Hate.

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Era presto, molto presto quella mattina. Lo riuscii a capire dal fatto che la luce che filtrava dalle finestre era ancora incerta e molto flebile.
Mi svegliai quando le coperte del letto si spostarono e una mano mi accarezzò i capelli. Riconobbi un odore familiare, o per lo meno conosciuto, era dolce e molto speziato allo stesso tempo, misto anche ad una punta di odore di alcool. Seppi subito a chi appartenesse. Rimasi tra le coperte beata ad ascoltare ogni piccolo movimento che veniva procurato dal ragazzo come se ne fossi estasiata. Si muoveva con abbastanza goffaggine per la camera. Ad un certo punto lo sentii strappare un pezzo di carta e iniziare a scrivervi sopra. Pochi secondi dopo lo appoggiò sul letto, il dorso della sua mano mi accarezzò la guangia e si lasciò sfuggire un sospiro. Sentii chiaramente la porta aprirsi e il ragazzo uscire per poi scendere le scale e quando la porta d'entrata produsse un tonfo seppi per certo che era uscito.
Mi girai dall'altra parte del letto e vidi un piccolo bigliettino appoggiato sul letto. Quella che mi si presentò quando lo aprii fu una scrittura disordinata, quasi uno scarabocchio, tanto che ci impiegai più o meno cinque minuti a leggerlo. Esso recitava: "Grazie per ieri sera, fossi stato in te io mi sarei sbattuto fuori da solo! ...Mi sembra di averti già detto una cosa del genere o sbaglio? Va beh, comunque sia, grazie, davvero, ma penso di aver fatto la più grande cazzata della mia vita ieri sera. Intendo, vorrei semplicemente che non ci rincontrassimo, non voglio che accadano delle cose che non posso controllare, non ho intenzione che tu ti faccia del male. Sto straparlando, okay, forse strascrivendo ma me ne fotto, hai capito cosa intendo no?
Per ritornare al discorso: hai presente quando ti ho fatto quella domanda sul buio e tu mi hai risposto di no? Bene, intendevo davvero di starmi alla larga, perché io non sono una persona come le altre, vorrei, ma non posso. E lo so, lo so che tu mi vuoi cambiare, te lo leggo negli occhi, ma è un tentativo vano. Così ti prego, finiamola prima che inizi.
Detto questo, addio Gen."
Rimasi confusa dalle sue parole, non capivo ancora cosa intendesse con quelle parole e lo giuro, non capire cosa intende la gente mi fa imbestialire. In quel momento la rabbia montò nel mio corpo, mi alzai dal letto scaraventando le coperte ai suoi piedi aprii l'armadio e presi le prime cose a caso, mi vestii più in fretta che potei, mi diressi al piano di sotto uscendo dalla casa e incamminandomi per superstrade ancora parzialmente desolante di Portland. Sapevo dove l'avrei trovato, e questa volta non mi sarei fermata davanti a niente.

Arrivai quasi di corsa davanti all'ospedale, vi entrai e salii le scale non riuscendo a trovare la calma per poter aspettare l'ascensore. Salii scalino dopo scalino non curandomi minimamente su cosa dirgli appena l'avrei visto, non mi curai nemmeno della reazione che avrebbe potuto avere lui, che avrebbe potuto avere Luke. Volevo soltanto capire, volevo che mi spiegasse, così avrei avuto qualcosa si cui aggrapparmi, qualcosa con cui poter far leva su di lui e farmi odiare, farmi diventare il suo punto fisso, farmi diventare il motivo per cui alzarsi ogni mattina, volevo diventare il qualcosa su cui si sarebbe potuto sfogare. E lo sarei diventata.

Arrivata al piano giusto mi diressi verso quella che ricordavo essere la camera, e solo in quel momento mi accorsi di quanto rumore facessero i miei pensieri tra il quasi silenzio di quei corridoi. Non appena avvistai la porta della stanza mi avventati sulla maniglia di essa e mi catapultai, letteralmente, dentro. Due occhi azzurri mi si posarono addosso. Questo era l'azzurro che, sapevo, fosse il vero colore dei suoi occhi, un azzurro limpido, contornato da una linea blu più scura. Erano glaciali, capaci di farti congelare il sangue nelle vene in un solo istante. E, questo, fu proprio l'effetto che mi fecero. Il sangue mi si congelò nelle vene, tanto da farmi perdere un battito di cuore, il mio respiro cessò. In un attimo dimenticai completamente la mia rabbia e il motivo per cui fossi lì.
Tutto accadde così in fretta: i suoi occhi cambiarono colore, diventarono più scuri, come se fossero comparse improvvisamente le nuvole che portano il mal tempo dentro di essi, uno stridio acutissimo si diffuse per la stanza, segno che la sedia si e era spostata, o per meglio dire, che lui l'aveva scaraventata a terra. In quel momento il sangue ricominciò a scorrere nelle mie vene, il mio respiro e il mio battito del cuore ritornarono regolari e poco dopo furono risovrastati dalla rabbia e in quel momento i miei pensieri si plasmarono in azioni facendomi avvicinare minacciosamente al ragazzo che mi sovrastata in altezza, se non di trenta centimetri, venti c'erano tutti e, in un secondo la mia mano creò un forte rumore venendo in contatto con la sua guancia. Non feci in tempo a ritirare il braccio che Luke mi afferró il polso e mi spinse contro il muro facendomi gemere per la botta presa sulla schiena.
-Sei per caso analfabeta, brutta stupida?- Mi urlò a denti stretti avvicinandosi al mio orecchio.
-Tu, sei lo stupido. Davvero pensavi che non ti sarei venuto a cercare? Davvero pensavi bastasse un fottutissimo bigliettino per fermarmi?- Presi un breve respiro cercando di inumidirmi le labbra che si erano seccate per il troppo urlare. -Dato che pensi di capirne così tanto di me, dovresti aver capito che se la sottoscritta si mette in mente qualcosa, nessuno la può fermare. Tanto meno se quel qualcuno sei te. Non hai nessuna influenza su di me.- gli sbraitai in faccia spingendolo per le spalle e facendolo allontanare. Lui per un momento barcollò, ma poco dopo riprese la presa sul mio polso e mi trascinò fuori dalla stanza e lungo il corridoio prima di fermarsi davanti all'ascensore e premere il bottone per farla arrivare al piano in cui ci trovavamo.
Odiavo quando compiva le sue azioni indisturbato, odiavo quando lo lasciavo fare senza oppormi, odiavo il fatto che lui volesse avere continuamente il controllo su entrambi, ma nonostante questo, lo lasciai fare senza obbiettare.
Quando l'ascensore arrivò mi spinse dentro seguendomi e spingendo il bottone che ci avrebbe portati all'ultimo piano. Le porte si chiusero e il nostro breve viaggio in ascensore iniziò in silenzio e in tal modo finì. Lui uscì per primo convinto del fatto che l'avessi seguito, cosa che feci. Si incamminò per il corridoio dirigendosi verso quella che sembrava essere una porta di servizio. Quando vi fu vicino la spalancò e davanti a noi si presentò il la terrazza dell'ospedale, nonché il suo tetto.
Sospirai rumorosamente guadagnandomi una sua occhiataccia.
-Qua puoi urlare quanto vuoi, pazza isterica.- mi ammonì quasi divertito. A quelle parole la mia vista si annebbiò e i miei gesti furono quasi automatici: piegai la gamba destra e raggiunsi la vans che copriva il mio piede, la sfilai da esso e la lancia il più energeticamente possibile nella direzione del biondo colpendolo in pieno stomaco, e lui, per la botta ricevuta, si piegò in avanti cingendo le mani sul punto colpito.
-Pazza isterica a chi? Coglione che non sei altro!- mi avvicinai a lui raccogliendo la scarpa da terra e rimettendomela con un gesto veloce, al piede. Spintonai Luke di poco, che essendo ancora piegato in avanti, cadde come un sacco di patate.
-E,- continuai -ora tu, mi spiegherai tutto quello che vorrò sapere.- dissi puntando l'indice contro e sporgendomi di poco per poterlo guardare negli occhi.
Una risata amara uscì dalle sue labbra dopo le mie parole.
-E come mi obbligheresti? Con le tue esili braccia, ragazzina?- lo guardai con aria di sfida e la mia mano destra andò ad afferrargli il collo facendogli sbattere di poco la testa contro il muretto di cinta del tetto mentre, con il piede destro, gli spinsi le gambe facendogliele allungare in modo da potermi sedere a cavalcioni su di lui per poter avere una migliore presa sul suo corpo.
-Ragazzina a chi?- gli ringhiai a denti stretti a due centimetri dal viso. Un senso di superiorità e di controllo mi pervase quando dalla sua bocca non uscì nessun suono e la sua gola si mosse velocemente facendolo deglutire in modo molto rumoroso. Ora capivo come si sentiva quando gli davo corda, quando lo assecondavo, quando avevo quasi paura di lui e dei suoi comportamenti. Non mi mossi di un millimetro e un sorriso sghembo mi si dipinse in viso quando -Iniziamo con le domande?- chiesi quasi sembrando educata. Tutto quello che ottenni fu un cenno con il capo in segno di consenso, anche se i suoi occhi, così maledettamente vicini e così maledettamente incatenati ai miei, sembravano dire che non avrebbe risposto così facilmente e con così tanta precisione come, io, avrei voluto.
-Come cazzo conosci Hood?- sputai senza neanche rendermene conto. Probabilmente se fossi stata lucida sarebbe stata l'ultima domanda che gli avrei fatto.
-Cosa?- un gridolino acuto uscì dalla sua bocca misto a stupore. -Tutto qua? Stai scherzando?- continuò quasi sconvolto.
Io sbuffai per la sua stupidità e mi allontanai di poco roteando gli occhi per poi dire -Sto iniziando con le domande che ritengo più facili, coglione.- finito di parlare mi riconcentrai meglio su Luke cercando di dargli ancor meno possibilità di movimento.
-Okay, a questa potrei anche rispondere.- disse guardandosi in giro quasi con fare allarmato. Lo incitai ad andare avanti e così fece lui -È semplice, noi siamo- cioè, eravamo- si corresse -amici. Ci conosciamo da quando abbiamo tipo 9 anni.- disse abbassando lo sguardo per la prima volta da quando lo avevo visto quel giorno. -Sei bravo a mentire.- affermati senza neanche pensarci, quasi mi complimentai con lui. -Come scusa?- disse Luke riazlando lo sguardo nei miei occhi, confuso e senza farmi parlare continuò -Non sto mentendo lo conosco davvero brutta idiota!- l'avevo fatto incazzare e la cosa mi piaceva, perché in quel momento avevo il pieno controllo sulle sue azioni e sulle sue emozioni, ora sapevo come stimolarlo. -Non mi ha mai parlato di te, me lo avrebbe detto se foste stati amici di lunga data, non vi ho mai visti insieme.- dissi come se questo potesse spiegare tutto e -Sono due anni che abbiamo tagliato i rapporti.- disse quasi come se fosse dispiaciuto, come se tutto questo lo stesse distruggendo. -Perché?- chiesi ovvia. -Sono successe... cose. Credo.- in quel momento Luke alzò lo sguardo verso il cielo ed io mi accorsi di aver mollato troppo la presa così la strinsi ancora un po'. -Avanti.- lo incitai. -Mai.- rispose lui secco e deciso, riacquistano tutta la forza che in quei minuti sembrava essergli scomparsa dal corpo. -Te l'ho detto Gen, non ti voglio più vedere. Non c'entra niente una persona come te, in tutto questo.- disse indicando con le sue mani il suo corpo quasi con disprezzo e ri-incatenando i nostri occhi con un legame che solo lui riusciva a sciogliere, perché io.Non ci riuscivo proprio a non guardarlo negli occhi.
-Perché Luke? Che cosa abbiamo di così diverso io e te?- gli chiesi con un tono di voce quasi disperato.
-Il buoio ricordi? La mia domanda, te la ricordi?- alzai gli occhi al cielo e solo in quel momento, quando Luke prese il mio viso tra le sue mani per farmi guardare verso la sua direzione, mi accorsi che gli avevo completamente lasciato il collo dalla mia presa. -Rispondi.- ordinò ed io annuii semplicemente facendo ribaltare la situazione a favore di Luke, adesso era lui ad avere il controllo ed era estasiato da quella sensazione. -Bene, io, Gen, sono il buio e, tu, sei la luce.- disse non spostando lo sguardo dai miei occhi. -Ora capisci vero?- domandò forse più a lui che a me.
-Cero che capisco, come no! Mi sembra un paragone normale, normalissimo da fare!- sospirato ironizzando il tutto non capendo neanche una singola sillaba di quello che avesse detto. -Dio, ma te, per tirare fuori 'ste citazioni del cazzo, non dormi proprio la notte!- ricominciai ad urlare esasperata, liberandomi dalla sua presa sul mio viso e alzandomi dal suo corpo non potendone più di quel contatto. Lui si alzò dopo di me. In quel momento tutti e due rimanemmo zitti cercando di riportare alla normalità il nostro respiro e di metabolizzare tutto quello che stava accadendo.
-Tu non mi vuoi vedere, vero? Mai più, giusto?- un lampo mi passò per la mente, sapevo come spingerlo ad odiarmi in ogni modo possibile. Sapevo che c'era un motivo molto più grande di lui e della sua volontà dietro a tutto questo. -Esatto.- rispose da dietro le mie spalle. -Bene.- conclusi prima di girarmi verso la sua direzione e spingerlo nuovamente contro il muretto di recinzione del tetto dell'ospedale e avventarmi sulle sue labbra. In un primo momento, preso alla sprovvista, lui non ricambiò, io non mi fermai, comunque. Infatti, poco dopo, Luke ricambiò il bacio approfondendolo e picchiettando la sua lingua contro le mie labbra che si schiusero quasi automaticamente lasciando che le nostre lingue si scontrassero e che facessero si che le nostre emozioni si potessero espandere per i nostri corpi. Lo capii, io, che quel bacio era pieno di rabbia, era pieno di frustrazione, era pieno di odio ed era pieno di un qualcosa di maledettamente malato. I nostri respiri si fecero più affannati, dovuto dalla foga del bacio e fummo costretti a staccari per riprendere fiato.
Improvvisamente Luke mi afferrò il mento con una mano stringendolo leggermente e facendomi guardare nella sua direzione. I suoi occhi erano rabbia pura. -Quanto sei stupida. Era per questo che non ti volevo più rivedere piccola idiota, lo sapevo che sarebbe successo!- ringhió a denti stretti non distogliendo lo sguardo neanche un secondo. Io rimasi inerme, compiaciuta del mio risultato -E ora? Ora cosa credi che cambierà?- mi chiese minacciosamente. -Ora?- chiesi retoricamente prima di pensarci e chiedere -Ora, mi odi?- facendo comparire un sorriso amaro sul mio viso. -Come non ho mai odiato nessun'altro.- rispose con un tono di voce a metà tra l'arrabbiato e l'indignato.
Con un movimento della testa mi liberai della sua presa e mi diressi verso la porta da cui eravamo usciti senza rivolgergli parola, soddisfatta del mio operato come non lo ero mai stata.
Ora, lui mi odiava, eccome se mi odiava, glielo avevo letto negli occhi oltre che averglielo sentito dire e io lo odiavo per la sua debolezza, per averlo ammesso così in fretta.
-Quindi? Ora?- quasi urlò Luke per farsi sentire. -Malato.- dissi non voltandomi e continuando a camminare. -Come scusa?- chiese confuso lui, come se non avesse sentito bene la mia parola.
-Un rapporto malato, Luke, il nostro sarà un rapporto malato. Non ti lascerò scomparire nel buio e questo l'hai già capito, ti getterò nella luce, nei colori, tu cambierai.- Urlai di rimando facendo si che non ci potessero essere incomprensioni nelle mie parole e pensandoci di aver finalmente dato un senso al tutto che per ora era un niente. Continuai a camminare fino a quando non superai la soglia della porta e me la rinchiusa alle spalle non rivolgendo più uno sguardo al ragazzo dietro di me e non sentendolo più parlare.

L'odio sarebbe stato la sua cura più grande.


PERSONAGGI:

Imogen Curtis as Vanessa Hudgens;
Luke Hemmings as him self;
Ashton Irwin as him self;
Calum Hood as him self;
Michael Clifford as him self;
Joshua Tyree as Jamie Campbell Bower.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: May 30, 2016 ⏰

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