Rewind

86 2 1
                                    

10.Harry non capiva dove si fosse cacciato. Aveva appena aperto gli occhi e attorno a lui si delineava un'oscura radura. Il suo cuscino era un masso e la sua coperta una montagna di foglie secche. Gli alberi alti e fitti coprivano ogni angolo di cielo ma era notte fonda, e si sentiva solo il canto lontano di un cuculo. Era convinto di essere già stato in quel posto, ma non avrebbe saputo dire quando. Si alzò appoggiandosi sui palmi, poi li strofinò sulla veste e si guardò attorno infreddolito. Sentiva parlare una voce femminile soffusa e gradevole, ma credette di essere vittima di un muffliato; il rumore era ovattato, come quando i Ghermidori erano passati accanto a lui ed Hermione durante il viaggio alla ricerca degli Horcrux, e le loro voci seppur vicine gli apparivano lontane a causa dei sortilegi difensivi. L'ascoltò parlare, indeciso, ebbro: gli era terribilmente familiare, tanto da aprirgli uno squarcio nel cuore. Sapeva, per un motivo inspiegabile, di essersi perso in un sogno e che quell'ambiente non era reale. Forse... forse era un ricordo? E quella voce femminile, così dolce, così suadente, era quella di sua madre?Improvvisamente il sogno gli si chiuse attorno fino a soffocarlo, per poi scomparire nel buio di una porta di legno massiccio. Era appena stato chiuso fuori da una stanza, nella sua mente, in cui credeva di non essere mai entrato. Tentò invano di riaprirla, non seppe girare la maniglia e si svegliò di soprassalto nel suo letto. Fece due profondi respiri, ancora disorientato. Agguantò la sveglia per scoprire che erano già le undici e mezzo. Imprecò fra due sbadigli. La sera prima non era riuscito ad addormentarsi; era preoccupato per Ginny, ma non aveva voluto dire niente per non inquietare la signora Weasley; inoltre, quella botta sulla nuca gli aveva impedito di mettersi comodo e aveva dormito malissimo.Si alzò con un gran mal di testa, frastornato e indeciso sul da farsi.



11.Hermione si svegliò con uno strano sapore dolce in bocca; si sentì avvolta da un odore familiare, e quando aprì gli occhi seppe di essere a casa. Saggiò le coperte per raggomitolarvisi sotto, quando al posto di un cuscino trovò un soffice ciuffo di capelli rossi.Si avvicinò al viso di Ron, e dopo averne respirato l'odore prese a baciarlo lievemente per svegliarlo. Il ragazzo grugnì soddisfatto, allungando un braccio per avvicinarla al petto.La sera prima erano tornati a casa tardi, di Ginevra non si era più saputo niente ma avevano tutti liquidato l'accaduto pensando che era troppo occupata e doveva sicuramente aver perso la passaporta. L'aveva quindi accompagnata a casa, ma l'ora e il malore di Hermione lo avevano convinto a passare la notte da lei. Era rimasto sconvolto, quando la ragazza invece di tergiversare – cosa penseranno i tuoi genitori di me?- gli aveva proposto semplicemente di dormire nel suo letto. Non era da lei farsi pochi scrupoli, eppure ora sentiva finalmente la situazione in pugno. Dalla guerra ad oggi, Hermione era sempre rimasta un po' schiva e la sua riservatezza aveva spesso minato alla loro relazione. Quel cambiamento improvviso per lui significava molto; che si fosse finalmente messa il cuore in pace? Hermione gli accarezzò i capelli ancora per qualche minuto. Adorava quel contatto, adorava non svegliarsi sola nel suo letto, e soprattutto era felice di non sentire nessun peso sul cuore nell'aver agito in quel modo. Grattastinchi saltò sul letto con uno scatto felino e venne a salutarla strofinando la fronte con la sua, e senza volerlo, quella di Ronald con la coda. Si misero a ridere e lo accarezzarono insieme, fino a che lui non richiamò l'attenzione sul fatto che era decisamente passata l'ora in cui solitamente riceveva la sua razione di cibo.Hermione fu la prima ad alzarsi.«Resta a letto, ti preparo qualcosa» gli disse, sorridendo con gli occhi.



12.Doveva essere pomeriggio inoltrato, quando Michael Corner apriva gli occhi da un sonno offuscante e ansimava debolmente, intorpidito; improvvisamente sentì un gran brivido freddo, nella calura della giungla, e ricordò ogni cosa: lavoro-sorpresa-paura-rabbia-indignazione-dolore-...Ginevra. Gin era con lui? Davvero? Quando si guardò attorno non vide nessuno. Preoccupato che le due merde vaganti non se ne fossero ancora andate, ebbe un guizzo ansioso e si alzò malamente a sedere per osservarsi le gambe; non aveva il coraggio di muoverle, il dolore che aveva provato il giorno prima gli faceva stringere i visceri al solo pensiero. Ingoiava l'aria rapidamente, nell'ombra umida della grotta, boccheggiando come un pesce. Un rumore roccioso attirò la sua attenzione, e per la paura contrasse i muscoli delle cosce. Niente. Non sentì alcuna fitta. Ginevra gli aveva aggiustato entrambe le gambe; si ritrovò a gattonare verso il bordo scheggiato che pendeva a strapiombo sul burrone; una raffica di vento gli spettinò i capelli e la pelle sudata gli si gelò, facendogli battere i denti. Il suo sguardo scuro saettò sui dintorni, e Gin era li, sullo strapiombo. Dannazione, era con lui, in Brasile. Era lì per lui? Impensabile. La ragazza era visibilmente occupata e gli dava le spalle, avvolta nei suoi capelli come in uno scialle, così si avvicinò ancora di più e lei sobbalzò per lo spavento. Ammiccò silenziosamente alle proprie gambe, e lei accennò un assenso. Sembrava abbastanza compiaciuta, e rincuorata dal suo risveglio, tanto che Michael perse l'aria burbera che gli apparteneva e si mise ad osservarla, con un po' di diffidenza, appoggiato alla parete rocciosa. Un lungo, ventoso silenzio rigenerante riempì l'aria attorno a loro, accogliendoli entrambi in un unico abbraccio. Per qualche minuto, Michael non disse niente; sentiva ancora la bocca impastata, e sembrava che anche Ginevra non avesse nulla da dire. Si accorse di aver smesso di rabbrividire. Il vento aveva asciugato ogni goccia di sudore, e ora gli afferrava le mandibole con pennellate tiepide, costringendolo a socchiudere gli occhi e strizzare le palpebre. Fra le ciglia, luccichii, bagliori, e Gin. Un secondo la vedeva, quello dopo vedeva la roccia, poi le fronde di un albero incastonato fra due massi scoscesi. Diamine, quella si che era una visione. Schioccò la lingua con soddisfazione e agguantò il cappello di panama che gli era scivolato via durante la lotta ed era andato a finire all'entrata della grotta.«Ti sei svegliato» «Sto meglio, grazie» gracchiò in tutta risposta, da dietro il cappello. «Grazie a te, sei praticamente guarito da solo, vero?» fu la sua risposta avvelenata. Ahia.Michael buttò indietro la testa sbuffando, indispettito ma abbastanza fiacco da non reagire. La osservò di sottecchi mentre faceva volteggiare un finissimo filo d'acqua lungo quasi un chilometro dal fiume che scorreva sotto di loro a una ciotola di foglie intrecciate fra le sue mani.«E così, l'incantesimo acuminato non era per uccidermi...»Ma Ginny, dopo un'occhiata eloquente – mi stai disturbando, Corner- lo ignorò completamente.«Ti sto parlando, potresti almeno fare finta di ascoltarmi»La ragazza finì di riempire la ciotola, poi con un gesto rapido e misurato tirò fuori un oggetto tondeggiante dall'aria Babbana dalle pieghe dell'abito.«Cos'è?»Lei lo osservò lampeggiare, con aria esultante, e stava per alzarsi quando Michael, improvvisamente avvicinatosi con uno scatto, le agguantò un polso. La bussola le cadde di mano e volò dritta giù nel burrone. La rabbia montò poco alla volta, sempre di più, travolgendola. Si ritrovò a balbettare, mentre strattonava il ragazzo per la camicia di lino lercia, scuotendolo come un sonaglio.«Sei... veramente... un'idiota Corner! Come credi che farò adesso per trovare un'altra Passaporta? Non ci voleva, non ci voleva, non ci voleva! Prima mi fai perdere quella per stamattina, poi distruggi ogni possibilità di trovarne un'altra!»«Come facevo a sapere che un gingillo Babbano poteva dirti come trovare una Passaporta?»«Quel gingillo l'aveva costruito mio padre!»«Bene, cosa vuoi fare? Andare a prenderlo? Vacci!»«Levati di torno, prima che ti affatturo!»«Avanti, Weasley...»«Ho detto LEVATI! Vuoi che vada a riprenderlo? Adesso ci vado. Per la barba di Merlino, adesso scendo questo fottuto pendio... mi fratturo il collo... e saremo tutti contenti, OK?»E proprio quando Michael si aspettava il colpo di grazia, lei crollò sulle proprie ginocchia, in lacrime. Scagliò la ciotola d'acqua contro la parete in un impeto di rabbia, e il contenuto si riversò a terra scorrendo in rivoletti fino ai suoi piedi. Michael era rimasto immobile. Non aveva idea di che cosa fare.«Senti, so che è colpa mia».Sì, lo è, pensava Ginevra infuriata fra le lacrime; non riusciva a pensare a come avrebbe fatto per ritrovare la bussola, e quel ragazzo l'aveva di nuovo messa nei guai. Inoltre non sopportava l'idea di avergli fatto un favore, quando si era ripromessa anni fa di non avere più niente a che fare con lui. Gli aveva aggiustato le gambe... avrebbe dovuto pestarci sopra finché erano ancora rotte e frantumargliele del tutto! Addio avventura, addio viaggi per il mondo...«Gin, ascoltami per favore» mormorò lui, prendendole le spalle, «scusa, sono stato uno stronzo».Lei non riuscì a rispondergli dalla rabbia; si vergognava terribilmente di aver pianto davanti a lui, così si divincolò e si asciugò le lacrime dagli occhi. Raccolse la bacchetta e appellò un paio di volte la Bussola. Niente da fare, o era rotta oppure la corrente del fiume l'aveva già portata così lontano da renderla irraggiungibile.Si avvicinò intimamente al ragazzo e gli strappò di dosso un laccio per legarsi i capelli; lui si lasciò sfuggire uno sbuffo ma non osò dirle niente. Era colpa sua se si erano cacciati in quella situazione, e lo sapeva bene; era colpa sua, anche, se lei era in quello stato e se lo era da prima di aiutarlo. Sapeva di averla spinta ad odiarlo prima ancora che tutto finisse fra loro. Era sempre stata "colpa" sua.«Gin»«Stai zitto un attimo. Senti anche tu delle voci?» Sussurrò lei, con la voce umida di pianto.Nel silenzioso cinguettio della giungla si sentivano distintamente il rumore delle cascate sottostanti... e una cupa, rozza voce maschile.Ginny stava per urlare e chiedere soccorso, ma Michael le tappò la bocca e imprigionandola in un abbraccio la costrinse a seguirlo in fondo alla grotta in silenzio. Un rumore di oggetti pesanti appena gettati a terra alla rinfusa la convinse che qualcuno, una decina di metri la sopra, aveva appena deciso di fare una pausa.«Michael, si può sapere cosa ti passa per la testa? Ti sei del tutto rimbecillito a forza di vivere nella jungla?»«Scema» sussurrò di rimando, senza mollare la presa su di lei.Le spalle fini e cosparse di lentiggini della ragazza non lo avrebbero intimidito se solo fosse stata più vestita e non fosse stata la prima donna che lui vedeva dopo mesi di vita da eremita.Deglutì, con il cuore rapido in petto, e la lasciò andare solo quando gli schiamazzi si erano allontanati abbastanza una decina di minuti dopo. Allora andò a riprendere la sua casacca e sfoderò la bacchetta. Se la ripulì sui pantaloni e li rattoppò con due colpi di Reparo. Cominciò a richiamare acqua, dalla zona sud dell'area scoscesa, quella opposta alla direzione presa dagli uomini; riempì una vasca immaginaria che galleggiava a mezz'aria. Ginny lo osservò con aria scettica ma un po' di curiosità.«Chi erano?»«Banditi»«Maghi?»«Sì». E cominciò a spogliarsi, un indumento alla volta, sotto lo sguardo confuso della ragazza.«Cosa cercano?»«Dipende da cosa c'è da rubare... è la seconda volta che li incontro da queste parti, ed entrambe le volte mi hanno portato via tutto...»«Potresti smetterla di...» Ginevra, cercando di guardare altrove mentre lui restava in mutande.«E tu potresti raccogliere la tua bacchetta e sorreggermi l'acqua mentre mi lavo?».Lei non rispose, ma obbedì, e quando Michael fu sicuro che lei sosteneva la massa d'acqua, posò la bacchetta a terra, nudo, e vi ci si immerse. L'acqua era fresca, lo rinfrancò; si muoveva lentamente al suo interno, come avvolto di una sostanza eterea; le cicatrici sulle sue gambe erano arrossate, ma non erano le uniche sul suo corpo. Ginny non riuscì a impedirsi di sbirciare almeno una volta; l'intero corpo del ragazzo era un fascio di muscoli.«Cosa mi avevi detto che facevi, di lavoro?».«Non te l'avevo detto» sorrise lui senza pudore, scoprendola a guardarlo.Si voltò di schiena e continuò a sorridere fra sé. Ginny mosse la bacchetta, e in un attimo lui si ritrovò in una massa gelida che si apprestava a solidificarsi.«Raccolgo legno magico e sostanze per bacchette... ora mi lasci andare, per favore?».Con una risata, Ginevra lo avvolse in una nube di acqua calda e vapore, provocando un grido di frustrazione.«Brucia, per dio! Vuoi fare qualcosa? Ahi... muoviti!»«Così impari a buttare la mia bussola giù da un dirupo» disse lei, sciogliendo istantaneamente la bolla d'acqua e rimandandola verso il fiume. Era ferma a mezz'aria quando il ragazzo, ora seminudo, le si avvicinò rapidamente con aria fintamente bellicosa.«E così, io avrei buttato giù la tua bussola?»Si ritrovarono a terra, la bolla d'acqua esplose su di loro infradiciandoli dalla testa ai piedi, e rotolarono ridendo sul pavimento della grotta.«Ahah... smettila dai... Misha, smettila!».Michael la sovrastava. Non aveva mai voluto vedere quanto era bella; si limitò a fissare i suoi occhi smeraldini per qualche istante, con una punta di... che diavolo era?, estasiato da quello spettacolo; illuminavano l'intera grotta... ma lui fece bruscamente ritorno alla realtà. Misha.Una miriade di pensieri e ricordi senza data gli affollavano la mente. Nessuno di essi si fermò abbastanza per essere rimpianto. Gli bastò scuotere la testa per sbarazzarsene. Lei, però, era reale. Ed era lì. Non sapeva quanto l'averla allontanata da sé l'avesse poi ferita, o forse non aveva mai voluto saperlo per non danneggiare se stesso; ma non poteva permettersi di riaprire una ferita in lei che forse sanguinava ancora. Si allontanò per sedersi un po' più in là, leggermente scosso. Nel cielo passavano rapide nubi, e come da una finestra poterono osservarle tutte attraversare l'entrata della loro grotta. Michael rimase seduto a lungo, con lei accanto, senza voltarsi più a guardarla; fissava un punto vuoto all'orizzonte.
Dal canto suo, Ginny non mosse più un dito. Sentiva di aver appena sprofondato entrambi i piedi in un deserto di sabbie mobili. Non stava andando nella direzione giusta, lo sapeva, e il battito frenetico del suo cuore ne era un'ulteriore conferma. Quelle risate, quel dolceamaro pizzicore al cuore erano un campanello d'allarme... non doveva aprire le porte ai ricordi felici. Inspiegabilmente, tutto il male che si erano fatti le sembrava lontano anni luce, ora che erano di nuovo insieme; desiderava essere in quel luogo, lo desiderava con tutto il cuore, perché lui era una persona luminosa e appassionata, perché le era proibito, e il senno l'aveva lasciato a chi il cuore non voleva seguirlo. In quelle terre, lontano da casa, lontano da Harry, non poteva soffermarsi a lungo sui suoi pensieri; agiva d'istinto, si riposava poco e bene, respirava aria nuova, saggiava la cruda realtà del mondo e se rimaneva invischiata in situazioni improbabili le affrontava di petto, anche se queste potevano significare la sua rovina.«È ora di andare, sei pronto?»Michael squadrò la ragazza che con aria risoluta gli tendeva una mano.«Ci puoi contare».Ginevra fece per usare la bacchetta ma fu preceduta dal ragazzo.
Michael si posizionò a gambe larghe, in posizione stabile, sull'orlo del burrone e sollevò la bacchetta al di sopra del fiume.Cominciò un complicato movimento di mani che finì per continuare con la sola bacchetta; arrancando all'indietro, i capelli spazzati sulla fronte da un vento che proveniva dal basso, prese la ragazza per l'avanbraccio e l'avvicinò a sé.
L'odore del fiume riempì loro le narici e ben presto l'acqua, in un turbine alto e imponente, li raggiunse e li sollevò fino a dieci metri più sopra.Atterrarono senza troppi danni con i piedi sul suolo, ma stavolta erano bagnati sul serio. Michael ebbe un po' di vertigini per la fatica ma tenne duro, e si voltò verso di lei, con una mano sulla fronte a mo' di visiera; la luce del Sole era bassa, aranciata, potente e s'infiltrava senza problemi fra i rami degli alberi, attingendo un colpo all'uno, un colpo all'altro dei suoi occhi scuri.Un paio di metri più in là, completamente illuminata dal tramonto, Ginny si strizzava la chioma in una lunga, interminabile treccia bagnata. Si scambiarono uno sguardo silenzioso, e distolsero entrambi gli occhi nello stesso istante, scottati dagli stessi pensieri e dagli stessi ricordi. "Per la miseria, guarda che spreco."Una bracciata di legna anonima giaceva bagnata ai suoi piedi."Che roba è?""Legno magico. Quello che ho raccolto io cercando quel dannato albero per settimane in questa dannata giungla... e ora è fradicio. Quel babbeo non è stato capace di...""...raccoglierlo tutto quando se n'è andato? Ma ti sei fatto mettere nel sacco da un Troll?""Non mi sono fatto mettere nel sacco da nessuno!" ringhiando."Sono stati loro a spezzarti le gambe?" chiese lei, prendendolo in contropiede.
Lui non disse niente ma annuì, scalciando la sua merce ormai inutile giù dal dirupo."Chi sono, Michael?""Penso siano gli stessi Ghermidori che scorrazzavano per il mondo alla ricerca del tuo fidanzato durante l'Occupazione del Signore Oscuro. Non avendo più un lavoro veramente remunerativo si sono ripiegati su qualcosa che non implicasse direttamente la loro pellaccia...""Dubito che siano venuti qui per caso.""..." il silenzio parlava da sé."Michael... ti hanno seguito?"Lui non rispose, le piantò gli occhi addosso con rabbia. Ginny, che aveva letto anche timore, in quegli occhi, si avvicinò piano piano e gli posò una mano sulla guancia. Michael non si mosse, ma guardò altrove, infastidito. Si vergognava. Di che cosa? Ginevra non aveva idea di cosa gli fosse successo, ma di sicuro l'avrebbe messo sotto torchio. Appena tornata a Londra avrebbe sottoposto il tutto a un'inchiesta del Ministero e avrebbe calcato sia con Harry che con Ron; era decisamente un lavoro da Auror. Chi erano quei ladri? E soprattutto, erano organizzati? Michael le aveva detto di essere stato braccato due volte da quegli individui e questo la convinse che non c'era niente di casuale nella loro apparizione in Brasile.Doveva assolutamente vederci più chiaro."Gin." Mormorò il ragazzo, indicando con lo sguardo la sua mano.
Lei si riscosse e la ritirò immediatamente.
Poi gli sorrise."Andiamo."Stava per fare buio, quando s'incamminarono lungo il sentiero a ritroso che portava all'accampamento dei maghi.
Gin era silenziosa, fin troppo. Michael sentiva la gola secca e non sapeva cosa dire; si era sentito così libero, fino a quel momento.
Al solito lei aveva guastato tutto; camminava davanti a lui, a piedi nudi e con le sue scarpe eleganti in mano assieme alla bacchetta, mentre il vestito le scivolava addosso completamente fradicio. Le onde di quel corpo fine erano un miraggio per gli occhi; Michael cercava di guardare la strada per non inciampare in qualche pianta, ma non la smetteva di perdersi nel verde sbagliato. Il mago si sporse in avanti per raggiungerla e le prese la mano. Sapeva che non poteva averla, perché non gli apparteneva e mai gli era appartenuta; non l'aveva neanche mai voluta. Aveva solamente bisogno di quella sua mano.
Ignorò con determinazione lo sguardo confuso della ragazza e allungò il passo, con lo stomaco che oramai gorgogliava sonoramente. Ginevra rise sommessamente; non si capacitava ancora della fortuna che aveva avuto.
Il suo migliore amico era di nuovo con lei. Quella sua mano fredda, ruvida e secca però le aveva annodato lo stomaco; aveva paura dei suoi sentimenti, del suo passato e di quello che poteva scaturirne se non imparava a trattenersi prima di oltrepassare la linea sottile su cui camminano tutti gli amici; un uomo e una donna che condividono tutto, o che l'hanno condiviso, sono destinati a una forma di collisione.Non aveva preso nessuna decisione, ma stava semplicemente ignorando la sua mente; non voleva sentire ramanzine, non voleva sentirsi in colpa; era da anni che sentiva il bisogno di vuotare il sacco, spiegarsi con Michael e chi tirava i fili nell'ombra del mondo le aveva appena dato una possibilità inaspettata quanto attesa.Arrivarono al campo, dove trovarono i ragazzi intenti a preparare da mangiare. Tia si precipitò verso la sua compagna, con ancora il cucchiaio di legno in mano, felice di ritrovarla. Era una giovane strega di colore, bella come un narciso e buona come il pane. Si erano volute bene subito, perché condividevano la stessa passione e gli stessi sogni. Ginny l'adorava; era quasi come se l'avesse conosciuta da sempre, e parlare con lei era facile, razionalizzava sempre ogni cosa e le sembrava tutto più chiaro quando poi ci ripensava da sola. La strinse a sé quando se la ritrovò addosso, un po' sorpresa e un po' no, per l'entusiasmo."Ginny, pensavo saresti tornata domani! Allora? Raccontami! Com'è andata a casa? Te li hanno dati quei famosi dolcetti inglesi di cui parlava tua mamma?""Tia..." cercò di fermarla lei, con un sorriso bieco."E Harry, come ha reagito?" Michael le scoccò un'occhiata insofferente. Era rimasto in disparte, ma accanto a Gin fino a quell'istante. Scostò la mano dalla sua e si avvicinò agli altri per chiedere se ci fosse qualcosa da mangiare anche per loro. Si ritrovò a chiacchierare con Daniel (Danièl, era "franciose") mentre lui cucinava per la truppa; era un ragazzo solare, ambizioso e gentile; parlava con voce stentorea del loro percorso e non la smetteva di fargli domande con quel suo accento a tratti ridicolo. Era sinceramente affascinato dallo stile di vita di Michael, che nonostante dicesse di essere un lavoratore stagionale trascorreva una vita da nomade in giro per i vari paesi, alla ricerca di oggetti rari e sostanze magiche.
Nel frattempo, Ginny aveva trascinato la ragazza verso la loro tenda, e mentre si spogliava e si metteva dei vestiti puliti ma slavati la rimbrottava senza remore."Come avrei potuto immaginare che tu avessi perso la Passaporta? Insomma, Ginny... io non ti capisco... e sai qual è la parte peggiore? Non mi sembri nemmeno tanto delusa di esserti persa il compleanno del tuo fidanzato.""Questo non è vero!" l'aggredì Ginny, che si morse il labbro subito dopo.Era verissimo. Era stata talmente presa dal presente che non si era affatto preoccupata di ciò che avrebbero potuto pensare Harry e la sua famiglia di quello che le stava succedendo."E poi, che razza di storia è mai questa? Ti ritrovi sul ciglio di un pendio per una giornata intera con questo tipo che conosci già, insomma una possibilità su un milione... lui... chi è?""Tia, tu devi promettermi una cosa...""Gin! Ti prego... questo ragazzo cosa rappresenta per te?""Era il mio migliore amico, ma...""Sì, ma ora. Ora, cosa rappresenta? È una minaccia, per voi due? Per tu ed Harry?""Tia, no...""Ti teneva la mano.""Sì. Ma anche da amici, eravamo molto intimi.""Che cosa intendi dire?"Ginevra soppesò per la prima volta il suo rapporto con Tia. Non perché lei fosse una persona inaffidabile o stupida ma nemmeno insensibile... semplicemente, perché non aveva mai parlato a nessuno del suo rapporto con Michael, nemmeno a Harry. Si vergognava, era ancora confusa, dopo tanti anni.
L'idea che qualcuno la sapesse così fragile l'aveva sempre spaventata. Fra lei e Harry, poi, era successo tutto un po' di fretta; non le era stato così difficile avvicinarsi a lui quando con Michael avevano preso strade diverse... certo, non l'aveva scelto lei questo... ma, insomma, diamine! Cosa stava pensando?
Era una persona speciale, sì, ma un amico. Solo e soltanto un amico."Tia, non saprei spiegartelo a parole" cominciò, e pronunciò una frase sottovoce con la bacchetta in mano, poi "ma se vuoi posso farti leggere questo."Una montagna di pergamene dall'aria curata, cucite da un lato in una specie di manoscritto le si materializzò in mano. La tese all'amica, con un po' di timore negli occhi. Tia capì immediatamente."Ti prometto che non ti giudicherò.""Grazie, amica.""Dai, fila a mettere qualcosa sotto ai denti.""Te lo affido, mi raccomando.""Non hai paura che qualcuno lo legga? Non hai messo nessuna protezione.""Posso evocarlo solo io, quindi non l'ha mai scoperto nessuno. E poi è solo una parte, questa." Le sorrise, prima di uscire dalla tenda.Tia guardò l'amica andarsene con un po' d'apprensione; sentiva addosso la tensione con cui la ragazza le aveva teso il diario, quasi fosse un pezzo del suo cuore. Mettersi a nudo in quel modo davanti a un'amica significava molto, e soprattutto significava che Ginny non poteva più portare quel peso da sola, e che aveva bisogno di un suo consiglio.
Sperò in cuor suo che non ci fosse nulla di troppo complicato, ma vista l'espressione di quel ragazzo temeva il peggio; sembrava così forte, combattivo, e al contempo così fragile... le ricordava proprio Ginny.

The Keepsake TalesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora