8 anni prima...
"Dai Juliet, muoviti!" sbottò Jen. "I ragazzi ci stanno già aspettando in centro!". E corse fuori, come ad invogliarmi a fare più in fretta. Era sempre così: lei arrivava in orario ma non mi trovava mai pronta. Ormai avrebbe dovuto essere abituata!
"Arrivo, arrivo! Devo solo trovare le chiavi." le risposi, mettendo a soqquadro la borsa. "Ma dove le avrò messe? Ah, eccole!".
Mi precipitai fuori casa, Jen stava aspettando a braccia conserte davanti al cancello.
"Ora ci toccherà correre per non perdere il bus! Ma possibile che non c'è mai una volta che tu ti faccia trovare pronta?" protestò.
Accelerammo il passo, l'autobus sarebbe passato cinque minuti dopo e non potevamo perderlo. Per fortuna la fermata era vicino a casa!
Arrivammo trafelate, proprio nel momento in cui il conducente stava aprendo le porte. Gli feci un segno con la mano in modo che lui ci aspettasse.
Una volta entrate comprammo due biglietti in quanto non avevamo avuto tempo di farlo prima.Ci sedemmo nei sedili in fondo, respirando un po' affannosamente.
"Almeno ce l'abbiamo fatta!" esclamai con un sorriso.
"Non di certo grazie a te!!" rispose Jen a tono, fingendosi arrabbiata.
Ci conoscevamo dall'età di otto anni, ora ne avevamo quattordici.
Eravamo grandi amiche, perciò sapevo benissimo che stava ridendo sotto i baffi.
Nonostante avessimo scelto scuole superiori diverse, il nostro rapporto non era cambiato.L'anno prima, in terza media, si era messa con un ragazzo che conoscevo fin da bambina e che abitava proprio di fronte a casa mia. Era proprio lui che ci stava aspettando, insieme ad un amico che conoscevo di vista. Dovevo dire che era anche molto carino!
Si chiamava Habib, era un ragazzo di origini arabe, molto riservato, di due anni più grande di me. Aveva ripetuto un anno perché quando era arrivato in Italia, a sette anni, non conosceva la lingua.
Ne ero rimasta affascinata quando un giorno, in seconda media, la professoressa di ginnastica aveva voluto che si esibisse in un ballo hip hop durante la nostra lezione, da solo. Era bravissimo, oltre ad essere bellissimo.
Tuttavia, non avevo mai avuto occasione di parlargli, se non un rapido 'ciao' quando lo incrociavo in compagnia di amici in comune.Il caso voleva che Habib fosse un amico stretto di Eric, il ragazzo di Jen. Così, quando quest'ultima mi propose un'uscita a quattro, non seppi rifiutare.
Arrivammo in centro dopo pochi minuti: il nostro paesino distava solo qualche chilometro ed a quell'ora del mattino le strade non erano molto trafficate.
I ragazzi ci stavano aspettando accanto alla chiesa, ognuno reggeva in mano un casco del motorino.
Habib era montato dietro ad Eric, anche se ovviamente non avrebbero potuto, essendo entrambi ancora minorenni. Ma si sa, agli adolescenti piace trasgredire le regole.Ci sedemmo quindi nella terrazza di un bar un po' nascosto ed ombreggiato. Era un mattino d'aprile, non c'era scuola per via di qualche ponte, suppongo quello per la festa della Liberazione ed io e Jen volevamo approfittarne per fare colazione fuori casa.
Io ero un po' in imbarazzo. Ero una ragazzina timida, forse per via del fisico, non esattamente asciutto e snello come quello del resto delle mia amiche, che avevo all'epoca. In quel periodo avevo tinto i capelli nero facendo così risaltare i miei occhi verde intenso. Cambiare una parte del mio corpo mi dava più fiducia in me stessa.
Ero assorta nei miei pensieri, ma non così tanto da non notare gli sguardi sfuggenti che mi lanciava a volte Habib. Iniziai a scherzare con Jen, per sciogliere un po' il ghiaccio. Poco a poco presi coraggio e il disagio che aleggiava silenzioso nell'aria sfumò. Terminammo i nostri cappuccini e le nostre brioches e, una volta pagato il conto, Eric propose di andare a fare una passeggiata.
Il paesino in cui ci trovavamo era un'antica cittadella medievale, perciò il centro era racchiuso da mura che datavano qualche centinaio d'anni. Lungo le mura interne del lato sud vi era un parco nascosto, con solo due panchine a disposizione. Ci incamminammo verso quella direzione. Eric e Jen avanzavano lentamente, mano nella mano come fanno le coppie. Io li seguivo, affiancata da Habib. L'imbarazzo era tornato ed io non sapevo come comportarmi; scelsi dunque di fare finta di niente e rimanere in silenzio. Habib non era dello stesso avviso. Era stranamente allegro ed in vena di scherzare, perciò iniziò a stuzzicarmi mettendomi un mano attorno alle spalle, fingendosi il mio ragazzo. "Dai amore, non essere timida!" esclamò, scoccandomi un bacio sulla guancia. Fu la prima volta che mi chiamò in quel modo ed il mio cuore mancò un battito.
"Sciocca, non illuderti! Sta scherzando, non puoi prendere ogni dettaglio alla lettera!" pensai. Ma quella semplice parola mi aveva stregata, nessuno mi aveva mai chiamata così. A dire la verità, nessuno mi aveva nemmeno mai guardata come faceva lui, seppur lui stesse probabilmente comportandosi così per gioco. Ma il cuore di un'adolescente, sfortunatamente, è troppo ingenuo per cogliere la distinzione tra finzione e realtà. L'avrei capito a mie spese, qualche anno più tardi.
Ecco il parco. Trovando le panchine libere, prendemmo posto. Habib non la smetteva di punzecchiarmi, i miei amici ridevano di fronte alla 'finta coppia', io silenziosamente pregavo perché continuasse. Ero scioccamente felice di quelle attenzioni inaspettate, non smettevo di perdermi in quegli occhi di un castano intenso. Avevo l'impressione che quello sguardo nascondesse molte più cose di ciò che volesse dare a vedere, una sofferenza che solo io ero in grado di percepire. Sembrava quasi che buttasse sé stesso in avanti, sorridendo senza sosta per impedire che le persone notassero la sua insicurezza. Ma io avevo da sempre una dote innata per capire il profondo di una persona: quel giorno avevo già cominciato a scavare nel suo 'Io' più segreto, anche se ancora non ne ero consapevole.
La mattinata trascorse in fretta, tra risate e batticuori.
Mia madre sarebbe venuta a recuperare me e Jen all'uscita delle mura a mezzogiorno e mezzo. L'ora venuta, salutammo i ragazzi. "Ciao, amore!" mi salutò Habib, ed il mio cuore fece una capovolta. Ovviamente, i miei genitori erano convinti che fossi uscita solamente con Jen: le bugie innocenti della gioventù.
Nel pomeriggio, non uscii. Rimasi chiusa in camera, gli occhi rivolti al soffitto. Non riuscivo a smettere di pensare a quel ragazzo, così bello e così fuori dalla mia portata.
Lo ricordo come fosse ieri.
Quello fu il giorno in cui mi innamorai. Stupidamente, perdutamente.
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Non mi vedrai cadere.
RomanceOtto anni. Per ben otto anni, ossia fino all'inizio dell'età adulta, Juliet amò la stessa persona con tutta sé stessa. Ma l'amore, si sa, a volte non basta. Lo si può volere con tutte le forze, ma se non è scritto nel destino, ci sarà sempre qualco...