Harry guardò i quattro amici per qualche secondo, prima di alzare un braccio in segno di saluto.
« Allora.. ehm, io vado » disse incerto. Aveva ancora paura che qualcuno di loro, se non tutti, volesse ucciderlo, e non era sicuro che il fatto che fossero i suoi migliori amici contasse come garanzia.
« Mi raccomando, sii responsabile, cerca di non cacciarti troppo nei guai » lo salutò Liam, con tono esasperato.
« Mangia anche per me » aggiunse Niall, con uno sguardo truce. Lui era quello più offeso dal gesto di Harry, anche se tutti i ragazzi erano convinti che fosse solo finzione.
« E non farti beccare subito, idiota » lo mise in guardia Zayn, sorridendo allusivo.
« So che gli altri hanno paura di dirtelo, ma ti vogliamo bene, e ci mancherai, amico » continuò Louis.
« Ragazzi » Harry li interruppe, divertito. « Non mi sto arruolando in marina! Vado solo in vacanza, per tre settimane, e poi saremo di nuovo tutti insieme! »
« Vai solo in vacanza senza di noi » precisò Niall mettendo il broncio.
« Vi voglio bene anch’io! » il diretto interessato lo ignorò, fingendo di non aver sentito. « Ma adesso è meglio che vada » concluse, iniziando a correre verso il check-in. Un’ultima occhiata ai suoi compagni di band, o meglio, di vita, e si sentì finalmente il vecchio se stesso, quel ragazzo solitario che non si fidava mai di nessuno. Anche se era fiero di chi stava diventando, gli mancava la vita normale.
In realtà, per riuscire a guadagnarsi quella vacanza aveva pregato i manager in inglese, francese e persino cinese – magari si era inventato qualche parola, ma questo non lo sapeva nessuno – e dopo due mesi e tredici giorni di tentativi era riuscito ad ottenere i biglietti di andata e ritorno per Firenze. Ovviamente, non gli avevano permesso di scegliere la meta, sperando che il fatto di conoscere a malapena tre parole di italiano – di cui una era il cognome di un calciatore che aveva scambiato per parolaccia – o l’orario del volo, programmato per le tre di notte, lo facessero desistere, o perlomeno che Niall lo uccidesse. Ma nemmeno le pentole che l’irlandese gli aveva tirato addosso avevano fatto cambiare idea ad Harry, perché aveva bisogno di staccare per un po’ – era pur sempre il piccolino del gruppo.
Così, in quel momento era da solo, in prima classe, con gli occhi semichiusi e immerso nel silenzio. La pace intorno a lui era tanto innaturale che gli sembrava di star vivendo un sogno, eppure Harry si sentiva vivo, e soprattutto libero e autonomo. Ne era valsa la pena di minacciare di andare a giro nudo per Londra, se quello era il risultato, no?
Dopo quelli che gli sembrarono venti minuti – probabilmente si era addormentato – Harry mise i piedi sul suolo italiano. Che quella fosse l’Italia non c’erano dubbi: cielo azzurro, privo di nuvole, con i primi raggi di sole che illuminavano l’aeroporto, asfalto totalmente asciutto, gates minuscoli. Realizzare di avercela fatta, per davvero, gli fece venire un’improvvisa voglia di urlare, ma si trattenne, ricordando le parole di Zayn di poco prima, e si limitò ad entrare nell’edificio saltellando. Dovette ripetersi più e più volte che le persone conoscevano il suo volto in tutto il mondo, ed essendo in incognito fare l’idiota non giovava poi molto alla situazione. Recuperò in fretta la valigia e si diresse fuori, alla fermata dell’autobus, mentre controllava dall’iPhone quale fosse il modo più veloce per raggiungere l’hotel dove gli avevano prenotato – probabilmente una catapecchia per farlo ritornare prima. In realtà passò un quarto d’ora a cercare di distinguere i vari nomi che a lui sembravano tutti uguali, in quella lingua sconosciuta, finché non trovò un autobus che gli parve avere la stessa destinazione di quella che doveva prendere lui.
Gli parve, perché dopo un’ora e un quarto era giunto in un luogo sperduto che non assomigliava affatto al centro di Firenze. Forse avrebbe dovuto ascoltare quelle lezioni a cui Niall l’aveva trascinato, gli sarebbero potute servire. Dopo che l’autista l’ebbe apostrofato in chissà quale modo in italiano, intuì che doveva scendere perché l’autobus si era fermato in una piccola piazza, spegnendo il motore. Bene, erano le sette e quindici del mattino, ed Harry era perso nel bel mezzo del nulla, circondato dal silenzio di italiani ancora assonnati che non conoscevano mezza parola di inglese. Che cosa avrebbe fatto adesso?
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Lost. Why am I so Harry?
FanfictionIn realtà, per riuscire a guadagnarsi quella vacanza aveva pregato i manager in inglese, francese e persino cinese – magari si era inventato qualche parola, ma questo non lo sapeva nessuno – e dopo due mesi e tredici giorni di tentativi era riuscito...