Unione infernale

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Due ore erano passate da quando ero stata lasciata sola nella camera da letto, lo potevo chiaramente vedere dall'orologio dorato alla mia destra. Me ne restavo seduta dinanzi alla finestra, poggiando il capo pesantemente sullo schienale di una poltrona. Pensavo ed osservavo: vedevo quel cielo rosso sangue divenire sempre più nero, e le tenebre coprire tutta quello che doveva essere il suo regno. In mezzo a tutto ciò le sue parole mi riecheggiavano nella testa...

"Sarà il bello della mia richiesta, dammi il gesto d'amore più puro che vi sia, ed io sarò magnanimo con la tua terrena miseria. Ma ricorda: questa notte ti avrò ad ogni costo e non ti potrai sottrarre mai più ai miei desideri!"

Non c'erano neanche più lacrime che potessero uscire dai miei occhi: il dolore, la desolazione e il terrore pervadevano la mia anima. Non c'era nulla che potessi fare, ma dovevo pur cercare una maniera per poter salvarmi dalla dannazione eterna, almeno in parte. Tremavo al ricordo di quell'ultimo incontro, e sapevo che non stava certamente scherzando quell'essere... Lui.

La cosa che più mi sconvolgeva era però il fatto di essere attratta ancora un po' da quei lineamenti così angelici e demoniaci allo stesso tempo, ma ne provavo orrore, derivato forse da quello che mi stava facendo. La mente diceva di abbandonarmi a lui, ma la ragione aveva poi il sopravvento e quell'incanto spariva così come era venuto. Per quanto mi sforzassi non riuscivo a decidere quale fosse il gesto d'amore che volesse: voleva il mio corpo? Era già di sua proprietà, aveva avuto i miei baci, le mie carezze... e i miei rifiuti. Nei libri che leggevo erano questi i simboli di amore che sigillavano una promessa eterna, ma lui voleva di più ed io non sapevo davvero cosa fosse...

Stavo per abbandonarmi all'abbraccio di Morfeo, sperando di potermi allontanare dal mio incubo, quando tre colpi alla porta mi fecero balzare in piedi in preda all'ansia di chi poteva mai essere. Mi ero illusa che potesse essere Delos, venuto forse per un ripensamento, anche se in cuor mio sapevo che non sarebbe mai successo. Senza che rispondessi, dalla porta entrarono tre tetre figure: tre donne vestite di nero, il cui incarnato e sguardo pareva essere quello di un cadavere, meglio ancora di un morto vivente. Ne fui sorpresa: c'era qualcuno oltre me e lui dentro quelle mura, pur non capendo inizialmente il motivo della loro presenza lì.

Si avvicinarono mestamente, io rimasi immobile nella mia posizione con lo sguardo perplesso e dubitante, scrutandole in ogni minimo gesto. La più alta tra le tre fece un passo avanti, si inchinò mestamente e prese tra le mani quell'involucro bianco che mi accorsi solo allora, tenevano stretto fra le mani dal colore grigiastro. Lo posarono sul letto e vidi chiaramente che era un abito: il mio abito da sposa. Per avere delle risposte certe, per dare conferma alle mie ipotesi, presi coraggio e decisi di parlare...

"E' il mio abito da sposa quello, non è vero?" dissi spaventata.

"Sì, mia signora" rispose la donna che prima si era inchinata."Venite, il padrone ci ha ordinato di vestirvi per l'occasione, per il vostro matrimonio".

Avevo immaginato tante volte quel momento di vestizione, doveva essere il più felice della mia vita, dopotutto per una fanciulla indossare l'abito nuziale era uno dei desideri più attesi. Ma non per me, né in questa né in un'altra vita. Chiusi gli occhi e mi lasciai togliere i veli degli ultimi abiti terreni che avrei indossato. Mi fu levata ogni cosa, e mi si fece indossare una candida biancheria nuziale. Mi guardai allo specchio di fronte terminata quella prima fase, una delle tante che sapevo che mi sarebbero aspettate quel giorno. Indossavo un bustino steccato bianco con del merletto che mi fasciava la scollatura del seno, e un'ampia gonna di veli che terminavano in un intreccio di ricami di rose. Allora ricordai le sue rose, le parole che mi aveva rivolto e tremai spasmodicamente...

Il momento si avvicinava, ed io parevo ignara di tutto... Cosa mi avrebbe atteso una volta che lo avrei incontrato di nuovo? Che avrebbe fatto per suggellare quell'unione che tanto bramava? Chiesi di nuovo: era l'unico mezzo che avevo a disposizione, per quanto potessi essere sdegnata di utilizzarlo.

"Una volta che andrò dal vostro padrone" pronunciai le ultime due parole con amarezza, "cosa mi aspetterà? Che farà una volta che sarò con lui?"

"Purtroppo non ci è dovuto sapere" mi rispose la stessa donna "A nessuno che non sia un demone è dovuto sapere!"

Sarei allora andata all'oscuro di tutto? E se mi avrebbe concesso davvero ai suoi uomini, facendomi sperare in qualche sua ultima attenzione per me? Una lacrima mi scese lungo la guancia, ed in silenzio sopportati quella atroce tortura. Dopo poco tempo avevo indosso un meraviglioso abito bianco candido, in mezzo a tutta l'oscurità della stanza era qualcosa di estraneo all'austerità dei mobili e delle pareti. Era il più bello degli abiti, molto più etereo di quello che mi era stato predestinato nel mondo terreno, ma quell'alienazione aveva un significato: era il suo modo di vedermi così pura e casta, diversa da tutto ciò che lo circondava in quel luogo.

Appena finirono di maneggiare le stoffe, le donne posarono le loro mani sulle punte dei miei capelli ma le fermai quasi subito: non gli avrei permesso di toccare con la loro morte una parte di me, mi rifiutavo di assaggiarla prima che arrivasse il mio momento. Sentivo la tensione repressa fino ad allora farsi strada dentro di me, saliva in un tremolio dalle gambe fino a cuore, fino a mozzarmi il fiato ed impedirmi di respirare a sufficienza.

"Andate... Andate via!" rantolai quasi impartendo un ordine.

Prima che tutte si dileguassero a quelle parole, colei che mi aveva dato risposte mi fissò negli occhi, e accarezzandosi i capelli neri raccolti, puntò lo sguardo verso la specchiera alla nostra destra. Mi stava chiaramente dicendo mutamente di dovermi sistemare i capelli ma non perché fosse la prassi, nel suo sguardo lessi il vero perché: perché lui lo voleva. Una volta sola mi sedetti sullo sgabello di quella toletta sulla quale vi erano spazzole, profumi e fermagli di ogni genere; iniziai lentamente a lisciare le ciocche corvine con la spazzola più grossa. In qualche modo quell'azione mi trasmise calma e pace, mi ricordava uno di quei momenti felici in cui vivevo ancora nella mia casa e la domestica, Estelle, mi pettinava e al tempo stesso mi raccontava storie e tutto ciò che richiedevo. Rammentai anche quanto fossi stata ingenua a sperare nell'amore con l'uomo che mi era stato predestinato e stupida nel farmi narrare la sua vita di moglie felice ed appagata...


"Estelle, la vita è una cosa meravigliosa quando c'è l'amore. Tutto va al meglio quando ci si è trovati, non è vero?"

"Oh, piccola mia... Purtroppo non è così, con l'amore non si risolve quasi nulla... Tante volte per amore si compiono atti indicibili, ma grazie a Dio io non ho dovuto farne conoscenza..."

"E come sai che non ci sono problemi tra voi due? Come ci si può accorgere che l'altro non ha pesi sulla coscienza? Che è libero da mali interiori?" domandai una sera con curiosità.

"Sai, io e Marcus, appena lui rientra a casa, ci abbracciamo e ci scambiamo un sorriso. Solo in quel modo, dall'espressione dei suoi occhi e delle sue labbra capisco che non abbiamo nulla di cui temere"...



Ero rimasta ferma per alcuni minuti senza che me ne accorgessi, vedevo le mie iridi perse e consapevoli di aver trovato la risposta alla sua richiesta. Un sorriso ed un abbraccio di fiducia, nulla era più casto e puro: senza implicazioni né costrizioni fisiche e mentali. Era la mia unica speranza, se non l'avesse accettata sarei stata perduta per sempre. Lacrime sempre più pesanti e infuocate mi sconvolsero all'improvviso, e ricaddi appoggiata al marmo del mobile con il viso immerso tra le braccia. Singhiozzai a lungo, cercando di non far riecheggiare i miei lamenti poiché temevo che potessero giungere alle sue orecchie, e così fu.

Man mano che lo sfogo si placò, percepii il tocco leggero di una mano che partiva dalla base di capelli fino a scendere sulla schiena e risalire. Mi bloccai di colpo, sapevo che era lui ed era inutile farlo godere della mia disperazione, così alzai ed incontrai quei profondi occhi grigi riflessi nello specchio. Non c'era malignità nel suo volto, soltanto preoccupazione, forse delusione ma cercava ugualmente di mascherarla ai miei occhi con la fissa serietà.

"Non piangere... Guarda quanto sei bella Helena, non rovinarti con un inutile pianto che non ti salverà...Vieni! E' ora di andare!"

Mi porse la mano che, accogliendo la mia, mi dette sostegno per alzarmi; facemmo dieci soli passi in corrispondenza del grande specchio davanti il quale ero stata preparata, e proprio lì si era fermato. Con fare gentile mi girò verso di quello e fece aderire la mia schiena al suo petto, tenendo le mani premute su entrambi i lati steccati del corpetto. Indossava un abito nero con dettagli in pelle anch'essa nera, sovrastato da un lungo mantello di velluto con ricami argentei simili a quelli sul mio vestito...

"Sei esattamente come ti avevo immaginata nel tempo passato in tua assenza... Merito davvero un angelo come te?"

"Dove vuoi portarmi?" sospirai tenendo gli occhi bassi.

Avvicinando le labbra al mio orecchio rispose suadente "Lo scoprirai a tempo debito..."

"Cosa mi farai?"

"Oh! Lo scoprirai tra poco... Non preoccuparti..."

Mi voltò dalla sua parte ora, costringendomi a guardarlo nei suoi occhi bellissimi, nei quali mi ci sarei persa se non avesse interrotto il contatto. Mi asciugò con il dorso delle mani le quasi asciugate scie provocate dal pianto e le baciò con le labbra più dolci che una donna avesse mai potuto immaginare.

"Ricordi quello ti ho chiesto? Mi auguro che tu ci abbia pensato bene mia cara, o se ancora non lo hai fatto spero che questo ti ci possa far arrivare al più presto... Non voglio dovermi pentire di averti dato tutte queste attenzioni..." e appoggiò senza pressione alcuna la sua bocca sulla mia.

"Aspetta... Quale sposa non ha sulla testa un velo, e come potresti non averlo tu che sei la sposa del Demonio?".

Appoggiò sul mio capo un lungo velo bianco, contornato da ricami e merletti...

"Perfetto... " continuò "Così ti terrò lontana da occhi estranei e conserverò l'immagine del tuo volto solo per me..."

Passammo di nuovo per infiniti corridoi e infinite scale, ma raggiungemmo un'ala diversa di quell'immenso palazzo: un'area più antica, con statue di creature deformi, mostruose ricoperte da strati e stati di polvere. Alla fine giungemmo dinanzi ad un portone enorme, scavato nelle migliaia di iscrizioni in una lingua sconosciuta, coperte per la maggior parte da un intreccio di rovi di spine secchi simili a quello del giardino.

Vidi Delos fermarsi, e così feci pure io... Stava pensando a qualcosa, elaborava nella sua mente le parole che doveva dirmi prima di entrare...

"Non ti dispiace se non condivideremo questo momento da soli, vero Helena? Bisogna che vi sia un testimone alla nostra unione... Questa è la stanza più antica di tutto il castello, è il fulcro di tutto il mio regno. Dentro vi è una fontana di sangue, sangue dei miei avi, che tu berrai senza rifutarti... Ti ho avvisata, Helena, aspetto ancora quello che ti ho chiesto poco tempo fa..."

Aprì il portone e ci introducemmo in una piccola sala circolare dal soffitto altissimo, con una cupola aperta che lasciava filtrare la luce lunare; continuavo a camminare fino a raggiungere quella fontana dalle acque rosse posta al centro della stanza, e fu allora che vidi una terza figura farsi avanti nell'oscurità. Non tenevo più la mano di Delos, e mi bloccai sorpresa da quell'apparizione che mi sconvolse le interiora.

Era anch'egli un uomo, alto, magro, dai capelli castani corti e leggermente mossi, ed occhi celesti come il cielo che non sarebbe mai brillato in quel regno. Mi guardava come se per lui fossi un fantasma, credo che se avesse potuto mi avrebbe toccata per verificare che fossi davvero reale. Delos ci raggiunse, guardò seriamente lo sconosciuto e lo accolse con un sorriso per niente accomodante.

"Helena" si rivolse a me "Vieni qui, diamo inizio alla cerimonia..."

Mi misi dinanzi a lui, spaurita e tremante mentre aspettava forse quel gesto che tanto bramava... Fu in quel momento che dolcemente gli sorrisi mettendo tutto l'amore che avrei potuto provare in circostanze "normali" per un giovane così bello come lo era lui; lo abbracciai senza essere troppo invadente, e alzandomi con la punta dei piedi pronunciai questa frase al suo orecchio con totale trasporto...

"Mi abbandono a te... Guidami nella tua oscurità. Appartengo solo a te!"

Mi staccai per vedere la reazione che avevo provocato in lui: la semplice meraviglia gli si era dipinta nel volto, stupito dalle parole che avevo sussurrato, ma soprattutto leggevo la soddisfazione in quel ghigno che mi rivolse. Prendendo un respiro mi incatenò con le mani alla schiena al suo petto, facendomi inarcare il busto e premendo il seno sotto il tocco dei suoi respiri. Gemetti involontariamente al suo tocco, con impazienza tolse il velo che mi copriva il volto ed iniziò a dare baci impazienti alla base del collo, scendendo per la spalla scoperta . Respiravo a fatica al tocco umido delle sue labbra, ma un dolore lancinante uscito dal nulla mi pervase l'anima, era lui che mi stava provocando un male simile. Non potevo mollare adesso urlando per la sofferenza e dimenandomi, così mi aggrappai alle sue spalle tanto da riuscire a poggiare il mento; accettai quella sofferenza come un dono che mi faceva e lo contraccambiai quanto meglio potevo.

Non potendo più tenere gli occhi chiusi, li spalancai e lì vidi, dietro di noi, quel demone guardarci con quanto più odio era possibile, massacrandosi le mani tanto che i pugni sembravano far fuoriuscire le nocche diventate ormai bianche. Lo sguardo era iniettato di sangue, la bocca contratta e l'istinto di saltarci addosso era quasi irrefrenabile, tanto più che ora lo stavo osservando. Delos finì di torturami quasi subito, e bramoso di vedere i miei occhi mi liberò dalla sua presa, limitandosi a tenere le mani sulla vita. Aveva le labbra rosse, sporche di sangue, del mio sangue; trascinandomi con lui alla fontana di fronte, immerse le sue mani nelle acque sanguigne e raccogliendone un po', me le porse ed io bevvi quel liquido insapore che mi bruciava tutto il corpo. Sentivo anch'io le labbra sporche del sangue dei suoi avi, lavò via quello sporco prima con la sua lingua, poi con le sue labbra che si incollarono inevitabilmente alle mie, entrambe legate da un intreccio di lingue che lui aveva fatto iniziare.

"Helena... Helena..." mi sentii sussurrare, ma le forze mi mancavano e così svenni nell'abbraccio di colui che ormai dovevo considerare sposo...



Parve di risvegliarmi come quando mi ritrovai nella grotta, la stessa identica sensazione di scomodità causata dalla pietra. Non appena aprii gli occhi, venni sollevata da delle braccia che credevo fossero di Delos; mi cullarono, dondolandomi lievemente, ma solo quando sentii sussurrarmi una melodia sconosciuta compresi di non aver capito chi fosse il mio compagno. Nonostante avessi ancora la testa pesante, balzai da quella che doveva essere una panchina, mi guardai attorno e riconobbi la parte del giardino che Delos mi aveva mostrato appena arrivati. Lo stupore mi colpì quando vidi seduto sulla pietra il demone che aveva assistito al nostro rito, ora sorridente e affascinato da quella reazione...

"Chi siete? Cosa volete da me? Perché siete qui?" esclamai singhiozzando.

"Damien, il mio nome è Damien, Helena o come dovrei chiamarvi: mia regina..." si inchinò profondamente a quelle parole..." Non preoccupatevi, Delos è stato trattenuto da un piccolo inconveniente, ed io da buon amico sono venuto a controllare che voi steste bene. Vi raccomando di non dire nulla: il nostro sovrano odia quando gli si disubbidisce e vi prego di non farmi correre dei pericoli..."

"Perché mi ha portata qui, e non dentro il castello allora?"

"Voleva farvi prendere una boccata d'aria prima di passare la notte insieme, la vostra prima notte di nozze"

Sgranai gli occhi alla sua frase e lui alzandosi si fece sempre più vicino, tanto che potevo sentire il suo respiro sulle mie guance.

"Ed io sono venuto per vedervi un'ultima volta con la vostra purezza di angelo, con la vostra castità ancora intatta... E' raro che un'umana mi attragga così tanto come fate voi"

Lo guardai perplessa, e lui mi sorrise con affabilità.

"Voglio che serbiate un ricordo di me, Helena..." e con una carezza mi dette un bacio sulla guancia destra.

Ero impotente al suo potere, alla sua capacità di sedurmi che rimasi immobile finché non si allontanò nell'oscurità del sentiero.

Mi allontanai dallo stato di trance nel quale ero caduta solo sentendo altri passi avvicinarsi. Mi voltai e questa volta vidi Delos, immediatamente dietro di me, farsi avanti per baciarmi. L'incubo non era ancora finito.


Angolo autrice

Salve! Eccoci qui al quinto capitolo della mia storia! Grazie mille per le visualizzazioni e i voti! Non sapete quanto questo significhi per me... Ma veniamo alla parte più interessante.

Volevo avvisarvi che ho pubblicato il primo capitolo di un PREQUEL proprio riguardante Delos e questa new entry, Damien. Anche loro hanno un passato, e che passato quindi se volete andate a leggere!!! Lo scritto in questione si intitola "INIZIO" e spero davvero che vi piaccia...

Un bacione a tutti/e i miei lettori/lettrici!

Alla prossima!

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