Fu una notte di pioggia.

Quando la pioggia cessò

Erano le due di notte, la strada era bagnata, le luci dei lampioni mettevano in risalto le goccioline ancora presenti sui parabrezza delle macchine posteggiate affianco alla strada, aveva piovuto molto, ma aveva smesso da almeno un'ora.

L'aria era secca e pungente, l'umido era sparito assieme alle nuvole.

Nel quartiere non c'era già più nessuno, la città era dominata dal silenzio, in lontananza si sentivano due cani abbaiare: botta e risposta.

Ogni volta che inspiravo mi si congelavano i polmoni, ma non avevo freddo, camminavo ormai da molti minuti e mi ero scaldato, iniziavo a sudare.

Quella notte aveva qualcosa di strano, non si vedevano le stelle, non si vedeva la luna, solo la luce gialla dei lampioni, angosciante e rassicurante allo stesso tempo.

Quel silenzio era surreale, sembrava che la città fosse morta.

Immaginai di essere solo al mondo, come in quegl'incubi in cui ci ritroviamo in assenza di tutti i nostri cari e li cerchiamo allo stremo delle forze.

"Una notte da dimenticare"

Non riuscivo a pensare ad altro, come se avessi dovuto ricordarmi di scordare qualcosa, il paradosso per eccellenza.

Quel vuoto non aiutava, per quanto potesse rilassare, faceva rimbombare i pensieri nella testa.

Un gemito lontano richiamò la mia attenzione, timoroso e curioso allo stesso tempo rallentai il passo e mi diressi nella direzione dalla quale proveniva.

Cercai di fare meno rumore possibile, ma sull'asfalto bagnato risultava assai difficile, dovevo svoltare a destra in un vicolo, il cuore batteva a mille, sapevo che mi sarei cacciato nei guai.

Feci capolino con la testa, ma non vidi nulla, nel frattempo un altro gemito risuonò nel silenzio tombale della notte, proveniva da un portone poco più avanti, la curiosità era incontenibile, dovevo andare.

Mi guardai intorno e trattenni il respiro.

Svoltai nel vicolo e andai in direzione del portone con passo felpato, e una volta giunto davanti ad esso, il cuore per poco non mi lasciò.