9. I need to tell you a story

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Quando arrivai a casa e fui da sola mi resi conto davvero di quanto fosse stata stupida la mia reazione. Jen era l'unica che fin da sempre aveva voluto il mio bene,e forse anche questa volta stava agendo per amore.

Presi il cellulare e digitai velocemente il numero.

«Pronto?» La sua voce squillante risuonò nel telefono

«Ehi,Stesy,come va?»
«Meravigliosamente! Non hai idea di quante cose ci siano da vedere. È tutto fantastico,che non hai idea,credimi. Sto facendo un sacco di foto che poi ti farò vedere. Uh,e si mangia benissimo..» Disse una parola attaccata all'altra che quasi non riuscivo a capirla.

«Mi fa piacere sentire che ti stai divertendo». Mi mancava davvero tanto.
«Tu? Come te la passi?» mi chiese.
E in quel momento mi diede l'aiuto che stavo cercando.

Avrei voluto risponderle di essere felice,avrei voluto raccontarle delle risate che mi sarei fatta se lo fossi stata davvero. Avrei voluto poterle dire di essere spensierata e di star vivendo la mia vita al meglio. Ma non potevo. Perché non era vero. Perché io,la mia vita,la stavo sprecando.

«Bene,ma ora devo scappare» mi chiese ancora se stessi bene,e poi mi salutò.

Attaccai e il telefono cominciò a squillare nuovamente.

Era un numero che non avevo in rubrica.

«Pronto? Chi è?»

«Sono Dylan» Mi ero completamente dimenticata di lui e del fatto che avesse assistito alla sceneggiata.

«Oh,come hai il mio numero?»
«Me l'ha dato Jen,ma non penso sia questa la cosa importante.»

Aveva un tono completamente distaccato,che non riuscivo a decifrare.

«Di cosa vuoi parlare allora?» Lo sapevo benissimo di cosa volesse parlare,ma provare a sviare la situazione ancora una volta non poteva nuocere.

«Senti,io sto tornando a casa ma se vuoi possiamo incontrarci e discutere di tutto quello che sta succedendo.»

Mi resi conto che forse era l'ora di svelare qualche carta e permettergli di conoscermi. Di conoscere la mia storia.

«Passa da me. Da casa di Jen continua ad andare dritto verso la spiaggia,alla prima traversa svolta a destra. La prima casa bianca...è la mia.»

Parlai velocemente per evitare di indugiare o continuare a pensarci su.

Lui non mi rispondeva. Silenzio. Un silenzio che mi faceva male alle orecchie e mi stordiva il senno.

«Ti aspetto» Continuai io.
«Va bene.» E attaccò il telefono.

L'attesa mi diede quel tempo di pensare che cercavo di evitare prima,e i dubbi su cosa fosse giusto fare mi stavano assalendo. Avevo bisogno di una tregua da me stessa.

Feci le pulizie,accesi il televisore,andai in camera,riordinai i miei libri,e spensi la Tv. Il tempo scorreva troppo lentamente.

Sbirciai dalle tende del soggiorno se fosse arrivato qualcuno. E lo vidi.

Era fermo sul mio vialetto,con un'espressione che esprima curiosità stampata sul viso,mentre scrutava l'edificio. Non mi meravigliai. Quella casa era su tutti i giornali di dieci anni fa. Forse lui ricordava qualcosa.

Corsi verso la porta e l'aprii. Lui mi guardò mantenendo quell'espressione. E io rassegnata dissi:"Vieni dentro. Devo raccontarti una cosa."

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 20, 2015 ⏰

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