7. Muto addio

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Non sapevo per quanto tempo ero rimasta su quel gradino freddo ad aspettare di scorgere anche solo in lontananza il ritorno di Nat. Avevo inzuppato tutti i fazzolettini di carta che avevo con me e dopo averli terminati ero passata ad usare la maglietta, su cui si era creata una bella e grossa chiazza. Ormai si era fatto molto tardi e quindi decisi di tornarmene a casa.

Non mi sembrava vero. Nathan era tornato a Deer Park e voleva farmi una sorpresa ed io da stupida ero andata a cacciarmi in un ridicolo tranello ideato da quella mente corrotta di Robert. Certo non gli avrei più rivolto la parola! E se fosse venuto al pub a prendere un caffè, gli avrei versato dentro un po' di arsenico piuttosto che lo zucchero.

Ero furiosa con lui e non l'avrebbe passata liscia. Al più presto avrei dovuto dargli una bella strigliata. Gli avrei vomitato addosso tutti gli insulti della peggior specie e poi gli avrei anche detto di non rivolgermi mai più la parola.

Arrivai al cancello distrutta. L'indomani avevo il turno di mattina e non volevo nemmeno immaginare con che faccia da cadavere mi sarei alzata!

Eppure continuavo a tormentarmi e a torturarmi ripensando all'espressione che si era stampata sul viso di Nathan quando aveva visto Robert e la festa mancata. Mi aveva guardata con un tale disprezzo che pensavo di morire lì, davanti alla durezza del suo sguardo.

E mentre ancora lacrime scendevano sulle mie guance, armeggiavo con un cancello non disposto per nulla a collaborare per farmi entrare. Mi stavo spazientendo e non vedevo niente a causa delle lacrime che mi appannavano gli occhi.

Sentii poi dei passi e qualcuno avvicinarsi. La mia vista offuscata mi permise solo di intravedere una sagoma maschile venirmi di fronte. Smisi per un attimo di litigare con la chiave che mi stava facendo indispettire e misi a fuoco l'immagine dopo essermi sfregata la faccia.

-Hanno cambiato la serratura mentre non c'eri. -disse la figura davanti a me.
-Cosa? -rimasi per un attimo spiazzata. La voce mi scivolò fuori rauca, rotta da un singhiozzo. -Ma come...

-Sto scherzando. -disse lui infilando una mano tra le sbarre del cancello e togliendomi le chiavi dolcemente. Gli permisi di farlo. Avevo davvero bisogno di aiuto. Ma una volta dentro non l'avrei degnato nemmeno di uno sguardo e tanto meno l'avrei ringraziato.

-Mi spiace per quello che è successo.

-Certo. Ti credo. -dissi secca cedendo al desiderio di rispondergli sarcasticamente.

-Dico davvero... -affermò Robert con un viso serio e convinto. Per un attimo avevo persino pensato di credergli.

-Mi hai solo presa in giro!

-Non è per niente vero. -continuò lui tenendo strette le chiavi.

-Per favore aprimi e fammi entrare. Non voglio sentire altro! -abbassai la testa. Quel tipo non meritava neanche di essere guardato in faccia.

-Ascoltami. Non è come pensi. La festa c'è stata davvero. L'ultimo dei miei invitati è andato via proprio qualche minuto fa. Cosa credi che stia facendo qui fuori se non per accompagnare i miei amici?

-Che ne so! Basta, non voglio ascoltarti. Ridammi le chiavi! -tentai di porre fine ad una conversazione che non avevo la minima voglia di portare avanti. Lui ritrasse velocemente la mano quando infilai la mia per recuperare quel dannato mazzo. -Ok! Hai voglia di giocare?! -gli urlai.

-Non voglio giocare. Solo che mi rendo conto di quello che è successo... di cosa ho combinato, insomma. E ti assicuro che sono dispiaciuto.

Gli concessi uno sguardo. Volevo vedere con quale espressione pronunciava quelle parole. Forse diceva la verità o probabilmente era un bravissimo attore.

CRIMINI... 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora