capitolo 5

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-Marco, dove li prendo dei soldi?- ero al poligono del tiro con l'arco.
-Noi figli di Apollo e quelli di Dioniso li guadagniamo al magazzino, perché?
-Devo prendere delle cose per il viaggio- non riuscivo ancora a credere che quella sera saremmo partiti in sei per un'impresa guidata da me. Proprio io, che ero arrivata al campo da così poco tempo, avrei dovuto guidare i grandi Percy Jackson e Annabeth Chase in un'impresa, senza neanche aver ricevuto una profezia.
-Te le pago io- mi propose Marco con un sorriso.
-Oh. Va bene, grazie.
-Cosa ti serve?- mi chiese mentre ci avviavamo.
-Veramente non lo so... cosa potrebbe servirmi per l'impresa?
-Dunque... vestiti, soldi, cibo, un'arma, una torcia, nettare e ambrosia. Queste sono le cose principali, credo.
-Allora mi serve... tutto- conclusi ridendo. Lui mi sorrise. Alla fine comprai solo qualche altro vestito in più, perché il resto ce lo avrebbe dato Chirone prima della partenza.
-Grazie mille per i vestiti, Marco. 
-Non c'è di che. Mi piace passare il tempo con te.
Arrossii violentemente. -Ci... ci vediamo stasera. 
-A dopo- mi salutò facendomi l'occhiolino. Posai i vestiti nuovi sul mio letto e uscii, diretta verso le fucine.
-Silvia!- chiamai gridando perché mi sentisse.
-Sono qui.
Mi avvicinai a lei, stava forgiando un pugnale.
-Ho un disperato bisogno di una spada e un pugnale- esordii. -Mi chiedevo se potessi farmi una spada simile a quella di Percy, che diventa piccola e può tenerla in tasca.
-Avevo in mente anche io una cosa del genere. Ho già un progetto, vieni che te lo faccio vedere.
Mi mostrò un disegno complicatissimo. -Dovrò prenderti delle misure per la spada, ma il progetto in sé è semplice. Sull'impugnatura c'è un tasto, e quando lo premerai diventerà uno smartphone. Per farlo tornare una spada, dovrai premere il tasto in centro. Potrai usarlo come telefono normale, ma solo per le emergenze, ovviamente. Purtroppo ci vorrebbe un pizzico di magia per far sì che il telefono torni nella tua tasca come la penna di Percy, ma ho chiesto alla capogruppo della casa di Ecate e mi ha risposto che dovrei pagarla per farmi fare questo servizio.
Ero sbalordita. Insomma, la spada di Percy era magica, ma come caspita avrebbe fatto Silvia a creare dal nulla una spada e trasformarla in un telefono? Mistero.
-Che ne dici?- chiese lei ansiosa.
-È perfetta. Fantastica. Riuscirai a farla entro questa sera?
-Sì. Dovrò andare al Bunker 9, forse salterò la cena, ma sì.
-O miei dei, grazie mille- esclamai abbracciandola. Lei rise.
-Vieni, devo prenderti le misure.
Mi misurò gambe, braccia, busto, testa, mi fece tirare i pesi e un sacco di altre cose strane.
-Puoi andare, ho tutto il necessario.
-Buon lavoro.
Non sapendo cosa fare, andai nell'armeria per vedere se sarei riuscita a raccattare un pugnale e un fodero. Vi trovai Andrea.
-Ehi, ciao- mi salutò. Io sorrisi in risposta.
-Pronta per stasera?
-Decisamente no- risposi ridendo.
-Abbiamo una bella squadra, non devi preoccuparti. Anche se non capisco come mai tu abbia scelto me. Io sono inutile, in confronto agli altri del gruppo.
-Non è vero. Abbiamo bisogno di te se vogliamo rubare qualcosa. Io ho bisogno di te. Sei il mio migliore amico, non potevo lasciarti qui.
-Sono il tuo migliore amico?
Annuii in risposta, arrossendo lievemente. Lui sorrise e cambiò discorso.
-Come mai sei qui?
-Stavo cercando un pugnale e un fodero.
Mi portò verso un angolo dell'armeria dove c'erano parecchi pugnali accatastati. Ne presi uno e me lo rigirai tra le mani. Lama lunga venti centimetri e in bronzo celeste, impugnatura comoda e ricoperta di oro finto.
-Credo che questo potrebbe andarmi bene.
Andrea mi porse un fodero e mi aiutò ad assicurarlo in vita, poi ci infilai il pugnale e uscimmo dall'armeria.
-Tu cosa ci facevi qui, invece?
-Non lo so. Cercavo qualcosa che non ho trovato.
Lo guardai, in attesa di qualche spiegazione, che però non venne.
Passammo il resto del pomeriggio insieme ad allenarci a scherma, e presto il corno suonò per annunciare la cena. Bruciai un po' di zucchine per mio padre. -Poseidone, aiutami per quest'impresa, ne avrò bisogno- mormorai.
-Caspita, mi sono dimenticato di farti fabbricare una spada decente!- esclamò Percy a metà cena.
-Oh, non ti preoccupare, ci ho pensato io. Ho chiesto a Silvia.
-A proposito, dov'è?
-Starà lavorando, mi aveva avvisata che per finire avrebbe dovuto saltare la cena- gli spiegai. -Quasi quasi le porto qualcosa da mangiare.
Mi alzai e andai a prendere un piatto e un bicchiere. Pensai che nei libri c'era scritto che passassero le ninfe e i satiri con i vassoi, ma qui c'è solo un'enorme buffet. Riempii il piatto di carne e pizza, poi andai verso il bosco. Sapevo dov'era il Bunker 9 perché Silvia me lo aveva mostrato ieri, ma morii di paura ad attraversare il bosco al buio e armata a malapena di un pugnale che non avevo mai usato. Comunque arrivai sana e salva. Era aperto, così vi entrai senza esitazione. Era un posto enorme. Quando me l'ero immaginato era molto più piccolo e decisamente meno fornito. Qualunque cosa ti servisse per fabbricare qualcosa, lì lo avresti trovato. Sicuramente. C'erano trapani, seghe, pezzi di metallo, boccette contenenti liquidi chimici particolari, disegni di progetti non ancora svolti. E Silvia era china su un tavolo, ad avvitare una vite minuscola in un congegno stranissimo. Se mi avesse chiesto in quel momento cosa credevo che fosse, avrei risposto un uccello di metallo.
-Silvia- la chiamai. Lei sobbalzò, ma quando mi vide sorrise, mostrando i denti bianchissimi.
-Ciao!
-Ti ho portato la cena. Non sapevo cosa prenderti, quindi ho optato per una costina, una coscia e un'ala di pollo e due pezzi di pizza.  
-Va benissimo, grazie. Non me lo aspettavo proprio.
Prese il piatto e iniziò a mangiare di gusto.
-Ho praticamente finito- annunciò fra un boccone e l'altro. -Devo solo assemblare i pezzi e infilare un microchip che ho già preparato.
Me lo indicò. Rimasi lì con lei mentre mangiava, così saremmo potute tornare insieme alla mensa.
-Partiremo dopo il falò- le spiegai. -Hai già lo zaino pronto?
-Sì sì.
Guardò il suo orologio olografico -sì, proiettava l'ora e anche altre cose come le pagine internet, e tu, come se fosse stato uno schermo di un tablet, potevi cliccare e digitarci sopra.
-Abbiamo un'ora, più o meno- determinò lei. Finì l'ultimo pezzo di pizza e tornò a dedicarsi al suo lavoro. Io la osservai. Era concentratissima e probabilmente non si accorse del mio sguardo che guardava attento ai minimi dettagli le sue mani che si muovevano esperte sul metalli e su quelle vitine così piccole. Dopo circa mezz'ora si alzò soddisfatta.
-Adesso devo solo riordinare e assemblare i pezzi, poi la spada sarà tua.
Girò qualche leva, spostò e incastrò una ventina di pezzi in meno di due minuti. E, alla fine, quando adagiò un sottile vetro sul congegno, finalmente sembrò un telefono. Sembrava un Samsung, un S4. Me lo porse.
-Schiaccia il tasto in centro.
Lo feci. E in meno di un secondo il telefono era diventato una spada. Lunga circa settanta centimetri, in bronzo celeste, leggera e manovrabile, a doppio taglio. L'impugnatura sembrava fatta apposta per la mia mano -cosa, in effetti, vera- ed era di un colore indefinito tra il grigio chiaro e l'azzurro, c'era un tridente nero sopra, e subito sotto un tasto. Rimasi ad ammirare la spada per almeno un minuto.
-Allora? chiese lei ansiosa. -Va bene? È troppo lunga? È troppo pesante? La senti comoda?
-È fantastica. Davvero, questa è la mia spada. È... perfetta. Davvero.
Schiaccia il tasto e quella tornò un telefono. Abbracciai Silvia. -Grazie- le mormorai in un orecchio. Lei mi strinse di rimando.
-E adesso siamo pronte per partire!- esclamò sciogliendo l'abbraccio e dandomi il cinque.

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