Capitolo 10

53 16 3
                                    

16 luglio Los Angeles
Non esiste cosa più bella di una vittoria: rimango senza respiro, ma so che ho fatto di tutto per meritarmelo, quindi ringrazio me stesso e la mia ambizione sfrenata.
E non importa se è una vittoria retorica, come la conquista di qualcosa di astratto, come la fama, o una materiale. Sto sempre alla grande, e tutti attorno a me se ne accorgono.
Quando abbiamo vinto, due giorni fa, io e Balthazar ci siamo abbracciati strettissimi, troppo sconvolti per parlare o per sorreggerci da soli.
Papà, non ho mai incontrato nessuno in grado di farmi stare bene come lui: penso che sia l'amico stretto che ho sempre voluto per sentirmi me stesso.
Capisce sempre come mi sento, e le sue parole riescono sempre a farmi stare meglio.
Prima della finale, ad esempio, ero talmente nervoso che sono scoppiato a piangere; così lui mi ha sussurrato di stare tranquillo, e che sarebbe stato lì, a due passi da me, solo per aiutarmi.
E l'ha dimostrato soprattutto dopo, a casa.
Eravamo sfiniti, ma ancora eccitati dopo il party post-vittoria, così abbiamo deciso di tornare al garage, e continuare da soli - beh, Anita compresa- la festa.
Adam ha portato alcune lattine di birra, che ci siamo scolati in meno di dieci minuti.
Ricordo di aver baciato Anita, ma lievemente, come se fosse stata un'amica. Eppure mi sono sentito strano, ho provato la stessa sensazione di quando Emily, da piccolo, mi faceva fare una cosa ricattandomi, e io mi sentivo obbligato.
Dopo, siamo rimasti solo io e Balthazar, a casa: Anita se n'è andata quasi subito dopo il bacio, leggermente delusa, mentre i miei compagni di band hanno preferito dormire, forse per l'ultima volta, nei loro letti.
La mamma ci ha abbracciato per due lunghi minuti, lacrime leggere scendevano dai suoi occhi stanchi.
Abbiamo piantato una tenda rossa che usavamo quando andavamo in campeggio, che ha il tetto trasparente per vedere le stelle e il pavimento rigido come se fosse un materasso particolarmente comodo.
I suoi piedi racchiusi da un paio di calzini neri mi sfioravano le caviglie, ne potevo sentire il battito regolare che si propagava martellando.
- Ricordi i nomi delle stelle che ti ho insegnato? - mi ha chiesto, ad occhi chiusi, congiungendo le sue mani affusolate dietro la nuca bionda.
Ho annuito deciso, e gli ho dimostrato che era vero indicandogli l'unica costellazione visibile tra quelle che mi aveva elencato meticolosamente.
- La freccia di Prometeo- abbiamo detto all'unisono, ridacchiando subito dopo.
- Proprio lui. Sai chi era Prometeo? -
Dopo pochi secondi ho risposto, fissando la luce fioca della stella.
- Prometeo era un Titano-
Balthazar ha annuito. - Lui ha donato al mondo degli umani il fuoco, per far sopravvivere la specie che gli dei dovevano governare, e per questo è stato legato ad una montagna dove gli veniva divorato il fegato da un'aquila gigante ogni giorno. -
- Scommetto che è opera di Zeus...- ho detto sarcastico, facendolo ridere per un secondo.
- Esatto. Ma quello che più mi piace è il sacrificio. -
Ha preso una pausa. - Prometeo ha salvato il mondo per amore, pur sapendo che Zeus l'avrebbe condannato ad una tortura terribile. Ha scelto di far vivere quello che amava, invece di sé stesso. Anche se non è mai veramente morto. Ma apprezzo il gesto, ecco. -
Nel silenzio che è seguito, ho meditato sull'argomento, e soprattutto sul perché avesse scelto di raccontarmela.
- Ti voglio bene, B. - gli ho detto.
- Anche io, No'. Anche io...-
Ho spento la lanterna, e ho chiuso gli occhi per dormire.
- No'? -
La voce flebile di Balthazar mi ha richiamato.
- Si? -
Silenzio. - Niente...-
Ho aspettato un po', poi ho borbottato un - Buonanotte, Balthazar. -
- Notte, N.-
Ho cercato di dormire, ma non ci sono riuscito, troppo impegnato a capire dove fosse andato Balthazar per tutta la notte, dopo che ha controllato se stessi dormendo, oppure no.
NOAH

-

Young & Unclean - Giovani e ImpuriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora