Da piccolo avrebbe sempre voluto fare l'astronauta, viaggiare nel vuoto, guardare lontano e sapere che quel lontano non ha una fine e quindi non è davvero "lontano", ma è sconfinato e senza definizione.
Avrebbe voluto fare l'astronauta per guardare la Terra da lontano e sapere che quel lontano questa volta ha una fine, e termina sul suo mondo; e vedere la terra e il mare e sapere che è quella la sua casa, dove ha sempre vissuto, e avrebbe potuto avere la certezza che le persone a cui vuole davvero bene sono tutte lì, a portata di sguardo.
Avrebbe voluto fare l'astronauta perché avrebbe visto il suo cielo di sempre, quello di Londra e di Birmingham e di New York e Pechino e Accra... Da sopra. Lo stesso cielo, ma diverso soltanto per lui. Per tutti lo stesso cielo, e per lui un'altro, dall'altra parte delle nuvole – o per lo meno l'altra faccia dello stesso. È entusiasmante guardare qualcosa che tutti vedono uguale, ma dall'altro lato.
Zayn ha sempre sognato grandi mestieri per lui. Da bambino voleva fare il senatore, poi il cantante o l'attore, e poi questa fissa dell'astronauta. Sua madre Trisha lo ha sempre appoggiato, in realtà, ma senza darci troppo peso. Doniya non ne parliamo, a lei non è mai importato ciò che Zayn pensasse o dicesse, avrebbe potuto voler uccidersi che lei si sarebbe guardata le unghie come se il suo fratellino non avesse appena premeditato un suicidio a nove anni. E l'esempio è azzardato, ma non si può realmente considerarlo tale perché è veritiero, è successo. Era un mercoledì pomeriggio molto pigro in pieno luglio e a Bradford faceva particolarmente caldo quell'anno. Mamma e papà erano in cucina, Doniya in salotto e Wal da qualche parte a dormire; intanto un piccolo Zayn dagli occhi lucidi e il sorriso ingenuo gironzolava mezzo nudo sul tappeto del soggiorno e diceva cose, sperando invano in una reazione della sorella. E la sua mente era perversa – non che non lo fosse anche adesso, ma a quel tempo la perversione era mista con la creatività e la stupidità di un bambino che pur essendo il più intelligente del suo anno era comunque un bambino con le capacità mentali, duh, di un bambino. Ed ecco che, nel bel mezzo di una limata di unghie, Zayn dice:
«Don, che direste se mi buttassi dalla finestra della mia camera?»
E lei risponde con un "mh-mh" distratto.
«Don?» ripete Zayn.
Mentre lei non alza nemmeno lo sguardo saltano fuori mamma e papà, con aria sudaticcia e spossata, che dicono quasi in coro – come un jingle ripetuto e ripetuto e ripetuto fino a dirlo senza pensare, senza dare un senso alle parole, solo lettere messe una dietro l'altra:
«Doniya, da' retta a tuo fratello.»
Al che lei alza gli occhi, e mentre lo fa i genitori sono già spariti di nuovo, e gli chiede di ripetere con un sospiro. E lui lo ridice e lei non fa quella faccia schifata o impaurita o preoccupata o apprensiva, ma semplicemente alza un sopracciglio e dice:
«Sai, Zayn, forse dovresti preoccuparti del tuo aspetto esteriore. Non per dire che sei un brutto bambino, ma se pensi all'esterno non ti impegni nell'interno. Capito?» e Zayn scuote la testa.
«Oh, dai! Se pensi a come stai fuori, non pensi a come stai dentro! O uno o l'altro capisci? Non è difficile. Non sei un superuomo, non sei neanche un uomo, Cristo Santo!»«Doniya non gridare a tuo fratello!» è la voce di mamma.
Don alza gli occhi al cielo, ma Zayn se n'è già andato. Andato a guardarsi allo specchio.
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Astronauts |Zarry AU|
De Todo«Guardati - guardati, è un ordine» dice Harry fermamente, trascinandolo davanti allo specchio. Zayn scuote la testa, mantenendo gli occhi chiusi. «Ho detto guardati.» «Non posso, non ce la faccio, sono malato. Lo capisci? Malato.» •copertina creata...