Una raccolta di one shot/storie brevi su Ricciardi e Bruno, sia autonome che blandamente collegate alla storia principale, "La Ruota degli Angeli".
Introspettivo, romantico, erotico, umoristico, slice of life, angst... insomma, di tutto un po' sui m...
Contesto: tra il 1944 e il 1945, sequel spirituale di "Confondevo il tuo cuore coi tuoni". Genere: introspettivo, malinconico, forse un po' fluff e onirico. Avvertimenti/TW: - Prompt(s): La Tombola delle Lande, Prompt n° 49: spleen. Note: Revisione inesistente, scritta in tipo un'ora. Abbiate pietà dei miei refusi.
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Napoli, marzo 1944
Sopra di lui, si allarga una lastra nera reticolata da crepe di luce. Non sa se esistano davvero, o se siano solo le lucciole danzanti che il dolore gli fa svolazzare dietro le retine. Si arrampicano su dalla gamba, dalla punta delle dita del piede che gli pare ancora di poter curvare, si arrampicano in ordinata e composta fila lungo i nervi saettanti dello stinco e della coscia, mordono e risalgono il torace e il collo fino a infiggersi negli occhi. Oscillano, cadono in strie polverose.
Le sente brillare tenui nelle vene, gli punzecchiano i polmoni. La testa è leggera, il cranio orbita attorno al cervello in uno spiraleggiare pulsante.
E i fantasmi tacciono, affogati dalla marea atra che gli si spande davanti.
Con la punta del dito, bucherella nel buio altre false stelle invisibili e vi traccia costellazioni diafane, in attesa di tornare a guardare quelle vere.
Una mano racchiude la sua, calda, asciutta come la terra dei campi d'estate, giù in Cilento dove vorrebbe tornare. Gliela riporta in basso, sul petto, contro il tambureggiare del suo cuore scomposto. Batte a vuoto, privo dell'eco delle bombe sopra di loro.
Le stelle si muovono davanti ai suoi occhi, traballano. Batte le palpebre e si incastrano in iridi scure che oscurano il cielo. Vicine, sempre più, fino a contarne ogni ciglio arcuato, fino a inghiottire la luce di un buio diverso e più rassicurante, morbido del tocco che si imprime sulle sue labbra e del pizzicore ruvido che sfrega all'intorno.
Allunga di nuovo le dita e vuole toccare le stelle e incontra invece volute di ricci scompigliati. Le stringe, le stacca dal buio per conservarle nei palmi. Il mondo traballa, informe e bollente, col cielo in burrasca che segue onde invisibili; è il mare che, salato, gli picchietta sulle guance in goccioline di spuma.
Un refolo tiepido gli inonda il viso, una vibrazione sottile tra le costole che, infine, muta in parole luminose.
Ce ne andiamo.È finita.
Vede il sorriso rotto in quella voce, lo sente sotto le dita.
E quasi gli dispiace, di lasciar le stelle laggiù, sottoterra; ma pensa che preferisce comunque rivedere il sole.
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Fortino, agosto 1945
I grilli concertano sotto un arazzo di stelle, dondolando sugli steli che s'inchinano al vento.
Segue quell'accompagnamento d'archi e fiati impegnati in virtuosismi spontanei, con fruscii secchi che gli solleticano i timpani a ogni movimento come applausi fuori tempo.
Chiude gli occhi per un istante, immerso nel tepore della terra e nel sospiro estivo dell'aria, ma si riscuote alla voce bassa che sobbalza accanto a lui:
«Lì, un'altra.»
Un dito smilzo puntato verso l'alto, verso la coltre nera che sbrilluccica.
«L'ho persa.»
«Certo, se t'addormenti.»
Un pizzicore di barba sulla guancia, la pressione d'un naso adunco sullo zigomo e una risatina soffiata lungo il collo. Ricci morbidi, con fili argentei ad avvitarsi sulle tempie tra qualche pagliuzza di fieno; inspira a fondo l'odore d'estate, di sandalo e tabacco, d'erba secca e vento tiepido, di segreti nascosti nel grano pronto alla mietitura.
«Qualcuna l'ho vista.»
«Quante?»
«Quante bastano.»
Scorge, nel buio fitto, un guizzo d'iridi scure sopra di sé, uno sguardo da lince divertita a corredo d'un sottile arco bianco tra la barba. Fronte su fronte, una pressione calda come le mani che gli raccolgono il viso nei palmi.
«No, che non bastano.» Uno sbuffo sobbalzante sulle sue labbra. «Tu non ne hai vista manco una.»
Poi, il sapore dolce che gli invade la bocca scioglie per un istante la realtà, la sfuma fino a fargli credere che possa non esistere; che esistano solo loro e quel quadrato di mondo nascosto in cui possono adagiarsi insieme, privo di bugie e fantasmi. È, in fondo, l'unico modo in cui hanno sempre continuato a esistere fino a ora: no, non è mai bastato davvero, ma a volte gli sembra quasi troppo anche così.
Un minuscolo arco d'argento solca il cosmo spalancato su di loro.
«Ecco, lì.» Punta il dito a seguirlo; lascia cadere con essa anche la mano in uno scricchiolio d'erba secca e viene accolta da una presa salda. «Una ti basta?»
Non riceve risposta, solo un muto sospiro premuto tra le sue falangi. Dita delicate gli accarezzano la gamba, la parte finta e quella vera; le sente ovunque, raggi caldi che si irradiano sottopelle e battono sotto le costole.
Ed è una risposta anche quella, un "no" sussurrato. Ma a loro deve bastare lo starsene sdraiati sotto un cielo vero, scordandosi la vita oltre il buio che li aspetta sul palcoscenico. A loro deve bastare il veder cadere le stelle al posto delle bombe e rimanere a guardarle pure finché non si staccheranno tutte quante, ché tanto non potrebbero mai desiderare nulla di più, finché il cielo non sarà vuoto; orizzonte infinito in cui perdere sguardi e pensieri.
In fondo, a che servono le stelle, quando hai il sole?
"Già l'odore della terra, odor di grano Sale adagio verso me E la vita nel mio petto batte piano Respiro la nebbia, penso a te" [PFM - Impressioni di settembre]
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Note dell'Autrice:
Cari Lettori, piccole, minuscole gioie intrise di malinconia. A volte gliele concedo anch'io ♥
Questo è un ipotetico "finale" per le disavventure dei miei PPP (non vuol dire che sarà quello ufficiale!). Ovviamente, non potrebbe mai essere tutto rose e fiori, con la guerra di mezzo e una società che non permetterebbe mai loro di vivere insieme liberamente, ma è quanto di più vicino a un lieto fine potranno mai avere.
La prima parte è così confusa e onirica perché Ricciardi è sotto morfina. Ho sperimentato un po', provando a non usare mai i nomi propri, spero sia venuto fuori qualcosa di comprensibile!
Grazie a chi ha letto e a chi legge anche tutto il resto ♥
-Light-
P.S. Ovviamente, il Sole è una stella e quindi la frase finale è un controsenso, ma non stiamo a fare gli astronomi della menga.