Casa.
Non feci in tempo a scendere dalla macchina che sentii una voce familiare pronunciare il mio nome svariate volte.
Mi voltai ed eccola lì.
La nonna!Era in piedi, vicino al garage, che ci aspettava.
"Vieni qui, cara della nonna, fatti abbracciare! Guarda che viso scavato che hai! Mangi come si deve?
Vieni subito dentro, ti ho preparato le lasagne, il pollo, le patate arroste che ti piacciono tanto... e anche il dolce! Ora ci penso io a te!".Scoppiai a ridere. La nonna era sempre uguale. Entrammo al piano inferiore della casa, dove abitava lei.
Ah, che fresco! Non ero mai riuscita a capire come, anche in piena estate, casa sua potesse essere sempre così arieggiata senza condizionatore, quando noi al piano di sopra eravamo costretti a tenerlo acceso per avere un po' di pace.
La tavola era preparata con il servizio migliore: solitamente, lo tirava fuori solo a Natale.
Di nuovo, stavo per commuovermi. Ero diventata troppo sensibile negli ultimi tempi.
Del resto, da molto tempo stavo da sola, avevo quasi dimenticato cosa significasse qualcuno che si prendesse cura di me.
Tutta quella premura, quelle attenzioni, mi scaldavano il cuore."Juliet vieni, portiamo le valigie di sopra finché non è pronto" disse mia madre.
La seguii in giardino, verso la macchina, la quale era rimasta fuori, di fronte al garage, per comodità.Davanti alla macchina c'erano tre persone ad aspettarmi.
Nicola, il mio fratello minore, che aveva 13 anni ed ormai mi superava in altezza di una spanna.
Fino all'anno prima potevo prenderlo in giro per essere più basso di me, ora non potevo più permettermelo!
Era così bello, con quegli occhi azzurri che avevo tanto chiesto a mia madre quando ancora aveva il pancione, come se fosse dipeso da lei!
Eppure, alla nascita, era biondo con gli occhi azzurri: esattamente come avevo chiesto io. Tutta la famiglia rideva ogni volta che qualcuno tirava fuori l'argomento: dicevano che avevo talmente pregato per avere un fratellino così che forse Dio mi aveva ascoltata.
E, naturalmente, il nome Nicola l'avevo scelto io!Accanto a Nicola c'era Adam, l'altro mio fratello, più giovane di me di tre anni. Adam era molto diverso da Nicola, aveva preso dal lato sardo del nonno. Era alto, di carnagione olivastra, con folti capelli scuri ed occhi color nocciola.
Aveva una bellezza puramente meridionale e si ergeva con tutta la fierezza di un giovane uomo di vent'anni.
Già: era un uomo ormai, non era più il fratellino con cui giocavo da bambina, facendo dispettucci a volte perché tanto "ero io la più grande".
Buffo. Ormai, io ero la più piccola dei fratelli!Ed infine, eccola. Kalinda.
No, non era mia sorella, anche se ormai la consideravo come tale.
Kalinda era la ragazza di mio fratello Adam, vivevano insieme da ormai un anno nel condominio davanti casa.
Eh sì, ad Adam, al contrario di me, piaceva la comodità e non era andato troppo lontano!
Kalinda era una ragazza di origini indiane e brasiliane ed aveva un anno più di me. Eppure, guardando la coppia, nessuno avrebbe indovinato lo scarto di età.La prima volta che l'avevo vista, ero rimasta colpita dalla sua bellezza. Decisamente, Adam aveva buon gusto. Aveva dei lunghi capelli nero corvino che le arrivavano in vita e che invidiavo, un fisico tonico e asciutto che le permetteva di essere perfetta indossando qualsiasi cosa. Ma soprattutto, imparando a conoscerla, avevo scoperto in lei una persona estremamente dolce e sincera, con cui avevo legato da subito.
Spesso uscivamo da sole, tra donne, e tra noi c'era una tale confidenza che avevo l'impressione di aver trovato la sorella che non avevo mai avuto.
Corsi verso di loro, che mi aspettavano a braccia aperte. Mi tuffai in mezzo a questa parte di famiglia e, avendoli visti tutti allo stesso tempo, non resistetti più. Era troppo.
Li strinsi a me e scoppiai a piangere.
Piangevo perché mi erano mancati, piangevo perché non ero più sola, piangevo perché consapevole del fatto che loro mi avrebbero sempre amata, loro non mi avrebbero mai lasciata.
Le lacrime scorrevano in un fiume incontrollato, quelle lacrime che avevo trattenuto a lungo, per troppo tempo, dicendo a me stessa di essere forte.Ma in quel momento non avevo più bisogno di essere forte.
Potevo abbandonarmi tra le braccia possenti e confortevoli dei miei fratelli, i quali mi avrebbero sempre protetta.Com'è bello essere a casa.
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Non mi vedrai cadere.
RomanceOtto anni. Per ben otto anni, ossia fino all'inizio dell'età adulta, Juliet amò la stessa persona con tutta sé stessa. Ma l'amore, si sa, a volte non basta. Lo si può volere con tutte le forze, ma se non è scritto nel destino, ci sarà sempre qualco...