La passaporta

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6.Un caldo profumo di pan dolce si fece strada dalla cucina, e la signora Weasley fiutò immediatamente che era il momento di mettere la torta in tavola. L'agitazione era palpabile, Ginny, la sua bambina, sarebbe arrivata da un momento all'altro, e visibilmente gli ospiti non aspettavano altro. C'era Harry che sembrava perso in un'altra dimensione, poi accanto a lui George che discuteva con Ron e Seamus di Quidditch ma che continuava a lanciare occhiate al polso dell'amico per vedere l'ora; infine, Hermione; non alzava più lo sguardo verso nessuno e mogia guardava il suo piatto. Doveva essere fame, doveva. Così mandò Ron in cucina per sfornare la torta alla melassa, e si avviò in salotto a svegliare il marito che sonnecchiava accanto al caminetto in attesa che arrivasse sua figlia.Ai piedi del signor Weasley c'era una pila di regali per Harry e qualche vestito nuovo per Ginny con un sacchetto di dolciumi da portare in Brasile per i suoi compagni, al ritorno. Molly aveva pensato proprio a tutto, tranne a quello che stava per succedere, quella calda sera del 31 luglio.Ron si alzò di malavoglia e Harry lo seguì in cucina, complice la scia profumata e irresistibile che gli annebbiava la mente nonostante la quantità allucinante di cibo che aveva già ingerito in serata. Ginny non aveva detto a che ora sarebbe arrivata, anzi non ne aveva parlato affatto con lui, dato che non aveva un gufo per risponderle da casa, perciò tutte le notizie le aveva mandate alla Tana.Harry si mosse familiare in cucina e aiutò l'amico a sollevare quell'enorme torta dal forno rovente.
"Manca la glassa, aspetta" disse Ron, rubando una briciola fragrante e infilandola fra le labbra con soddisfazione. Si sciolse all'istante e l'assaporò con gusto. Fece scivolare da una ciotola una golosissima glassa rosa sull'intero dolce, senza tenere conto di alcuna proporzione che non fosse d'accordo con la sua ingordigia. Harry, ridendo, faceva il tifo per lui."Di-più! Di-più!""Ecco fatto""...perché Weasley è il nostro re...""Non ricominciare, o è la volta buona che ti meno, ex Capitano dei miei parastinchi!"E lo minacciò col cucchiaio su cui la glassa si era già cristallizzata a formare una golosa patina rosata.Tutto quel buon umore non aveva raggiunto la tavolata del salotto. Avevano tutti un'aria assonnata, era mezzanotte passata e la serata si faceva un po' troppo lunga. Il posto di Seamus era vuoto, ma nessuno si era chiesto dove fosse andato a finire quel disgraziato. Charlie, il fratello più vecchio di Ron, era seduto a capotavola e giocherellava con il proprio bicchiere; accanto a lui Bill e Fleur chiacchieravano sottovoce; dal lato opposto sedevano, uno di fronte all'altro, George e Hermione, uno scomposto e comodamente adagiato su due sedie, l'altra rigidamente costretta in una posizione di perfetta immobilità da più di un'ora. Nessuno dei due osava fiatare. Mancava qualcuno, a quel tavolo, e George lo sentiva, gli stracciava il cuore quel silenzio; non ci si abitua alla scomparsa della propria controfigura, del proprio fratello, dell'amico più stretto, più vicino di tutti. Così disse la prima cosa che gli venne in mente vedendo il viso pallido e stanco di Hermione, sperando di riportare un po' di brio e di spazzare quel freddo siberiano che gli aveva stretto il cuore per l'ennesima volta."Ron mi ha detto per voi due. Allora, è vero che ne parlerete stasera ai vecchi?" bisbigliò George con aria cospiratrice. Hermione si alzò improvvisamente, con la faccia di chi avesse ingoiato un limone. Il piccolo cuore di metallo sobbalzava sul suo sterno in preda ai suoi stessi battiti. Lo strinse in mano con forza."Torno fra un minuto" esalò, con un'aria bizzarra.Di certo, George si aspettava di tutto, ma non una reazione del genere.



7.

Hermione raccolse la borsetta di perline dalla sedia accanto alla propria e si avviò verso il piano di sopra per entrare nella prima camera che avesse trovato. Si ritrovò davanti al letto sfatto di Ron; sul davanzale della finestra c'era una boccia di vetro vuota, il vecchio Deluminatore e la sua bacchetta. I ricordi la sommersero; in quella stanza, strategie, ansie, affetti, paure, e ancora gioie, disappunto, e amori senza fine... Fissò lo sguardo davanti a sé e lo incontrò nel riflesso di uno specchio antico che ricopriva l'anta di un trasandato armadio a muro la cui vernice si scrostava a tratti lasciando intravedere un colorito scuro e indefinibile. Quell'armadio e quella stanza incorniciavano un ben triste ritratto di lei. Hermione si vide per quello che era, ed era peggio di ciò che temeva. Grottesca, falsa, serpe, mangiatrice di ricordi. Il suo cuore Grifondoro apparteneva a un passato sconosciuto; ora c'era solo un'oscurità accecante che le aveva tolto il soffio vitale dalla carne, e quel visino dagli occhi bugiardamente felici non l'incantava più.Non riuscendo a trattenersi oltre, scoppiò in lacrime. Un nodo alla gola troppo stretto da allentare le opprimeva il respiro, ma non portò nemmeno una mano al viso. Voleva vedere la vera sé, da vicino, per la prima volta in tanto tempo, e anche per l'ultima.Cercò a tastoni la bacchetta nella borsa, fra i libri crollati e oggetti in quel momento del tutto insignificanti. La bacchetta era scheggiata, ma la sua mano tremante non se ne accorse; la puntò al proprio petto e senza battere ciglio, si guardò per un ultimo, intenso minuto.Poi, sillabò l'incantesimo. Non sentì i passi di qualcuno dietro di lei, non sentì le sue grida soffocate. Vide tutto nero, tranne il proprio viso, una maschera dolce e nera, sfranta dal rimpianto, poi più nulla: "Oblivion..."Seamus non si sentiva all'altezza della situazione, e sapeva per certo che non avrebbe mai dovuto vedere ciò che aveva appena visto. La ragazza ora era accasciata fra le sue braccia, il viso rigato di lacrime ma sereno, vuoto.Espirò una nebbia fine, biancastra, che serpeggiò via da lei, verso il corridoio e le scale che portavano al piano di sotto. La piccola ruga di tormento che si era accomodata fra le sopracciglia della ragazza anni prima stava lentamente scomparendo sotto ai suoi occhi e lui non aveva idea di cosa significasse; le accarezzava la fronte disperato, in cerca di risposte nascoste, indizi velati nella stanza, sulle pareti, nel corridoio che poteva scorgere da lì ma da cui l'aveva vista pronunciare l'incantesimo senza riuscire a fermarla un attimo prima.Hermione aveva perso conoscenza, e lui non sapeva cosa fare. Decise che era meglio non parlarne con nessuno. "Hermione, perché?" mormorò fra sé, ancora sotto shock, mentre la stringeva al petto.Un paio di minuti dopo scendeva le scale con lei in braccio, un peso trascurabile e soffice quanto la stoffa di quell'abito scuro. Si vide correre incontro Harry e Ron; non rispose nulla per un po', incapace di farlo. Ingoiò un bicchiere d'acqua e uno di liquore prima di parlare. Si schiarì la gola."Penso che abbia avuto un malore, ero appena uscito dal bagno ma mi sono accorto di avervi lasciato la giacca, così ero salito di nuovo, e l'ho trovata a terra in bagno. Aveva perso i sensi""Ma... perché? Come..." Ron non si capacitava. "Aveva appena mangiato. Dovremmo portarla al san Mungo.""Portarmi dove?" mugugnò Hermione, svegliandosi.Harry, che si era allontanato a recuperare una spugna inumidita per bagnarle il viso, si accasciò improvvisamente contro il lavello con un fragore pazzesco e batté fortemente la nuca. Una nebbia fine si era appena sospinta fino al suo viso, e lui, involontariamente, l'aveva inalata.Perse anche lui i sensi e mentre un rivolo caldo gli colava nel colletto della camicia, tutto si rabbuiò."Cosa sta succedendo qui?" tuonò la signora Weasley, allarmata dal rumore, e precipitatasi immediatamente a controllare il ragazzo a terra. "Per Merlino, non saremo mai tranquilli in questa casa, vero?" singhiozzò in preda all'angoscia, alla vista del sangue di Harry, "ARTHUR!""Che c'è?""ARTHUR..." ripeté, minacciosa, con la voce spezzata.Dal salotto accorsero tutti quanti, e alla vista della scena si attivarono per riordinare e dare una mano a trasportare Harry sul divano. Borbottavano tutti sull'idea di chiamare un Medimago, ma aspettavano ancora che Ginny arrivasse e nel mentre gli avevano messo del ghiaccio sotto la nuca. Hermione era scossa ma si era ripresa; districò le braccia che la tenevano inchiodata sulla sedia e si alzò da sé. Prese docilmente la mano di Ron per raggiungere gli altri. Seamus li seguì con il cuore che gli martellava nel costato. Cosa era successo? Perché era stato coinvolto, ma soprattutto cosa era successo a Harry?"Harry, come ti senti?"Il ragazzo piagnucolò qualcosa di incomprensibile, poi strinse gli occhi e il viso divenne una smorfia di dolore. Molly guardò rapidamente Arthur con l'occhiata tipica di quando cerca rassicurazione. Arthur annuì silenziosamente, poi si avvicinò al giovane mago e gli posò una mano sul viso."Hai male?""Terribilmente... alla fronte.""Eppure hai dato una botta di nuca... non capisco.""Fa male...""Molly, prepara un decotto per favore.""Ok, ok, sto meglio... sto bene." si precipitò Harry, che all'idea di ingoiare qualche medicina aspra aveva qualche remora. Si sentirono tutti più sollevati, ma Hermione sembrava quella più tranquilla. Era da un po' di tempo che nessuno l'aveva vista così allegra. Il viso era morbido, le lacrime avevano formato strie leggere perché per sua fortuna non si era truccata; il suo dolore, lancinante e subitaneo, non l'aveva scorto quasi nessuno. E il sorriso di sollievo che aveva avuto, alla vista della smorfia disgustata di Harry che non voleva bere il decotto, l'aveva tranquillizzata. Ron le stringeva ancora la mano con forza, timoroso. Non si capacitava di quella strana combinazione di sfortunati eventi, eppure non riusciva a immaginare come potessero essere correlati. Ben presto tornarono tutti al tavolo, stavolta con un po' d'impazienza. Era passata un'ora dal compleanno di Harry, ma di Ginevra non c'era ancora nessuna traccia, e l'orologio della cucina aveva appena spostato su "pericolo mortale" la lancetta della cadetta dei Weasley.

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