Il ritorno

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"Signori e signore, siamo prossimi all'atterraggio. Vi preghiamo di allacciare le cinture".

La voce dell'assistente di volo mi riportò alla realtà.

Il tempo era letteralmente volato.
A breve sarei scesa dall'aereo e avrei rimesso piede laddove avevo tanto evitato di tornare.

Erano già passati nove mesi...

Nove mesi in cui non avevo messo piede nella mia patria.
Nove mesi in cui avevo girato disperatamente da una parte all'altra dell'Europa, pur di rimanere lontana da casa.

Avevo fuggito questo momento per mesi, ma era giunta l'ora di affrontare le cose.
Non potevo scappare per sempre..
Soprattutto perché, per quanto avessi viaggiato, i ricordi mi assalivano sempre, mi raggiungevano quando meno me lo aspettassi.
Potevo non pensarci per giorni ma poi, un mattino, mi svegliavo in lacrime da un sogno estremamente vivido.
E sapevo già che quella giornata non sarebbe cominciata bene...

"Vi preghiamo di rimanere seduti con le cinture allacciate fino a completo arresto dell'aereo.
Vi preghiamo inoltre di mantenere il telefono cellulare spento fino all'apertura delle porte.
Grazie della collaborazione."

Ecco. Ci siamo.

Tra pochi minuti avrei rivisto mia madre.
Mi era mancata così tanto..
Non riusciva a comprendere perché non fossi più tornata, e io non trovavo le parole per farglielo capire.

In fondo, era molto più semplice fuggire, non dover dare spiegazioni a nessuno, semplicemente smettere di esistere per un periodo.

E lontano da tutto è da tutti, non era poi così difficile...

Ecco, ci eravamo fermati.
Finalmente.
Iniziavo a trovare noioso il fatto di dover aspettare un'eternità prima di poter scendere dall'aereo.

Quando decollai per la prima volta ero estremamente eccitata, volevo assolutamente stare vicino al finestrino, ridevo elettrizzata alla partenza, ma soprattutto all'atterraggio. L'adrenalina scorreva nelle vene come se stessi vivendo qualcosa di magico. In fondo, stavo volando!

Ormai, avevo perso il conto delle volte in cui ero salita in un aereo.
Era diventato così banale.
E, soprattutto, ogni volta mi ricordava la partenza, il dover lasciare le persone che amavo... Già. Che amavo.

Finalmente avemmo il permesso di slacciare le cinture.
Mi alzai per prima, come sempre, dal mio posto 2C. Era il posto che preferivo: era vicino al corridoio e potevo alzarmi senza dover aspettare nessuno, era all'inizio dell'aereo ma non a contatto diretto con gli assistenti di volo, mi permetteva di uscire immediatamente ed evitare di aspettare altri 15 minuti prima che tutti i passeggeri recuperassero i loro bagagli a mano e scendessero.
Insomma, il posto perfetto.

Recuperai il mio bagaglio con velocità e mi affrettai davanti alla porta.
La scaletta era già pronta, fui la prima ad uscire. Come sempre.

"Arrivederci, le auguriamo una buona permanenza. Speriamo di rivederla presto a bordo di Ryanair."

Ecco, ero di nuovo in territorio italiano. Un fastidioso pizzicore all'occhio mi assalì.
-Non è il momento di essere sentimentali!- dissi tra me e me.
Mi diressi verso la consegna dei bagagli.
La mia valigia era già nel nastro.
Perfetto.
La presi e accelerai il passo verso l'uscita "Niente da dichiarare".

Le porte si spalancarono.
Lei era lì, in prima fila, lo sguardo ansioso.

"Mamma!" urlai, e le corsi incontro.

"La mia Juliet! Fatti abbracciare, tesoro! Quanto mi sei mancata!" disse con le lacrime agli occhi.

"Sono qui mamma. Ora sono qui." dissi stringendola forte.

E uscimmo insieme dall'aeroporto.

Non mi vedrai cadere.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora