Step 7 - La caccia alle streghe

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1938, Cervarolo – Valsesia

La giovane ragazza, denominata inconsciamente "strega", era rinchiusa in un vecchio capannone disastrato, ad aspettare la sua tragica fine.

L'avevano portata lì la settimana prima e, da allora, le era stata negata la luce del sole; non ricordava nemmeno cosa si provava, a sentire il lieve tepore del sole, sulla pelle. Ormai era priva di forze, il suo corpo deturpato dalle costanti violenze fisiche che subiva e la sua mente dilaniata dalle orribili maldicenze, che le venivano rivolte. L'avevano definita una strega, ma lei non lo era...o per lo meno, non nel senso che loro indicavano.

Sin dalla tenera età, la giovane aveva coltivato una forte passione per le erbe curative e, questo, dalla stolta gente del villaggio, veniva definito "stregoneria". Senza nemmeno processarla, l'avevano condannata alla morte sul rogo, davanti agli occhi di tutti.

Le avevano lasciato una settimana di vita (sempre se essere rinchiusa senza nutrimento e sotto maltrattamenti, poteva definirsi vita) per concederle di riavvicinarsi a Dio e morire in pace, ma la settimana era passata e l'indomani, sarebbe morta. Tutti la disprezzavano, la deridevano ingiustamente e lei, non poteva fare nulla per impedirlo; doveva tacere e sopportare.

Quel giorno, i due uomini a guardia del capannone, dopo aver abusato di lei, avevano deciso di allontanarsi visto che, anche se avesse voluto, la ragazza non sarebbe mai potuta fuggire, immobilizzata da delle solide corde e troppo debole per reggersi in piedi. Lei aveva accettato la sua morte, nel momento in cui l'avevano catturata e aveva coltivato un odio viscerale nei confronti di tutte le persone, perdendo qualsiasi sentimento benigno. Di lei non era rimasto altro che il male, l'odio e la rabbia.

Nessuno, a parte le guardie, si avvicinavano al capannone, ma quel giorno un bambino, innocente e puro, incuriosito dalla capanna, aprì la porta e si avvicinò alla ragazza "Ciao, chi sei?" le chiese con quella voce acuta e stridula; la ragazza non rispose, ma si limitò a osservare il bambino curiosa "Perché non parli?" le chiese ancora, lei si inumidì le labbra e, con voce roca, rispose "Rachele, il mio nome è Rachele" il bambino le sorrise "Io sono Christopher" aggiunse "Come mai hai quelle corde?" chiese di nuovo "Certo che sei proprio curioso" questa volta fu lei a sorridere, dopo tanto tempo. Il bambino la osservò e disse "Sei molto magra..." constatò "È molto che non mangio" sussurrò sconsolata "Oh, poverina...avrai molta fame allora!" esclamò, Rachele annuì e il bambino aggiunse "Aspetta un secondo" poi uscì dal capannone, lasciandola di nuovo da sola, con i suoi pensieri.

Dopo non molto Christopher riaprì la porta del capannone sorridente, si avvicinò alla ragazza e la liberò dalle corde "Ma che stai facendo?" chiese lei sconvolta "Ti libero le mani, così potrai mangiare queste" rispose porgendole qualche prugna. Rachele osservò i frutti di un viola intenso e delle lacrime le rigarono il volto "Perché piangi?" le chiese il bambino "Perché sono felice!" rispose lei asciugandosi le lacrime; quelle prugne rappresentavano una speranza per lei, la speranza che il futuro sarebbe cambiato, che le perone conservavano ancora la gentilezza.

L'indomani Rachele fu bruciata sul rogo, lei fu l'ultima vittima della caccia alle streghe. Rachele morì felice perché sapeva che il genere umano aveva una speranza di mutare, in meglio; lei sapeva che la sua morte sarebbe stata l'ultima di quell'orribile tragedia.

Ok, fa abbastanza pena...ma non mi è venuto in mente altro. Sono in un mega ritardo con la pubblicazione e chiedo umilmente scusa XD. Un Bacio Raffaella

La penna creatriceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora