chiese come avrebbe fatto a scaricarla da sola. Con un sorriso tirato, tornò a guardare fuori dal finestrino. Qualunque cosa succederà, ce la farò, si disse, determinata a comportarsi da persona adulta e matura. Da studentessa universitaria di una grande città. Si rese conto che si stava conficcando le unghie rosicchiate nei palmi. Certo, come no.

Nicoletta le aveva detto che non sarebbe stata mai sola. Ma Vera si chiedeva che persona fosse la sua nuova coinquilina. Si erano incontrate online e sembrava una ragazza a posto, ma non poteva esserne sicura. Forse sarebbe stata una ragazza impossibile. Disordinatissima, antipatica, una di quelle persone che cercano di parlarti prima che tu abbia preso il caffè la mattina.

Le scappò un risolino ricordando sua cugina e la sua personale classificazione dei gironi infernali. Il primo per gli ipocriti che sparlano alle spalle, il secondo per chi non ti lascia copiare agli esami e così via, fino al girone più vicino a Lucifero, dedicato a chi pretende risposte intelligibili prima del caffè. 

La signora inanellata alzò il viso a guardarla e la sorprese con un sorriso.

Forse non andrà tutto male, pensò Vera ricambiando il sorriso.

In ogni caso, per il momento poteva affrontare tutto con la musica. Era da sempre la sua strategia per affrontare le sfide più difficili.

Infilate le cuffie, schiacciò play e i Kings of Leon iniziarono a suonare, così Vera si rilassò un pochino, convinta che, finché ci sarebbe stata la musica, avrebbe potuto affrontare qualsiasi cosa.


)) Nota dell'autrice ((

✨ Grazie per aver letto questo capitolo di Ibrido! ✨

Se ti è piaciuto, non dimenticare di lasciare un voto! 

Hai pensieri, domande o teorie? Mi piacerebbe leggerli nei commenti! 

Ogni feedback mi aiuta a migliorare e dà vita alla storia insieme a voi.

A presto con il prossimo capitolo! 

IbridoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora