9. Benvenuta a Burgos (di nuovo)

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"I biscotti della fortuna, quelli non ve li potete dimenticare!".

"Ah già", replicò Richie. "Tanto so qual è il mio oroscopo. PRESTO SARAI DIVORATO DA UN GROSSO MOSTRO. BUONA GIORNATA."

IT - Stephen King

Ma vaffanculo! Questo macabro romanzetto di serie B ha decisamente rotto le scatole. Troppa carta è stata sprecata per la stampa di queste pagine assurde, e in passato ho investito troppo del mio tempo in Letteratura di primo livello per lasciarmi abbindolare da una stronzata del genere.

Sono in coma, adesso ne ho la certezza, sto incespicando nel famigerato tunnel mentale che solitamente i sopravvissuti descrivono con pedante devozione. Di cosa, poi, si deve essere tanto riconoscenti, ancora non mi è chiaro. Di una maratona barbosa di immagini accostate l'una all'altra senza il benché minimo ordine? Del palesarsi di una fantasia più o meno accattivante in un contesto spopositatamente inadeguato? Assecondare le pulsioni per il manichino vivente del reparto maschile di Prada, con un capannello di morti viventi come spettatori, non mi pare la ricompensa idonea per una vita di sacrifici e lotte contro l'assetato sistema.

Il libercolo horror di serie B si trasforma in incubo thriller di serie C non appena esco dalla residenza di Metcalfe Nott, correndo a perdifiato senza guardarmi indietro. La nuova Burgos mi accoglie con una notte limpida e un centro abitato normale, dove immobili e natura sono finalmente una fedele riproduzione dello street view della mappa di Google. Forse incontrerò assassini e trafficanti d'armi, ma preferisco di gran lunga queste due categorie alle marionette di Stephen King pronte a ingurgitarsi il mio pancreas. D'altronde sono cresciuta a Brooklyn, morti nei vicoli e spari a ogni ora erano all'ordine del giorno.

Dopo essermi lasciata alle spalle una decina di fattorie, con annessi fienili e giardini curati, vedo una fila ordinata di lampioni che illumina l'ingresso al parcheggio di un Motel senza pretese. E' quella la mia destinazione, coma o non coma, è lì che sono diretta! Vivrò questa esperienza fino in fondo, usandola come tutorial per uno spietato assalto post-risveglio al mio Capo, Cliffor Withe, che pagherà con gli interessi lo sbaglio di avermi spedita qui.

Mentre rallento e svolto a sinistra nel piazzale del Motel, un'auto sportiva parcheggia nel vialetto dall'altra parte della strada, e un uomo sulla quarantina, ben vestito, scende con un borsone e una sacca porta abiti; si dirige all'ingresso della casa, fruga in tasca e poi con le chiavi entra, richiudendosi la porta alle spalle. Tipico ritorno da un viaggio di lavoro: può esistere un'immagine più normale?

***

La reception è squallida, come lascia presagire la sciatteria della struttura esterna. Ci sono cinque sedie di plastica - una occupata da un tizio con berretto rosso e camicia a quadri, concentrato sullo schermo del suo cellulare - e un finto cactus, addossati alla parete di vetro che si affaccia sul parcheggio laterale; una catasta di riviste consumate campeggia sul pavimento accanto al muro dirimpetto, dove c'è anche una porta bianca socchiusa. Il bancone è vecchio, fine anni settanta probabilmente, la laccatura marrone si sta scrostando, un po' come la pelle del viso della signora che ci sta dietro e che mi sorride come se fossi la cosa più bella che vede da più o meno un secolo.

«Benvenuta a Burgos, signorina!» chiosa l'anziana donna. Questa l'ho già sentita, ed è stato tutt'altro che un benvenuto!

«Buonasera» dico seria, osservandola attentamente per scongiurare qualsiasi potenziale trasmutazione del suo volto. Gli occhi castani sembrano a posto, magari un po' di cataratta qua e là, i capelli rosso fuoco, tinti da schifo, sono raccolti in una cornucopia sbilenca e sulla faccia è steso uno strato di fondotinta giallognolo spesso almeno un centimetro. De gustibus...

Metcalfe [SOSPESO]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora