25 dicembre 2015, il giorno più bello della mia vita, avevo finalmente compiuto i 18 anni, le mie valigie erano già pronte davanti alla porta della sala comune dell'orfanotrofio. Finalmente potevo lasciare questo posto, finalmente me ne sarei andata.
Non che ne fossi felice, non fraintendetemi, sono sempre stata benissimo qui. La Direttrice, la Signora Mayer è sempre stata una donna dal cuore nobile, e si era sempre comportata come una madre nei miei confronti, ma nonostante tutto l'aria che si respirava dentro quelle quattro mura era ormai stantia, occupata dai troppo pianti e dalle troppe urla che avevano accompagnato tredici anni della mia vita, un'aria piena di amarezza e di rimpianti, di cose mai dette e di emozioni mai provate.
Quando ero più piccola mi chiedevo sempre perché le mie compagne di stanza dopo qualche mese se ne andavano, e quando la Signora Mayer me lo spiegava passavo giornate intere a piangere, con il passare degli anni mi ci abituati. Più che altro mi mesi il cuore in pace e mi resi conto che magari gli altri bambini avevano qualcosa in più rispetto a me e, all'inizio era dura accettarlo, ma dopo diventò naturale e le mie speranze si affievolirono giorno per giorno.Ma ora per me era tutto finito, non avrei più dormito su una brandina scomoda, non avrei più dormito sotto ad una finestra le cui persiane durante la notte mi svegliavano in continuazione perché il vento le faceva sbattere contro lo stipite.
Avrei finalmente camminato per i marciapiedi di Portland in libertà senza dover pensare di essere a casa alle sei per la cena e di seguito alle dieci di sera per il coprifuoco.
Nonostante tutto un velo di oscurità mi coprì gli occhi al solo pensiero che avrei vissuto nella mia vecchia casa, ancora sommersa di ricordi ,o forse solo fantasie che e mi ero creata, dei miei genitori prima che morissero in un incidente automobilistico.
Ero troppo piccola e ingenua all'epoca per dare veramente peso all'accaduto, certo avevo pianto, e molto, ma probabilmente solo perché era così che vedevo comportare la gente adulta quando affrontavano una perdita. mi ritrovai affidata al North West Christian Orphanage di Portland il giorno seguente l'incidente.
Gli unici parenti che avevo erano i nonni materni che non ho mai conosciuto, sono del Sud Africa. E l'unico motivo per il quale la mia tutela non era passata a loro era perché vivevano in un altro continente.
-Imogen, sei pronta?- la voce della Signora, Mayer mi risvegliò dai miei pensieri.
-Mai stata più pronta, Signora Mayer- dissi con un sorriso raggiante - anche se alla fine, molto probabilmente, tutto questo mi mancherà.- dissi pensierosa rivolgendo un sguardo veloce alla stanza in cui mi trovavo. I divani erano ormai lacerati, con quelle stampe floreali di vecchi tempi, un tappeto beige su cui i bambini giocavano con le macchinine (ricordo che anche io da piccola ci giocavo) e poi quel vecchio televisore via cavo che non aveva nulla a che fare con i televisori ultrapiatti di adesso. Si, pensai che mi sarebbe mancato quel posto.
-Vedrai che andrà tutto bene, e te l'avrò detto un milione di volte, chiamami Annabeth, almeno oggi.- sorrise gentilmente la Signora Mayor mettendo la sua mano sulla mia che era appoggiata al manico della valigia.
Non ero mai riuscita a chiamarla con il suo nome, non so per quale motivo. Mi ricordavo ancora il giorno in cui arrivai.
Piangevo ininterrottamente, lei mi aveva preso in braccio dicendomi che era la Signora Mayor, ma che la potevo benissimo chiamare Annabeth, ma io imperterrita, continuai a chiamarla Signora Mayor in qualsiasi occasione. Forse quel giorno avrei potuto fare uno strappo alla regola.-Va bene, Annabeth.- sentenzia marcando con torno ironico il suo nome, lei sorrise immediatamente a quelle parole lasciandosi scappare un accenno di risata.
-Sono arrivate notizie dalla banca,- disse poi -te sei l' unica beneficiaria del conto bancario di tuo padre e di tua madre e anche la casa è intestata a te.- lentamente si diresse verso il tavolino posizionato davanti alla porta di legno dell'entrata, su cui erano posate delle cartelle, lei prese una di queste e me la porse.
-Qua ci sono tutti i tuoi documenti, i documenti della casa e del conto bancario dei tuoi genitori, quelli del tuo conto bancario, i documenti della casa e...- fece una pausa indugiando.
-E i certificati di morte dei miei genitori, si lo so- dissi finendo la sua frase toccandomi poi le punte dei miei folti capelli mossi che arrivavano quasi fino ai fianchi.
Quelle parole avevano sempre uno strano effetto su di me, pur non avendo così tanti ricordi dei miei genitori, c'era una parte di me che si sentiva incompleta, mi chiedevo sempre se sarei mai riuscita a completarla. E delle volte avevo paura che non ci sarei mai riuscita.
La mia sensazione si poteva paragonare ad una scena di quando ero piccola, prima dell'incidente.
Stavo correndo per la casa e urtai per caso un mobiletto con sopra un vaso in ceramica, il vaso cadde e si ruppe. Io raccolsi i cocci ormai sparsi ovunque sul pavimento provando a ricomporre il vaso prima che mia madre se ne accorgesse, ma c'era un pezzo mancante, che non riuscivo a trovare da nessuna parte, sembrava scomparso. Inghiottito dal nulla. E senza quel pezzo, il vaso sembrava inutile. Questa era la mia sensazione quando pensavo ai miei genitori e al vuoto che mi avevano lasciato, io mi sentivo inutile. Ma confidavo sempre nel fatto che prima o poi potessi trovare qualcuno o qualcosa che potesse colmare questo vuoto.
-Bene, mi sa che è arrivato il taxi.- disse Annabeth risvegliandomi dai miei pensieri per sentire la fine del rumore procurato dal clacson del taxi.
-Annabeth...- iniziai incerta -prima che me ne vada volevo soltanto ringraziarti per tutto. Volevo ringraziarti per avermi cresciuta nel miglior modo possibile, volevo ringraziarti per aver preso il posto di una madre nella mia vita, anche se nessuno mi ha mai voluto veramente.- sospirai rumorosamente tenendo lo sguardo fisso sulla punta delle mie scarpe.
-Imogen, non devi ringraziarmi, ho fatto soltanto il mio dovere. E te sei una ragazza splendida, semplicemente è che nessuno ha mai colto la tua vera essenza.- disse rivolgendo lo sguardo sul mio viso cercando i miei occhi.
A quel punto la abbracciai non avendo più niente da dirle.
-Verrò a farti visita, lo prometto.- dissi staccandmi dal suo abbraccio per poi impugnare la mia valigia e uscire dall'orfanotrofio e rivolgerle un ultimo saluto con la mano, dirigendomi poi verso il taxi che mi avrebbe portato nella mia vecchia ma familiare casa.
Durante il viaggio fissavo fuori dal finestrino vedendo così tanti bambini con le loro famiglie e la felicità era palpabile sul loro viso.
Poco dopo il taxi si fermò ponendomi davanti la facciata di una delle tante case a schiera presenti nel quartire.
Scesi dal taxi ringraziando e pagando il taxista per poi prendere le valigie dal bagagliaio, tirai fuori dalla borsa le chiavi e salii i pochi gradini che separavano la porta d' entrata dal marciapiede. Infilai la chiave nella serratura e la feci scatterà due volte. Appena aprii la porta un forte odore di chiuso e di polvere mi pervase le narici, spalancai la porta per entrare dentro la casa chiudendomela poi alle spalle dopo aver trascinato dentro la valigia. Mi guardai attorno e vidi i diversi mobili tutti coperti da un lenzuolo bianco e un senso di solitudine iniziò a farsi strada per il mio corpo.Fuori era una giornata nevosa accompagnata da un consueto clima freddo, dalle famiglie che festeggiavano nelle proprie case tutte a mangiare intorno ad un tavolo, scartando poi i regali. Io invece mi ritrovavo in una casa vuota e non abitata da ormai tredici anni. Era la giornata di Natale, nonché il mio compleanno.
Auguri Imogen.
PERSONAGGI:
Imogen Curtis as Vanessa Hudgens;
Luke Hemmings as him self;
Ashton Irwin as him self;
Calum Hood as him self;
Michael Clifford as him self;
Joshua Tyree as Jamie Campbell Bower.
STAI LEGGENDO
Blurred || Luke Hemmings
RandomEmozioni contrastanti mi travolsero come un uragano, io ero troppo piccola davanti a quel vortice. Tutto quello che riuscivo a distinguere erano colori sfocati. Il nero con le sue sfumature che avvolgeva il bianco accecante e dell'azzurro. "Io ti o...