Capitolo 8

115 11 8
                                    

Sentivo Andrea armeggiare con il motore dell'auto, mentre gli altri erano rimasti di guardia intorno al parcheggio. Era un parcheggio piuttosto piccolo, ci stavano giusto quaranta macchine, ed era circondato da alberi, tranne un lato che corrispondeva a quello di un giardino per cani. Anche se sembrava isolato, però, eravamo molto vicini a un centro abitato, e chiunque avrebbe potuto vederci.
Mentre mi preoccupavo sempre di più, Andrea continuava a lavorare sul motore della Fiat bianca che volevamo rubare. Un Freemont, per l'esattezza, a sette posti.
-Marty- mi chiamò. -Puoi passarmi il cacciavite a stella? Quello più piccolo.
Ravanai nella cassetta degli attrezzi e glielo diedi. Lui mi porse la torcia.
-Puoi tenermela? Punta qui- mi chiese indicandomi un punto pieno di cavi. Lo feci, e lui riprese a lavorare. Guardai l'orologio: erano le quattro e mezza di mattino.
Dopo pochi minuti, Andrea staccò una scatoletta dal cofano.
-A cosa serve?- domandai.
-Questa si chiama centralina: serve a riconoscere la chiave che viene inserita per permetterne l'accensione. Senza questo, potremo accenderla con una chiave abbastanza comune.
Lo scrutai in volto, e notai che aveva una macchia nera sullo zigomo. Alzai una mano per pulirlo, poi la bloccai quando vidi il suo sguardo curioso.
-Sei sporco- gli spiegai. Iniziai a passargli il pollice sulla guancia, ma riuscii solo a espandere la macchia. Sbuffai e gli sorrisi.
-Scusa, sto facendo un disastro.
Sorrise anche lui. Mi accorsi in quel momento che eravamo vicini.
Molto vicini.
-Andrea, hai finito?
Sobbalzammo entrambi e la torcia mi scivolò di mano, così mi chinai per raccoglierla. Sospirai mentre Andrea parlava con Percy.
-Quanto tempo mi rimane?
-Fra mezz'ora circa sarà l'alba, e dovremmo trovare un albergo abbastanza lontano da qui.
-Va bene, mi basta. Ho praticamente finito.
Percy si allontanò e Andrea mi guardò.
-Hai una forcina per capelli?
Io mi misi a ridere. -Funziona davvero?
-Si, certo- rispose disinvolto. Sfilai una forcina dalla treccia elaborata che avevo creato mentre lui lavorava sul motore e gliela porsi. Dopo pochi secondi, la porta si aprì. Lo guardai meravigliata. -Vado a chiamare gli altri.
-Si. Io metto in moto.
E poco dopo tutti dormivamo stravaccati sui sedili dell'auto rubata, mentre Percy guidava sull'autostrada per la Romania.

Quando mi svegliai erano le sette e mezza, e mi stupii che gli altri riuscissero a dormire con il sole in faccia. Non mi mossi, perché ero sdraiata sui sedili con Silvia, che aveva una mia gamba tra il braccio e la pancia, e la faccia pericolosamente vicina al mio gomito, incastrato sotto il suo collo. Tirai su la testa di poco, giusto per vedere Percy, l'unico sveglio, alla guida con delle occhiaie da far invidia a Voldemort. Provai a districarmi e per fortuna Silvia non si svegliò, ma quasi cadde per terra. Mi misi a sedere e appoggiai la testa sul sedile centrale. Essendo un'auto a sette posti, nella parte anteriore e quella posteriore c'erano due sedili, mentre in quella centrale tre. Io e Silvia eravamo schiacciate in quella posteriore, mentre Marco e Andrea in quella centrale. Quando abbassai lo sguardo e li osservai, mi accorsi che anche nel sonno avevano mantenuto le distanze. Andrea non si fidava di Marco,  e sembrava che a Marco non andasse a genio Andrea.
-Dove siamo?
-Sinceramente? Non lo so proprio. Ma adesso esco dalla tangenziale e cerco un albergo, perché sono sfinito.
Marco, al suono delle nostre voci, si svegliò.
-Ehi- mi salutò sbadigliando. -Tutto ok?
Io annuii, poi presi il telefono dalla tasca e cercai l'albergo più vicino, in modo da dare le informazioni a Percy riguardo la strada. Uno dopo l'altro ci svegliammo tutti, e ben presto ci ritrovammo nello squallido atrio di un hotel a due stelle. La vecchia e decrepita segretaria -che grazie agli dei capiva l'inglese- ci passò svogliatamente tre chiavi e ci indicò, senza parlare, le scale. Non che ci potessimo perdere, eh. Quella hall era più piccola della mia camera dell'orfanotrofio!
Ci accordammo per svegliarci alle sette di quella sera e ci dividemmo. Io e Silvia, Marco e Andrea, Percy e Annnabeth. Silvia, che non aveva aperto bocca, si addormentò dopo pochi minuti. Io no. Mi girai e mi rigirai, ma mi sentivo osservata. Mi legai i capelli in acconciature complicate, poi feci l'inventario e ascoltai un po' di musica che avevo trovato sul telefono. Ma niente di tutto ciò mi aiutò a calmarmi. Allora infilai le scarpe, presi il pugnale e uscii da quella stanza.

Bene bene bene, sono tornata con un nuovo capitolo... Volevo farlo più lungo ma poi succederanno cose e non volevo che succedessero subito, quindi aspetterete:)
Che sia chiaro, so benissimo che non si può aprire una macchina con una forcina per capelli, ma ci stava troppo;)

IncrociDove le storie prendono vita. Scoprilo ora