Tutto era iniziato con il GP del Messico del 2018. Ero ancora distrutto dalla perdita di Jules, nonostante fossero passati quattro anni dall'incidente a Suzuka, quindi Pierre mi aveva accompagnato al cimitero di Iztacalco, vicino al circuito, a deporre un mazzo di cempasuchil, i caratteristici fiori arancioni, sull'altare comune. E lì, in quel momento, avevo sentito la sua voce che mi chiamava. Mi diceva di assorbire le tradizioni di quella terra, di prenderle e farle mie. Di provare, quella sera, a riportarlo su questo lato ancora per un po'. E io avevo ubbidito, troppo sorpreso per pormi delle domande.
La sera nella camera d'hotel ho arrangiato una specie di altare sul comodino, dove, seguendo le indicazioni di Wikipedia, ho posto la foto di Jules che mi porto dietro in ogni weekend di gara; ho poggiato lì vicino anche un pan des muertos, cosparso di zucchero bianco, e ho sparpagliato un tappeto di petali di cempasuchil dall'altare fino alla porta, che ho chiuso a chiave. Questa sera devo passarla da solo. Attendo che il sole tramonti del tutto, poi mi siedo a gambe incrociate davanti al comodino allestito.
Sono quasi le undici e sto perdendo le speranze. Possibile che abbia frainteso il tutto? Che la mia mente mi stia giocato uno dei suoi brutti scherzi? Ma no, la sua voce al cimitero era reale, era tutto così dannatamente reale, quasi quanto la mano che mi scuote dalla spalla.
"Charlie?"
Quel nome, pronunciato da quella voce, è una secchiata di acqua gelida. Troppi ricordi, un fiume che cresce cresce cresce in una piena, che straripa e allaga tutto, inonda la mente, gli occhi, le orecchie, le mani e il cuore. La sensazione del suo tocco leggero, le carezze, i piccoli baci soffici sotto l'orecchio, ma anche le nostre pelli sudate che schioccano leggere, quel nome sussurrato col fiatone, i movimenti delicati ma sicuri, lui in me. Tutto. Così. Vicino.
Ancora una volta.
Mi volto con una lentezza disarmante, sapendo già chi mi troverò davanti, tuttavia non ancora pronto, infatti serro gli occhi mentre trattengo un singhiozzo.
"J-Jules?" sussurro. Non può essere. Lui è morto. Si è schiantato, è entrato in coma, hanno staccato il respiratore. Devo smettere di illudermi, basta basta basta basta.
"Sì Charlie, sono qua. Mi hai fatto tornare indietro."
Apro gli occhi. E davanti a me lo vedo, coi suoi occhi castani, i suoi capelli corti e morbidi, quel sorriso che ho sognato per anni. Tutto. Così. Reale.
"C-come. . . n-non-" Come è possibile? Che sia tutto vero? Che esista effettivamente un aldilà?
"Mio Dio" sussurro "Sei qui davvero". Mi getto addosso a lui, scoppiando in un pianto disperato ma incredulo, il suo corpo caldo di vita, è qui, è qui, qui, qui, vivo, vivissimo, come non lo è da quattro anni. Lo stringo e non lo lascio più andare.
"J-Jules m-ma c-come-" balbetto tra i singhiozzi. Deve avere delle spiegazioni.
"Shhh Charlie, non piangere. Adesso sono qui. Mi hai richiamato indietro per una notte, posso stare qui fino all'alba. Poi potrò tornare l'anno prossimo."
"N-no, non t-ti v-voglio la-lasciare. . . n-non di nuovo"
"Tranquillo piccolo, ci rivedremo. Adesso sfruttiamo il tempo che ci resta, ok?"
Ha ragione, se possiamo vederci dodici ore all'anno dobbiamo sfruttarle appieno. Tiro un sospiro "Va bene". Senza dire una parola Jules mi solleva a mo' di sposa mi adagia sul letto sdraiandosi di fianco a me. Comincio ad accarezzargli il volto, intrecciando le dita con quei capelli che amavo, che amo, stringere e sentire sotto le mie dita. Passo le falangi sul suo volto privo di imperfezioni, lui fa una leggera pressione con la guancia sulla mia mano, chiudendo gli occhi e lasciandosi andare. Dio quanto mi era mancato tutto questo. Mi avvicino ancora un po' e porto le nostre labbra a contatto, ricordando ogni dettaglio del suo volto, ogni bacio che ci siamo scambiati, la sensazione delle sue carezze in punta di dita sulla pelle dei miei fianchi da sotto la maglia.
Malvolentieri sono costretto a staccarmi quindi appoggio la mia fronte contro la sua, mischiando i nostri respiri.
"Jules"
"Sì?"
"Tu riesci a vedermi quando sei. . . di là?"
"Certo chéri. Veglio ogni giorno su di te." Mi sento più al sicuro, ma c'è un'ultima cosa che devo sapere.
"Hai mai incontrato papà? Voglio dire. . . potrei provare a rivedere anche lui?"
"No Charlie. Vedi, io sono qui fisicamente, tu puoi vedermi e toccarmi, perché il nostro legame quando ero in vita era troppo forte per essere spezzato, anche dalla morte. Ho aspettato fina ora" mi spiega "perché ti ho visto pronto solo da quest'anno, Se l'anno prossimo vuoi farmi tornare qua, dovrai rifare queste stesse azioni, funzionerà solo o il 28 o il 31 ottobre e dal tramonto fino all'alba. Per quanto fosse forte il legame con tuo padre, le nostre anime sono unite, sono fuse. È anche per questo che quando ho lasciato il mondo ti sei sentito così perso." Lo stringo più forte a me. L'orologio segna le undici e venti, c'è ancora tempo.
Riporto le nostre labbra a contatto, in un bacio meno casto ma sempre dolce. Una volta capite le mie intenzioni, Jules si porta su di me, appoggiandosi sugli avambracci per non pesarmi addosso. Passa a baciarmi e a mordicchiarmi la mandibola, il collo e la clavicola, poi ci togliamo io la maglia e lui la tuta ignifuga che si porterà dietro per sempre, e ricomincia a baciarmi il petto, mentre io accarezzo il suo, causandogli piccoli brividi che mi fanno impazzire. Ci amiamo per lungo tempo, assaporando di nuovo quella sensazione meravigliosa delle nostre anime ritrovate e dei nostri corpi uniti.
Per scrupolo controllo l'orologio, che per mia immensa tristezza segna già le tre e mezza. Ci mettiamo più comodi nel letto, il suo petto a contatto con la mia schiena, e le nostre mani unite sul mio stomaco.
"Charlie"
"Cosa c'è mon amour"
"Mi prometti che ci vedremo di nuovo? L'anno prossimo, faremo ancora così?"
"Te lo prometto Jules. Nulla ci separerà più."
"Bene. Perché mi sei mancato terribilmente, nonostante ti vedessi ogni giorno, ho visto come sei cresciuto, mi hai reso orgoglioso. È stato difficile trattenermi dal dirti subito su come farmi tornare qui, ma sapevo sarebbe stato deleterio. Hai imparato a vivere senza di me, Charles, e per trecentosessantaquattro giorni all'anno sarà così. Tuttavia il prossimo trentuno ottobre ci rincontreremo e saremo ancora più felici. Adesso devo andare, mon amour, sta albeggiando."
Scende dal letto sotto il mio sguardo triste, si riveste e mi rivolge un ultimo sguardo triste ma sereno. Mi alzo anche io e lo raggiungo, stringendolo in un abbraccio e lasciandogli un ultimo bacio dolce a fior di labbra.
"Ti amo Jules"
"Anche io, Charlie. Ci rivediamo tra un anno, ma beauté."
Lo vedo incamminarsi verso la porta e illuminarsi di una luce giallo-arancio, fondendosi coi petali di cempasuchil, e attraversando la porta chiusa torna nel suo mondo.
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Uh, scusate il ritardo enorme: ho tentato di scrivere una oneshot a tema natalizio, ma mi mancava l'ispirazione, quindi la pubblicherò a tempo debito. Ho scritto questa in due giorni, praticamente.
Sono soddisfatta di questo racconto, anche se breve, e potrei perfino farlo diventare una storia più lunga. Che ne pensate?
Ho anche la mezza idea di tradurre alcune di queste oneshot in inglese.
Sì? No? Forse? Se vi piace l'idea scrivetemelo qui! >>>
Altre idee che vi piacerebbe vedere realizzate? Commenti e stelline fanno sempre piacere <3
360 letture, sto piangendo. Grazie!
Salute a voi, impero degli orsetti gommosi.
Ciao! 👋
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Momenti - F1 One Shot
FanficRaccolta di one shot inerenti alla F1 (Carlando, Lestappen, Maxiel, Charlos...)