9. In trappola

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Una settimana difficile quella. Avevo trascurato tutto. Il lavoro, la casa, me stessa. Mi sentivo così vuota e persa che non avevo nemmeno una parola per confortare Nathan. In realtà anch'io ero sotto shock. Conoscevo Bianca da quando ero nata, lei era un po' la nonna di tutti. E poi sapeva farsi voler bene perché nonostante i suoi novantuno anni aveva un modo di fare e di pensare che rispecchiava molto quello dei giovani, quindi non era difficile andare d'accordo con lei e volerle bene.

Nathan era tornato a Deer Park e così il tour era saltato. Avrebbero potuto continuare senza di lui ma non c'era chitarrista che avrebbe potuto sostituirlo. Inoltre i ragazzi non se la sentivano di proseguire mentre lui aveva subito una tale dolorosa perdita.

C'era un'altra questione in sospeso visto che Mariana era rimasta sola. Innanzi tutto avrebbe dovuto necessariamente iniziare a lavorare per mantenersi e visto che per la casa occorrevano molte spese, dovevamo decidere se sarebbe venuta ad abitare con me o con Nathan in modo permanente.

Era tutto così assurdo, così tragicamente inverosimile che quasi non credevamo a quello che era successo.

Mariana era ancora sotto shock. Era stata lei a ritrovare la nonna stesa sul pavimento. Le sue urla strazianti avevano smosso l'intero palazzo, e così tutti erano accorsi. Johnny ne aveva immediatamente constatato la morte.

Dalla credenza presi le bustine di una tisana rilassante e dopo aver bollito dell'acqua, preparai una tazza fumante. Entrai in quella che precedentemente era la stanza di mia madre e restai ferma a fissare Mariana riversata sul letto. Stringeva a sé il cuscino ed era attorniata da una marea di fazzoletti stropicciati e umidi. Mi avvicinai lentamente con la tazza in mano, tentando di capire quale approccio fosse il migliore in un momento come quello.

Mi sedetti ai piedi del letto e lei mosse la testa per vedere chi le fosse arrivato vicino. La riposò nuovamente tirando su con il naso.

-Ti ho preparato una tisana. -dissi a voce bassa come coccolandola.

-Grazie Karin. -sussurrò con un suono rotto.

-Ti va di parlare?

-No.

-Ok, come preferisci. Nel piattino troverai un paio di biscotti. Tenta di mandarli giù, sono giorni che non mangi e...

-Ti preoccupi per me? -disse sollevando la testa e guardandomi con occhi gelidi. Il suo tono era duro, come se cercasse il capro espiatorio per sfogare la sua rabbia.

-Certo che mi preoccupo per te! -non mi lasciai intimidire. -Conosco bene cosa significhi perdere una persona cara. Hai solo voglia di abbandonarti, di non fare nulla. Di morire.

Abbandonò nuovamente la testa sul cuscino, non aveva nemmeno le forze per tenerla su. Sospirò esausta.

-Ho perso mia madre... -riprese trascinando le parole. -E quando è successo... non ho provato dolore perché era morta, no. Ho sofferto al solo pensiero di aver vissuto con un'assassina!

I miei occhi si riempirono di lacrime. Fino a quel momento non avevo mai nemmeno immaginato a come potesse sentirsi dopo aver scoperto che Regina, a cui era molto legata, era il killer che aveva tolto di mezzo quasi tutti gli inquilini del palazzo.

-Sai Karin, quando sono stata abbastanza grande da capire quello che aveva fatto mio padre, l'ho odiato con tutta me stessa! Tutte le volte che lo guardavo mi chiedevo come avesse potuto tradire mia madre! Lei che per me rappresentava l'icona dell'integrità. Era il mio modello... era la mia vita! -le sue labbra tremarono. -E poi scopro che ha fatto anche lei la stessa cosa di mio padre! Ha avuto un figlio con un altro uomo...! E come se non bastasse si è rivelata una spietata criminale e solo perché voleva avere il monopolio dell'intero palazzo?! Quale onorevole causa! Si credeva la vittima! Pensava che tutti tramassero alle sue spalle che tutti le mancassero di rispetto ma... merita il rispetto una persona così?! -si soffiò il naso chiudendo gli occhi gonfi. -Ha pensato solo a se stessa...

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