Mi dimeno nel letto. Mi tiro su a sedere e noto un’ombra sulla parete; sembrano delle scarpe.
Accendo la luce in tutta fretta. Il fiato mi si è fermato e poi sorrido.
Come avevo fatto a dimenticare di aver lasciato le mie scarpe da ginnastica lì a terra?
Finalmente riesco a dormire di nuovo. Mi butto a letto per scacciare la noia. Sono le 3:07. Mi sveglio, come la notte prima. Mi volto sull’altro fianco quando mi torna in mente l’ombra delle scarpe. Le scarpe sono ancora proiettate sul muro, ma questa volta c’è di più: qualcosa simile a gambe. Cerco di non spaventarmi e scruto nel buio: la sedia è spostata, una maglietta pende da essa. Sarà quello. La sera seguente sono un po’ brilla. Sono le 3:07. Mi sveglio. Ancora. Guardo subito la parete: due gambe lunghe escono da quelle scarpe fatte d’ombra. Mi ripeto di aver bevuto, so che queste cose non esistono.
Non sopporto che quel dannato orologio segni le 3:07. Mi convinco che va tutto bene e mi rimetto a dormire. Non voglio stare sola nella mia stanza. Dormo da un’amica. Sono le 3:07. Mi sveglio. Mi sembra di impazzire. Non c’è nulla nella camera, ma sono sicura che se fossi in casa mia la vedrei. Mi riaddormento. Dormirò di nuovo nel mio letto. Sono le 3:07. Mi sveglio. Muoio di paura. Avrò il coraggio di guardare quella maledetta parete? L’ombra ormai si è estesa dalle scarpe alle spalle. Accendo tutte le luci e dormo nel soggiorno. Non c’è più nulla nella stanza tranne il mio letto. Sono le 3:07. Mi sveglio. Sul muro c’è la figura di un uomo con un cappello in testa. Accendo la luce. Non c’è nessuno. Passo il resto della nottata sveglia, ad assicurarmi che non torni. Ho invitato un’amica. La parete sembra vuota. Sono le 3:07. Mi sveglio. Speravo fosse finita. Non posso voltarmi sull’altro lato, ma qualcosa di diverso mi terrorizza: vedo tutta la stanza da un’altra prospettiva.
Non posso muovermi. Non posso parlare. Rivolgo lo sguardo verso il mio letto. Intravedo solo un cappello. Io io svanirò nel mattino non ho più la forza non voglio più avere paura sono solo un’ombra notturna su una parete.
Le nostre paure creano i nostri mostri