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Questa NON è una mia storia, ma solo una traduzione! Tutti i crediti vanno a 

L'odore sterile dell'ospedale aleggiava nell'aria, mescolandosi con i piccoli bip bip delle macchine. Max Verstappen sedeva sul lato del letto, le sue dita che rigiravano nervosamente la piccola fascia dorata al suo anulare. Dall'altra parte della stanza, Lewis Hamilton si stava lentamente svegliando, i suoi riccioli scuri disordinati contro il bianco accecante del cuscino.

Il cuore di Max perse un battito, non appena gli occhi di Lewis si aprirono lentamente. Per l'attimo di un momento, ci fu sollievo - Lewis era sveglio, vivo. Ma la confusione che attraversò il volto di Lewis fece durare poco la consolazione. 

"Dove. . . dove sono?" Chiese Lewis, con voce rauca.

"Sei in un ospedale," disse Max piano, avvicinandosi. "Hai avuto un incidente. Ma ora va tutto bene. Sei salvo."

Le sopracciglia di Lewis si aggrottarono. Il suo sguardo vagò per la stanza, fino a posarsi su Max. "Chi. . . chi sei tu?"

Quelle parole colpirono Max come un pugno nello stomaco. Aprì la bocca ma non ne uscì alcun suono. Si sforzò di parlare. "Sono Max. Tuo-" Si fermò. Quelle parole erano impossibili da pronunciare . "Tuo marito."

Lewis sbatté le palpebre, la sua confusione si fece ancora maggiore. "Marito?"

Max annuì, con la gola stretta a trattenere il pianto. "Siamo sposati da due anni."

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Le settimane successive non furono nientemeno che un incubo. Lewis non aveva memoria di Max o della loro vita insieme. I medici avevano spiegato che era un'amnesia retrograda causata  dall'incidente -  il suo cervello aveva bloccato ogni ricordo degli ultimi tre anni, compresa la loro relazione. 

Max riportò Lewis a casa, nel loro appartamento condiviso a Monaco, sperando che essere circondato da cose familiari lo avrebbe aiutato a ripristinare la sua memoria. Ma ogni volta che Max guardava Lewis e non trovava alcun segno di riconoscimento nei suoi occhi, sentiva come se il suo cuore si stesse frantumando ancora e ancora.

Una sera, Max trovò Lewis seduto sul balcone, a fissare il mare. 

"Vuoi qualcosa da bere?" Chiese Max, sulla porta-finestra. Lewis si voltò a guardarlo e scosse la testa. "Sono a posto."

Max esitò prima di uscire sul balcone e sedersi di fianco all'inglese. Il silenzio era pesante, ma Max non ce la faceva più. 

"So che tutto ciò è . . . tanto" Cominciò Max, con voce morbida. "e non mi aspetto che tu ti ricordi tutto ora. O mai. Ma" Max fece appello a tutta la sua forza d volontà per non scoppiare a piangere "ti amo, Lewis. E starò al tuo fianco, qualsiasi cosa accada."

Lewis lo guardò, con un'espressione indecifrabile. "Continui a dirlo. Che mi ami. Ma io non lo sento. Io non. . . ti conosco."

Il petto di Max si strinse. "Tu mi amavi e io amavo te. Eravamo felici. Avevamo una vita insieme."

Lewis si voltò nuovamente verso il mare, con il volto che era una maschera di frustrazione. "Voglio ricordarmi tutto. Ma è come se ci fosse un muro nella mia testa che non riesco a rompere."

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La rottura arrivò inaspettata. 

Max era in cucina, che preparava la cena, quando Lewis entrò. Si fermò sullo stipite, guardando Max con un'intensità che fece formicolare la pelle dell'olandese. 

"So cucinare?" chiese Lewis. 

Max si voltò, sorpreso. "No, in effetti no, preferisci ordinare il cibo o convincermi a farlo."

Lewis annuì lentamente, avvicinandosi. "Però faccio il caffè. Mi hai detto che ti faccio il caffè ogni mattina."

Le labbra di Max si piegarono in un piccolo sorriso. "Il peggior caffè di sempre, ma lo bevevo comunque perché lo facevi tu."

Lewis non rise, ma le sue labbra tremarono leggermente. Si fece ancora un po' più vicino, le sue dita tamburellavano nervose. "Hai. . . qualche foto? Di noi due?"

Max sbatté le palpebre, sorpreso. "Certo. Un sacco."

Tirò fuori il suo telefono e aprì la galleria, scrollando fino a che non trovò l'album contrassegnato come 'Noi'. Porse il telefono a Lewis,  che esitò prima di prenderlo. 

Lewis scorse le foto con attenzione. Foto di loro alle gare, in vacanza, e sdraiati sul divano con il loro cane. Una foto li mostrava al loro matrimonio, Lewis raggiante nel suo completo nero mentre Max gli baciava la guancia. 

Le dita di Lewis si fermarono sullo schermo. "Sembriamo. . . felici" mormorò. 

"Lo eravamo" rispose Max, quasi con un sussurro. 

Lewis aggrottò le sopracciglia.  "Vorrei ricordarmi come fosse. Guardarti e sapere che ti amavo."

Il cuore di Max si ruppe in mille pezzi, a quelle parole. "Va bene, " disse, la sua voce poco più di un sussurro "Anche se non te lo ricordi, ti amo ancora. Sempre." 

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Il primo lume di speranza arrivò una settimana dopo. 

Max si era addormentato sul divano, esausto da un altro lungo giorno a provare a tenere tutto insieme. Si svegliò con il suono di una musica dolce e il profumo delicato della colonia di Lewis.

Si tirò a sedere, sbattendo le palpebre perplesso. Lewis era in piedi in salotto e teneva un vecchio vinile tra le mani.

"Questa" disse Lewis con voce tremante, "la stavamo ascoltando mentre ballavamo sotto la pioggia, vero?"

Max trattenne il respiro. "Te ne ricordi?"

Lewis scosse la testa. "Non esattamente. Ma quando ho visto il disco, l'ho sentito. . . familiare. Come un sogno che non riesco ad afferrare."

Max restò in piedi, col cuore in gola. "Era un sogno. Abbiamo ballato sotto la pioggia durante un temporale in Toscana. Hai detto che non eri mai stato così felice."

Lewis lo guardò, con gli occhi che luccicavano di qualcosa che Max non riusciva bene a comprendere. "Voglio essere di nuovo quella persona." disse Lewis piano.  "la persona che ha ballato con te sotto la pioggia."

Max sentì il petto stringersi. "Lo sei già."

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Il progresso era lento, ma c'era. Poco a poco, Lewis cominciò a lasciar entrare Max, permettendosi di credergli, di avvicinarsi. E Max, sempre paziente, gli mostrava l'amore cha avevano condiviso, tramite delle piccole cose: preparare il the preferito di Lewis, ascoltare insieme le canzoni che erano soliti ballare, e lasciando post-it con messaggi del tipo "Sei fantastico" e "puoi farcela".

Una sera, visto che erano seduti insieme sul divano, Lewis appoggiò la testa sulla spalla di Max. Era la massima vicinanza tra loro, dall'incidente.

"Pensi che possiamo ricominciare?" chiese Lewis piano.

Max avvolse le sue braccia intorno a lui, portandoselo più vicino. "Non dobbiamo ricominciare" disse "dobbiamo solo ritrovare la strada."

Lewis chiuse gli occhi, un piccolo sorriso a incurvargli le labbra. Per la prima volta dopo mesi, si sentiva finalmente a casa.

Momenti - F1 One ShotDove le storie prendono vita. Scoprilo ora