••• Capitolo 3 •••

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Benvenuti a Populonia.
Mi ero posato sulla testa un Borsalino di feltro nero, a tesa larga, e un grande paio di occhiali tartarugati.
Philip stava stringendo la mia mano, mentre ce ne stavamo sdraiati sulla scarsa sabbia della costiera rocciosa, quando uno schizzo d'acqua gelata mi colpì in pieno petto.
Alcuni raggi di sole illuminavano l'acqua. Verde, azzurro, blu, argento.
Avevo aperto gli occhi, e l'immagine di Emily in costume da bagno mi si era formata con un turbinio di colori confusi e luccicanti.
- Vieni a fare il bagno, sfigato! - mi aveva urlato contro, sistemandosi il costume blu a pois bianchi, dall'aria vagamente retrò. I capelli sciolti le incorniciavano il viso.
Mi ero abbassato il cappello sugli occhi - Non ho il costume. E l'acqua è gelata-
- Dai, togliti la maglia e vieni a divertirti! - mi aveva supplicato.
Ed ero crollato. Lei e il suo stupido potere di persuasione.
Mi ero alzato e mi ero tolto la maglia, poi le infradito, il capello e gli occhiali.
Ed ero corso verso le onde, incurante degli sguardi stupiti dell'anziana coppia di sposi seduti a guardare il panorama- che per l'uomo era mia sorella.
- E Philip? -
- Sta dormendo, ed è praticamente all'ombra. Che male c'è a divertirsi un po'? -
Ce n'era eccome. Mi ero ripromesso che non l'avrei più fatto. Divertirmi era sbagliato.
Forse quello era il difetto dei genitori troppo giovani. La voglia- e la necessità- di vivere ancora la loro vita, a prescindere da quella legata al proprio figlio. Il bisogno di provare emozioni personali che non puoi provare prima dei trent'anni.
Avevo lanciato uno sguardo all'orizzonte. Così vicino eppure così lontano.
Un gabbiano bianco e grigio aveva fatto una piroetta aggraziata, le grandi ali stese lungo il corpo mentre si lanciava in picchiata verso il blu. E poi ne erano arrivati altri, tutti stridevano e si affiancavano per vincere la corsa al cibo. "Aringhe saporite. Saporite e grasse."
E io li avevo seguiti tuffandomi nell'acqua fredda, dopo tanto tempo.
E avevo dimenticato il sapore del sale sulle labbra, l'odore pungente delle alghe color malva. Della vita.
E mi ero sentito parte del mondo, dopo tanto tempo.

Ancora bagnati e madidi di sudore avevamo attraversato la Principessa- come l'aveva chiamata Emily-, una strada talmente bella da mozzare il fiato.
Il sole era ormai tramontato, e Philip aveva aperto un occhietto color pistacchio per manifestare la sua fame. E le proteste erano diventate insistenti. Sempre di più. E ancora più forti.
Morale della favola, ci eravamo fermati da McDonald in una città piuttosto carina, chiamata Cecina.

Emily stava imboccando Philip quando il suo telefono aveva cominciato a vibrare.
- Pronto? -
Silenzio. Anche mio nipote sembrava aver esaurito la sua instancabile cascata di parole senza senso.
Un brusio sommesso, che sembrava piuttosto concitato, proveniva dall'altro capo.
L'espressione di mia sorella era indecifrabile.
- Ne parliamo a casa- aveva chiuso, sibilando minacciosa.
Si era presa la testa tra le mani, poi aveva sorriso a tutti e due con fare leggermente esausto.
- Non è niente, Noah. Era solo Trevor che mi chiedeva dove siamo finiti- aveva risposto alla mia muta domanda. Ma qualcosa in lei aveva tradito un non so che di falso.
Avevo finito il mio Crispy Mcbacon in silenzio, lanciando di tanto in tanto un'occhiata a Philip, e dando un sorso alla mia Coca Cola light.
Emily si era alzata per pagare, ma io l'avevo fermata con un mezzo sorriso, non del tutto sincero.
- Lascia stare, pago io. Non so dove spendere i soldi, sennò. A volte non mi entrano nel portafoglio-
Lei aveva alzato appena un angolo della bocca giovane, solcata da crepe di dolore.
Pagati con i miei nuovi euro, avevamo fatto ritorno mestamente all'auto di mia sorella, Philip a metà strada tra il sonno e la veglia abbarbicato alla mia spalla, un leggero venticello che ci sussurrava parole dolci ma spiacevoli. Il mio diceva "non sarai felice". E per una volta mi ero sforzato di credere che non fosse vero.
La musica degli Smiths era adatta all'atmosfera. Davvero deprimente ma in qualche modo piacevole. Il silenzio era riempito dagli accordi tristi di Asleep.
I want to go to bed...Don't try to wake me in the morning...
Poi un dito esile e nervoso aveva premuto il tasto di spegnimento. E il mio muro di cristallo era crollato, frantumandosi in mille pezzettini color del cielo invernale.
- Guarda Phil. Sta dormendo? -mi aveva chiesto con voce esitante, mentre svoltava verso destra, schivando appena una Opel scura.
Nel cielo erano sorte le stelle. I puntini del grande puzzle degli dei.
-Dorme, perché? - avevo risposto, lanciando un occhiata allo scimmiotto riverso sul seggiolino rosso, la bocca aperta in un delicato cuore.
- Mi fermo un attimo-
Stavo per replicare, ma lei aveva già accostato in uno spiazzo dall'aria degradata.
Aveva fatto un respiro profondo, poi si era voltata verso di me, gli occhi strabordanti di lacrime.
- Cos'ho che non va, Noah? -
- Tu? Mi chiedi che cos'hai che non va? - avevo esclamato sottolineando il "mi" con l'indice rivolto verso il mio cuore. Piccolo e solitario cuore d'acciaio.
- Noah... davvero non capisci cosa sto cercando di dirti? -
- Che non ami Trevor? Che Philip è figlio di qualcun altro? Che io sto male? Cosa vuoi dirmi, perché sinceramente non riesco a scegliere l'argomento, tanti che sono-
Lei era sbiancata mortalmente, le labbra in preda alle convulsioni - No-Noah...no-
- O forse volevi dire che non mi vuoi, perché in ogni posto dove vado porto dolore a tutti? -
Ed era così, l'avevo appena provato, trattando una delle due persone che mi erano rimaste nel peggior modo possibile.
Lacrime silenziose avevano bagnato il suo viso, come veleno che scorre su una rosa bianca, appassendole i lineamenti. Poi la rabbia l'aveva posseduta.
- Sai cosa volevo dirti, stronzo ingrato che non sei altro? Volevo dirti che ho amato qualcuno. Qualcuno che non vedo da due anni, qualcuno che non mi ha mai ricambiato del tutto. Volevo dirti che ti sono vicina, che so cosa vuol dire essere innamorato di qualcuno e perderlo, che so cosa significa vivere nella menzogna-
Una faccia meravigliosa, senza sorriso sulle labbra ma felice, mi si era formata nella mente, così come la volevo ricordare, ma che non corrispondeva alla realtà.
- Spiegati meglio-
- Io...io ero innamorata di Mattew Tyson-
Mattew Tyson. Occhi scuri, capelli ambrati, laureato alla Columbia.
- E ...Philip...Phil è suo figlio? Lui è lo stronzo che ti ha messo incinta e ti ha lasciata sola? Tu eri innamorata della persona che ti ha obbligato a vivere con qualcuno che non ami? -
Lei aveva fatto una risata amara- Mi sono sempre innamorata delle persone che mi hanno fatto più male. Come del resto la mamma. Come te-
- Spero che ti accorgerai quanto ti ama Trevor il più presto possibile, sorella- avevo sussurrato prima di arrivare a casa, abbastanza piano da farla rabbrividire.

Ed eccomi alla fine del terzo capitolo.
Sono così felice di scrivere questa storia!
Altra domanda: materia preferita?
La mia é l'inglese,anche se amo la letteratura, e il prossimo anno parteciperó ad uno scambio interculturale a Londra.
Un bacio,
Joxxx

Young & Unclean - Giovani e ImpuriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora