-State attenti- si raccomandò Chirone. -Non fate niente di avventato, Martina è già sui giornali, quindi non attirate troppo l'attenzione.
-Io cosa?!- esclamai.
-I tuoi genitori addottivi hanno denunciato la tua scomparsa, non te lo ha detto nessuno? Comunque farò in modo di... ehm... fargli dimenticare tutto.
Sono ancora leggermente scossa dal fatto che la mia faccia sia sul giornale, ma d'altronde sono una semidea figlia di uno dei pezzi grossi. Capiteranno spesso cose di questo genere... finché sarò ancora in vita.
-Martina, puoi venire un attimo qua? Vorrei parlarti in privato.
Mi avvicinai a Chirone e ci appartammo mentre gli altri chiacchieravano nervosamente. Mi appoggiò una mano sulla spalla e si abbassò per guardarmi negli occhi.
-Ascoltami bene. Mi dispiace che tu debba partire subito, ma so che sei pronta per questo, qualunque cosa sia. Ho solo paura che tu.. ti faccia trascinare dalle emozioni, ecco. Un po' come hai fatto quando hai scelto chi portare con te in questa missione.
Sentii le guance andare in fiamme. La mia ultima scelta era stata impulsiva e guidata dalle emozioni, e Chirone mi stava chiedendo proprio di non farlo più.
-Non posso prometterle che non accadrà più, perché sono molto emotiva. Ma ci proverò.
Il vecchio centauro annuì, come se fosse d'accordo.
-Adesso andate. Non vorrei sconvolgere la vostra tabella di marcia.
Tornammo verso il gruppo e Percy mi scrutò preoccupato.
-Sei pronta?
Feci un respiro profondo prima di rispondere. -Sì.
Marco intrecciò la mano con la mia, imitando Percy e Annabeth. Mi sentii in imbarazzo ed ebbi la tentazione di tirarla via, soprattutto quando lo notò Andrea, che distolse in fredda lo sguardo.
-Andiamo, allora- ci spronò Silvia, tutta allegra. Salì sul suo pegaso e rimase a guardarci mentre facevamo lo stesso, Percy e Annabeth sopra Blackjak, io con Birillo. I cavalli alati fecero così una piccola corsa per avere lo slancio, e così si librarono in volo. Mi voltai un'ultima volta verso il Campo Mezzosangue, la mia unica vera casa fino a quel momento, e verso Chirone, che agitava sconsolato una mano in segno di saluto.
Andrea si avvicinò con il suo pegaso al mio, in modo da poterci parlare senza che nessun altro sentisse.
-Ho fatto un sogno la scorsa notte.
-Ah. Non lo hai detto a nessuno?
-No, io... le uniche persone di cui mi fido siete tu, Annabeth e Percy, ma loro non li conosco bene. Non so. Marco... ho come la sensazione che ci tradirà, ma è solo una mia sensazione.
-E Silvia? Nemmeno di lei ti fidi?
-È... troppo esuberante, troppo... felice. Ma non lo so, magari mi sbaglio.
Rimanemmo in silenzio per un attimo, a osservare il mare e il luccichio della luna che si rifletteva su di esso. Ero curiosa di sapere che cosa avesse sognato, ma non volevo mettergli fretta, o cosa. Il silenzio tra di noi si era fatto sempre più ingombrante, mentre la consapevolezza di essere l'unica persona di cui Andrea si fidasse ciecamente mi trapassava a ondate.
-Ho sognato una voce- mi spiegò finalmente lui. - Ha detto...
-Ragazzi, da questa parte, dobbiamo atterrare!- urlò Percy proprio in quel momento. Così i nostri pegasi si divisero per permetterci l'atterraggio. Non mi ero nemmeno accorta che fossimo arrivati. Eravamo su una spiaggia vuota, togliendo qualche coppia che si baciava sul lungomare e qualche bambino che si rincorreva fra le sdraio. Scendemmo dai cavalli alati e quelli ci augurarono buona fortuna, o almeno così capii io. Ci riunimmo di nuovo in gruppo per decidere dove andare.
-Blackjak e gli altri ci hanno lasciati qui perché il porto è ancora piuttosto affollato- ci spiegò Percy. Ci spostammo tutti insieme verso il ponte che portava alla strada, piena di turisti con sacchetti e gelati in mano. La strada, purtroppo, era illuminata dai lampioni, e i negozi aperti di certo non ci erano d'aiuto. Ci demmo da fare per non farci notare, e con successo devo dire. Due giapponesi ci guardarono straniti, ma il resto delle persone ci passava affianco senza notarci troppo. Io, in ogni caso, tenevo la mano infilata in tasca sul telefono, nel caso dovessi difendermi. Dopo un centinaio di metri vedemmo in lontananza le barche, con le loro vele bianche e i nomi dipinti sullo scafo, illuminate dai lampioni. Troppi lampioni.
-Fermiamoci un attimo in un bar- propose Marco. E così entrammo tutti nel primo bar che ci capitò. Capimmo subito di aver fatto la scelta sbagliata: quello non era un bar in cui entrano dei quindicenni. Pieno di fumo di sigarette e uomini stempiati, grassi e ubriachi. Qualcuno fischiò verso di noi, ma non ci facemmo caso. Andammo dritti verso il bancone, dove un ragazzo sui vent'anni, alto e castano, ci guardò sospettoso.
-Salve ragazzi- esclamò squadrandoci tutti. -Cosa volete?
Rimase con lo sguardo puntato sul mio viso, mentre io guardavo gli altri in cerca di qualche aiuto. Diventai subito rossa, e balbettai qualcosa come "Io uno Spritz". È alcolico, è vero, ma sono abituata a bere di tanto in tanto, e poi quella roba è buona, e sono sicura che questo barista non rifiuterebbe niente a nessuno davanti alla possibilità di guadagnare qualche soldo. Iniziò a mescolare i vari ingredienti, ma non mi toglieva gli occhi di dosso. Percy mi si avvicinò con fare protettivo. -Noi andiamo a sederci.
E ci portò verso un tavolo nell'angolo. Mi sedetti con la faccia rivolta verso la porta, in modo da non vedere quella del barista. Marco e Silvia si sedettero davanti a me e si misero a fissare entrambi il barista in modo sospettoso, Percy e Andrea ai miei lati e Annabeth a capo tavola.
Sta arrivando, mimò Silvia con le labbra, rivolta verso Percy. Lui infilò una mano in tasca dove sapevo esserci Vortice. Il ragazzo si avvicinò e mi porse il bicchiere con il cocktail, poi andò verso il tavolo di fianco al nostro per togliere le bottiglie di birra abbandonate.
-Non saremmo dovuti venire qui- sussurrai all'orecchio di Andrea.
-C'é qualcosa che non va. Sbrigati, così ce ne andiamo in fretta- mormorò lui in risposta. Portai il bicchiere alle labbra e buttai giù un sorso. Era più alcolico di quello che bevevo di solito, e aveva un retrogusto strano, quasi come se ci avesse messo del cacao amaro dentro. Ne bevvi ancora, fino a vuotare il bicchiere.
-Vi porto il conto?- mormorò una voce al mio orecchio, e io sobbalzai. Non era la voce del ragazzo. Era più... sibilante. Qualcosa mi toccò sul collo. Tutti mi fissavano terrorizzati, incerti su cosa fare. Quel "qualcosa" mi spostò i capelli. Adesso tutti fissavano il punto in cui, sicuramente, c'era una testa di serpente. Perché la cosa che mi aveva spostato i capelli dal collo era certamente la sua coda. Rimasi immobile, mentre gli altri guardavano con attenzione la bocca del serpente che si muoveva e mi bagnava il collo con la sua lingua biforcuta.
-Sse volete che la ragazzza rimanga viva, faresste meglio ad andarvene. Il mio veleno può esssere fatale, se raggiungessse la vena che c'è proprio qui, ssul collo.
Mi sembrò quasi di sentirlo ridacchiare.
-La vuoi come ostaggio- constatò Annabeth.-Perché?
-Non mi cosstringere a parlare, figlia di Atena. I miei denti potrebbero sscivolare per ssbaglio ssu quessto bel collo. E il mio padrone non ssarebbe contento sse la uccidesssi.
Il mio padrone. Quelle parole mi rimbombarono nella testa, mentre scivolavo fra le tenebre, come se un sipario fosse calato su di me per coprire qualsiasi luce su questa terra. E mi accasciai sulla sedia, priva di sensi.
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Incroci
FanfictionMartina è una ragazza come tante altr... No, riformulo. Martina è una ragazza problematica. È stata espulsa da tutte le scuole ed è stata adottata da cinque famiglie diverse. Ma lei si sente a suo agio solo quando legge. Da buona lettrice, capisce s...