Light blue.

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Una luce fioca filtravana attraverso le persiane delle finestre arrivando fino ad illuminare parzialmente il mio volto che emergeva appena dall'ammasso di coperte che mi ricopriva.

Svogliatamente aprii gli occhi rimanendo sul subito spaesata dall'ambiente che mi circondava.

Probabilmente non mi sarei mai ambientata alla visuale di quella casa.

Mi sedetti lentamente sul divano flettendo le braccia verso l'alto emettendo un sonoro mugolio di dolore.

Quel divano era davvero scomodo.

Con la schiena indolenzita mi alzai pigramente dirigendomi verso la cucina. Aprii la prima anta che trovai davanti la mia visuale e rimasi spiazzata quando, aprendola, non trovai niente dentro.

La sera prima mi ero dimenticata di andare a fare la spesa e ora mi ritrovavo senza neanche una tazza di caffè.

Per prima cosa decisi di cambiarmi, aprendo la valigia ancora poggiata sul pavimento del salotto tirando fuori il primo paio di jeans e il primo maglione che trovai. Mi cambiai velocemente e poi indossai un paio di anfibi neri. Prima di uscire presi la borsa indossando il cappotto e la mia amata sciarpa nera.

Uscii di casa e con passo svelto mi diressi nella direzione in cui ricordavo trovarsi il supermercato.

Dopo aver sbagliato strada due volte trovai finalmente l'insegna del supermercato che troneggiava sopra all'immenso edificio. Presi un carrello e mi avviai all'interno di esso.

Passai di corsia in corsia prendendo quello che ritenevo lo stretto necessario. Poi mi soffermai davanti agli scaffali adibiti alle tinteggiature e all'arredamento della casa.

Al che decisi repentinamente di prendere un secchio di vernice bianca, delle lucine al neo bianche, lo smalto per i mobili nero e argento, due vasi di ceramica bianca e qualche fiore finto sui toni del lilla.

Mi avviai convinta verso la cassa quando notai in lontananza delle piccole piante grasse dentro a degli adorabili scodellini bianchi. Mi avviai verso di esse e ne presi quattro andando poi alla cassa.

Quando la cassiera mi disse il conto presi il portafoglio dalla borsa e tirai fuori da esso le banconote sufficienti per pagare il conto, misi la mia spesa dentro delle borse e mi avviai verso l'uscita per poi riporre il carrello al suo posto e trascinandomi dietro le pesanti buste della spesa e, di sicuro, il secchio di vernice non mi agevolava la camminata.

I soldi per adesso non erano un problema, anzi, erano l'ultimo dei miei pensieri. Sin da piccola aiutavo la governante dell'orfanotrofio a pulire il palazzo e in cambio mi dava dieci dollari a settimana come paghetta. Verso i quattordici anni chiesi il permesso alla Signora Mayor di poter cercare lavoro come babysitter e lei me lo permise alle condizioni di essere a casa negli orari prestabiliti. Dopo due anni, invece, cercai un lavoro che potesse darmi uno stipendio fisso ogni mese e trovai lavoro presso un negozio di abbigliamento, dove lavoro tutt'ora. Per cui in tutti quegli anni mi ero tirata su un bel gruzzoletto. Non dico di non averne mai speso un centesimo, ma nonostante tutto era praticamente intonso. E in più avevo l'eredità dei miei genitori, non erano milioni di dollari ma un buon inizio.

Abbandonando quei pensieri mi resi conto che ero finalmente sul marciapiede che mi avrebbe condotta a casa entro pochi metri.

Salii i gradini davanti all'entrata per poi posare le buste a terra. Cercai le chiavi della porta nella borsa e quando le trovai feci scattare la serratura e, riprendendo le buste della spesa, entrai in casa chiudendomi la porta alle spalle ormai esausta dalla lunga camminata.

Ritirai le diverse scatole nelle mensole della cucina e lasciai da parte la vernice e le altre cose per la ristrutturazione della mia nuova camera.

Blurred || Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora