11. Chat

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Quando riaprii gli occhi ero sdraiata in un letto. Non capivo perché non fosse il mio però. Guardai alla mia destra e... oh, no...! Ancora quell'asta! La bottiglietta capovolta e il tubicino che scendeva giù verso il mio braccio incerottato per bene. Un fastidio tremendo mentre tentavo di muovermi e tutto formicolava... Prurito, forte prurito proprio laddove il cerotto mi stringeva l'avambraccio. Al mio fianco, sulla sinistra, una ragazza. Sembrava Agatha ma non l'avrei giurato con la testa che trottolava furiosamente facendomi annebbiare la vista.

-Ye! Ti sei svegliata! -disse drizzandosi. -Vado a chiamare Nat!

-No aspetta... -la fermai appena in tempo prima che schizzasse come il sasso lanciato da una fionda. -Perché sono di nuovo qui?

-Perché sei svenuta un'altra volta.
Sai, dovresti smetterla di fare questi brutti scherzi! Mi hai spaventata a morte e non sai che colpo ha preso Nathan quando ti ha vista sdraiata sul pavimento!

-Ah, sì, ora ricordo...! Eravamo chiusi là sotto... e poi?

-E poi Johnny, il bel Johnny... -specificò. -...ha cercato di rianimarti sollevandoti le gambe...

-Come come?! -arrossii vergognandomi. -...No...! Davanti a tutti?! Lui mi ha sollevato le gambe davanti a tutti?!

-Certo! Che doveva fare? Allontanare i condomini per soccorrerti?! In realtà li ha fatti spostare perché non occupassero l'aria e ti lasciassero ossigeno nei polmoni ma comunque erano tutti lì che parlottavano tentando di capire cosa ti fosse successo. Credevamo... -si interruppe mentre le tremava la voce. -Credevamo che anche tu... avessi fatto la fine di Tracy...

Restò in silenzio con occhi grandi, incastonati nei miei. Le si inumidirono e schiarendosi la voce, tentò di mandare giù un groppo che le si era incastrato in gola e in un istante avvicinò il suo viso al mio.

-Non farlo più! -disse in modo quasi minaccioso. Restai immobile, spiazzata da quella che, a suo modo, era una dimostrazione di affetto. Tra l'altro inaspettata, visto che non eravamo abituate a esternare esplicitamente i nostri sentimenti.
Il nostro era sempre stato un rapporto basato sul gioco, sullo scherzo, sulle risate. Mai c'eravamo dette che ci volevamo bene. Eppure sapevamo tutte e due che era così. Ci amavamo come sorelle, sorelle dello stesso sangue. -Non farlo più. -ripeté con voce più dolce, spezzata da un sorriso che parlava più di mille parole.

-Agatha... -sussurrai senza neanche pensarci. -...Ti va di abbracciarmi?

Non esitò nemmeno un attimo e, facendo attenzione a non schiacciarmi, si strinse a me. Fu così emozionante che iniziammo tutte due a tremare. Sapevo che sarebbe durato poco. Sia io che Agatha eravamo piuttosto imbarazzate, quindi cercai di godermi il più possibile quell'abbraccio.

D'un tratto Agatha balzò in piedi, sorridendo emozionata e rossa in viso. Tentai di smorzare il disagio.

-Come abbiamo fatto ad uscire da quella prigione...?

-Oh... dobbiamo ringraziare mio padre. Sapeva che mia madre aveva un impegno importante e vedendo che non tornavamo su è sceso a controllare. Quando gli urlavano tutti come pazzi di liberarci, ha chiamato l'esercito!

-Oddio...! -premetti la mano sulla mia pancia tentando di tenerla ferma. Il letto sobbalzava ed io mi sentivo così debole da non riuscire nemmeno a ridere.

-E hanno trovato la chiave?

-No. È misteriosamente scomparsa, proprio come l'assassino. Sono passate ore fino a che la polizia ha interrogato tutti.

-Lo so. Ormai sono esperta di queste cose... -dissi immersa nei miei pensieri mentre mi tornavano alla mente tutti quei ricordi di mesi prima. -Sicuramente verranno ad interrogare anche me. È la prassi.

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