🌠Capitolo 10 - D

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DAPHNE


10 febbraio - presente

Cos'è l'istinto se non quel nanosecondo in cui la scelta giusta si manifesta nella mente e che io, puntualmente, ignoro? Davanti a me, con la stessa casualità di un lampo in una notte estiva, c'è Chase O'Conner.

Il mio primo bacio.

L'avventura di una notte.

Il padre di Astrid.

Con il cuore come unico organo funzionante dopo la bomba detonata dentro di me nel momento in cui si è tolto la maschera bianca, riesco a non schiattare gambe all'aria. Stargli così vicino, però, scatena un ciclone di emozioni dal quale devo uscire al più presto.

«Lei sarà la mia consulente d'immagine per i prossimi otto mesi», la voce di Tyler è braccio che mi trattiene.

Chase si gira a guardarmi con i suoi occhi bui e infiniti. «Tanto piacere». Mi allunga la mano.

«D-d...» un geyser di succhi gastrici schizza in bocca. Se non non voglio vomitare sul suo costume devo andarmene ora.

Supero entrambi, e corro. Veloce. Senza mai guardarmi indietro.

Se ricordo giusto, Oswald aveva accennato a un molo privato accessibile tramite passerella coperta. Andrò lì. Forse riuscirò a calmarmi.

Il rumore dei tacchi è coperto dal sussurro dell'acqua e dalla musica della festa ora flebile. Arrivo al capolinea della passerella e chiudo gli occhi. L'aria fresca della sera è mano che placa i tormenti, mentre distribuisce il profumo della laguna. Inspiro ed espiro, controllando la nausea.

«Il drink era troppo forte per te?».

Riapro gli occhi, girandomi di scatto. Sua Biondezza il Pavone tiene tra le dita un'esile sigaretta. La tenue luce lilla lo copre di bagliori che sembrano disegnare un'aurora boreale sul velluto blu del costume.

Si avvicina, un sottile filo di fumo si libera dal suo respiro. Gli do le spalle, di nuovo, osservando il cielo che permette alle stelle di assomigliare a Swarovski cuciti su un tessuto infinito di organza cobalto.

«Sto bene».

«Non sembrava», insiste. «Secondo me hai l'ansia da prestazione. Sai, ne soffre chi non è predisposto a sostenere la frenesia di eventi formali come questo».

«Se travestirsi da veneziani rococò lo consideri formale, ho paura a chiederti cosa sia informale per te».

Tyler mi si affianca e guarda il cielo. «Ogni cosa che faccio è eccessiva, altezzosa e caotica».

Lo fisso di sbieco. «Come inventare una competizione assurda per decidere lo sfortunato che dovrà convincerti a cambiare?».

Fa un tiro, poi espira. «La colpa è tua».

Sgrano gli occhi. «Mia?».

«Hai detto a Susan di metterti alla prova. Sei stata tu a farmi venire l'idea della sfida».

«Non so se ringraziarti o tirarti un pugno».

Sogghigna. «Ti ha già spiegato il programma di domani?».

Scuoto la testa. «Potresti farlo tu».

«Non è compito mio, dolcezza».

Sputo una risata senza divertimento. «O forse è perché le tue accompagnatrici ti hanno consumato la lingua». Gli lancio un'occhiata fugace.

«Vuoi scoprirlo tu stessa?». Tira fuori la lingua, invitante come tutto il resto di Tyler.

«Sei indelicato».

«Non hai idea di quanto lo sarò quando quelle due mi chiederanno un menage a trois».

È come se una forza divinatoria mi stesse facendo uno scherzo, togliendo qualsiasi cosa possa condurmi alla tranquillità.

Incrocio le braccia. «Risparmiami il francesismo, ti prego».

«Non dirmi che ti ho messa in imbarazzo».

«Ma figurati», la mia risposta è decisa. Forse troppo. Ho fatto anche io le mie esperienze. Una delle quali mi è costata nove mesi di nausee, ecografie, e sei anni di una figlia dalla doppia personalità con il terrore del sangue e un'ossessione per Rapunzel. «Non credere di essere l'unico ad aver fatto cose a tre».

La sua espressione cambia, quasi avessi detto qualcosa di estremamente interessante. Dentro di me, invece, avviene una disregolazione emotiva che interrompe la stabilità capace di collegare cervello-mente-corpo-ambiente.

«Attento a non sognarmi, avere le orecchie che fischiano tutta la notte sarebbe insopportabile».

Si passa una mano sulla bocca, e sospira. «Avrò altro da fare che pensarti, Volpina».

Mi porto una mano al ciondolo appartenuto a Emilia. Le reti neuronali assorbono questo nomignolo che infetta il cervello, il quale inizia a pulsare nella scatola cranica. Fra i due litiganti, Silenzio afferra disinvolto il joystick del mio essere facendo piombare su di noi uno sconveniente imbarazzo. No, l'unica in imbarazzo sono io. Perché lui pare provare solo una sfrontata indifferenza.

La serenità è un bottino impossibile da ottenere stasera. Meglio cercare Moka e fingere di volermi unire alle danze. Sarà sempre più saggio che restare qui con il Pavone, muti e immobili come due ceppi di legno.

Piroetto all'indietro e rientro. Ma vengo subito intercettata da Susan.

«Hai per caso visto Tyler?».

Con il pollice indico alle mie spalle. «Al molo».

Le esce un lieve sospiro di sollievo. «Menomale, credevo se ne fosse già andato con quelle oche giulive. Ci sono persone che vogliono parlare con lui».

«Okay».

«Ah, Bell, ho proposto a Moka di far parte dell'entourage».

«Ha accettato?».

«Avevi dubbi?».

Neanche uno.

Scuoto la testa.

«Domattina alle nove ti aspetto nella stanza di Tyler per un brunch. Discuteremo del contratto e della prima fase del Progetto Pulitura».

Faccio un cenno di comprensione. In effetti, se c'è qualcuno che andrebbe "ripulito" da capo a piedi, quello è proprio Tyler Mackenzie.

«Mi raccomando, puntualità».

~

SPAZIO AUTRICE

Ciao a tutti Radiosi! Oggi capitolo corto per cause influenzali che non mi permettono un'adeguata concentrazione. Spero che il capitolo sia stato comunque di vostro gradimento. Per il prossimo vi prometto il POV di Tyler

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⏰ Ultimo aggiornamento: 5 days ago ⏰

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