𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 𝟒

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Al di là di quella porta non c'è solo oscurità. C'è qualcosa che aspetta, e non è mai stato destinato a essere trovato.

Il silenzio della tenda si fece insopportabile. Lo sguardo di Marcus, solitamente pieno di calma e sicurezza, ora sembrava invecchiato di anni. Non era solo preoccupazione; era paura vera, un'emozione che non gli avevo mai visto sul volto.

«Che cosa intendi per 'peggio'?» chiesi, cercando di mantenere la voce ferma.

Lo zio sospirò, passando una mano tra i capelli arruffati. Sembrava in cerca delle parole giuste, ma alla fine scelse la verità, cruda e semplice. «Se il sigillo si sta indebolendo... potrebbe non essere solo il Culto di Apep a cercare di entrare. Potrebbe significare che anche il potere di Cleopatra sta cercando di uscire.»

Non potevo fare a meno di rabbrividire. La mia mente corse subito a Nora e al suo viso pallido, alle sue parole spezzate:

"Gli occhi... stanno guardando noi."

«Non possiamo ignorarlo,» dissi, stringendo le braccia attorno a me come per scacciare il freddo improvviso. «Dobbiamo fare qualcosa.»

Marcus annuì lentamente. «Sì, ma dobbiamo essere cauti. Qualunque cosa abbia attirato Nora a quella fessura, qualunque forza si stia muovendo... potrebbe essere una trappola.»

Una trappola. L'idea mi fece venire la nausea. Eppure, qualcosa dentro di me – una voce, una sensazione, forse il richiamo che avevo iniziato a sentire fin dal primo giorno nel deserto – mi spingeva avanti.

«Dobbiamo controllare,» insistetti. «Non possiamo lasciare che sia il Culto di Apep a mettere le mani su... qualunque cosa ci sia lì sotto.»

Marcus mi fissò per un momento, poi si lasciò andare contro lo schienale della sedia pieghevole, esausto. «Sei testarda come tua madre,» borbottò, ma non c'era durezza nella sua voce. Era quasi un complimento.

«Sarà meglio che ci prepariamo,» disse infine. «All'alba torniamo alla fessura. E questa volta... porteremo più luce con noi.»

Quando il sole sorse sopra le dune, il campo era già in fermento. Nessuno aveva dormito molto dopo quello che era successo, e il gruppo si muoveva con un'energia nervosa. Nora era stata tenuta lontana dal sito, a riposo sotto la supervisione di uno degli assistenti medici, ma il suo sguardo perso continuava a perseguitarmi.

Zane, ovviamente, era sparito. Nessuna traccia di lui dal momento in cui il grido di Nora aveva squarciato la notte. Una parte di me era sollevata; un'altra, si chiedeva dove fosse andato e cosa sapesse.

Quando arrivammo al bordo del campo, Marcus ci fece fermare. «Non tutti devono avvicinarsi. Solo chi è pronto a gestire... l'imprevisto.»

I suoi occhi si posarono su di me, come se la sua frase fosse rivolta principalmente a me.

«Ci vado io,» dissi senza esitazione.

La fessura nel terreno sembrava più grande alla luce del giorno, le sue linee scure una ferita aperta nella sabbia dorata. La foschia bianca che Nora aveva descritto era sparita, ma l'aria era ancora densa di quel pungente odore di incenso bruciato.

Marcus accese una lanterna a olio e me la passò. «Tu vai avanti. Io sarò dietro di te.»

Mi chinai verso l'apertura, cercando di ignorare il battito accelerato del cuore. La luce della lanterna illuminò un piccolo tunnel che si perdeva nel buio. Sembrava artificiale, le pareti ricoperte di simboli e incisioni che non riuscivo a decifrare.

«Sembra... un ingresso nascosto,» dissi a bassa voce, più a me stessa che a Marcus.

«Lo è,» rispose lui, la sua voce un sussurro. «E non dovrebbe essere aperto.»

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