Seven devils all around you
Seven devils in your house
See I was dead when I woke up this morning
I'll be dead before the day is done
Before the day is done.(Florence and the Machine - Seven Devils.)
I comportamenti dei personaggi in questa fan fiction non sono da imitare. Con questo mio scritto, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di Harry, né offenderla in alcun modo. Contiene contenuti sessuali, linguaggio forte, pazzia, ossessione e tanto altro. Siete stati avvisati.
Chapter One - Harry.
Astrid le somigliava così tanto e stavo per commettere lo stesso errore ancora una volta. I sensi di colpa non mi lasciavano respirare da anni e nonostante cercassi di aiutare le persone in ospedale, il mio primo peccato restava ancora lì, intatto. Lei era ancora lì, impossibile da dimenticare. Sognavo i suoi riccioli castani solleticarmi il viso, le sue labbra sorridermi e i suoi occhi azzurri squadrare il mio corpo nudo.
Seguivo Astrid da venti minuti e non mi stupii affatto quando osservai la sua auto entrare nei parcheggi gratuiti che l'ospedale offriva a chi sostava la notte. Suo fratello, dopo oltre due settimane di agonia, sembrava star molto meglio. Ogni volta che ne avevo l'opportunità, sgattaiolavo nella sua stanza e controllavo la sua cartella clinica, cosa a cui a noi volontari non era permesso fare.
Parcheggiai la mia auto nei parcheggi sotterranei, afferrando dal portabagagli la maglietta che utilizzavo per il turno in ospedale. Attaccai la targhetta con su scritto il mio nome su di essa, spingendo il tasto dell'ascensore, sperando che non lo avessero staccato. Mi portò al secondo piano e finsi di stare in servizio, sebbene a quest'ora non ci fosse nessuno, se non le infermiere per il giro notturno ogni ora.
Molte volte passavo le mie giornate a logorarmi nel cancello dei ricordi. Rivivevo ogni singolo istante insieme a lei, ogni emozione che aveva portato alla nostra distruzione. Ricordavo la sua splendida risata, il suo sorriso e tutto ciò bastava per aprire una bottiglia di vodka e berla fino a quando i ricordi svanivano e la solitudine tornava a stringermi fra le sue braccia.
Chi mi conosceva, parlava dei miei sette peccati, a cui ancora non avevo trovato redenzione. Sebbene fossero passati due anni, non riuscivo a guardare oltre il passato. Tutto ciò a cui costantemente pensavo era lei, ai demoni del passato che logoravano la mia mente, costringendomi a desiderare di sprofondare nel corpo di ogni ragazza che incontravo. Ciò era orribile, ogni volta restavo inorridito da ciò che la mia mente pensava davanti ad una persona di sesso femminile. E sebbene volessi solo portare tutto ad una fine, non riuscivo.
Osservai Astrid afferrare il contenitore con la sua bevanda dalla macchinetta e mi guardai intorno, sospettoso, decidendo che fosse il momento giusto per parlarle. Il corridoio era vuoto, si sentiva solo il leggero russare dei pazienti e le risate delle infermiere. Mi avvicinai lentamente e mi sorrise, lasciando il bicchiere termico sul tavolino.
«Cosa ci fai in ospedale, Astrid?» chiesi, con un sorriso sulle labbra. Nonostante la poco luce, vedevo i suoi occhi azzurri brillare e non c'era cosa più bella di quella dolce visione. Le accarezzai la gota, avvicinando le mie labbra per stampare un bacio su di essa. Era morbida e i capelli le profumavano di vaniglia.
«Da mio fratello.» sorrise.
«Domanda stupida. Mi dispiace.» osservai la sua mano spingere i soldi nella macchina, premendo il tasto cinquantotto, ossia il the. Aspettò lentamente l'erogazione del prodotto, offrendomelo.
«So che forse non batterà il the del piccolo bar in ospedale, ma voglio ringraziarti per avermi offerto ogni volta il caffè in questi giorni.» lo afferrai dalle sue mani tremanti, portando il liquido caldo alle labbra, sorseggiando il liquido bollente. Amavo l'odore del tè, sebbene bevessi quell'intruglio tutto il giorno in qualche ora buca o in pausa pranzo.
Andammo nella terrazza comune e osservai le sue labbra stringersi intorno ad una sigaretta, il fumo che usciva grigiastro dal naso. Ne afferrai una dal suo pacchetto, accendendo quel tubicino riempito di tabacco con8 l'accendino; mentre compievo quelle piccole azioni, i miei occhi non lasciarono mai i suoi. Non amavo particolarmente le ragazze che fumavano e una volta che Astrid sarebbe stata mia, le avrei impedito di farlo.
«Perché fumi?» le chiesi.
«Perché mi piace e sinceramente non credo di riuscire a smettere. E' uno dei miei tanti vizi, forse quello che mi da più soddisfazione. E tu perché lo fai?»
«Non c'è un vero motivo. Lo faccio e basta; mette a tacere tutto ciò che in testa ho di brutto.»
Restammo in silenzio, fumando e osservando la luna alta nel cielo. Guardai di soppiatto Astrid che avidamente aspirava gli ultimi tiri della sigaretta, spegnendo la poca cartina rimasta nel portacenere. Riuscii a scorgere un sorriso nascere sulle sue labbra e ricambiai il gesto lentamente, afferrandole la mano. Si voltò.
«Mi piace la tua compagnia, Harry.»
Sai cosa devi fare, Harry. Conquistala e poi distruggere. Ora.
Chiusi gli occhi, tentando di scacciare quella vocina dalla mia mente che mi diceva di distruggerla. Non dovevo, non volevo farlo, ma ogni volta che mi opponevo alla loro volontà, le voci aumentavano e sussurravano cose orribili, pensieri terribili. E afferrai la testa tra le mani, inginocchiandomi sul pavimento. Astrid fu subito al mio fianco, stringendo la mia mano, mentre chiedeva di chiamare un dottore o un'infermiera.
Non ti opporre, Harold. Contro di noi non puoi combattere. Siamo sempre qui e ti tormenteremo fino alla morte.
Il sangue colava dal naso, le dita tormentavano la pelle del mio braccio. Sussurravano, sembrava che i demoni stessero combattendo contro di me, e anche stavolta avrebbero vinto. Mi alzai lentamente, sedendomi sulla panchina. Respirai profondamente, aprendo gli occhi, osservando Astrid guardarmi preoccupata.
«Vuoi che chiamo un medico?»
«Sto bene, Astrid. Non ti preoccupare.»
«Stai sanguinando ed è ovvio che non stai bene. Se non vuoi un dottore, lascia almeno che ti disinfetti.»
Annuii, afferrando la sua mano, raggiungendo insieme uno dei bagni del personale. Afferrai il kit del pronto soccorso, osservando Astrid aprirlo e prendere dal suo interno del disinfettante e una garza. Pulii il sangue dal mio naso, passando la stoffa anche sui tagli superficiali.
«Perché?» domandò, pulendo l'ultimo graffio. Sapevo di cosa stava parlando, a cosa si riferisse con quella domanda, ma in realtà non potevo spiegarle il motivo di questo mio comportamento. Ero un disastro ambulante, dove camminavo, lasciavo solo sofferenza e morte. E prima o poi anche lei capirà il male che portavo con me, da città in città, trascinando quel macigno pieno di orrori e sensi di colpa.
Inventa una scusa. Dì che ti dispiace.
«Mi dispiace, Astrid. Non volevo che ciò accadesse.»
Bravo. Ora fa ciò che ti abbiamo ordinato.
«Che ne pensi di uscire sabato sera?»
Bravo, Harry. Sei un genio.
Note autrice:
Grazie mille per i voti, davvero. Sono contenta che la storia vi piaccia. Sinceramente ero un po' titubante, ma ora sono molto rassicurata.
Scusate per l'attesa, ma ogni volta che arriva il tempo di scrivere il capitolo dalla parte di Harry, per me sale il vero problema. Si inizia ad entrare nel viso della storia, in queste voci che Harry sente e si parlerà molto spesso di ciò.
Fondamentalmente si parlerà di sette peccati e si entrerà nel passato di ogni personaggio. Per il momento leggete attentamente il comportamento di Harry, ogni suo pov sarà importante.
Spero che il capitolo sia di vostro gradimento. Fatemi sapere cosa ne pensate con un commento e lasciate una stellina.
Grazie mille e ricordatevi di votare. Un bacio. xx
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Urla nel silenzio. {MATURE hes}
Hayran Kurgu[SLOW UPDATES] Sentivo le urla dei pazienti all'interno di questo lurido posto, le unghie che grattavano contro le sbarre che li rinchiudevano nella loro stanza. Le lacrime rigavano il mio volto spoglio di trucco e non riuscivo a trovare una spiegaz...