19. Nella Realtà

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"Ero nel buio. Non c'erano che ombre, io stesso ero un'ombra, e sapevo che ero morto e tutto era finito, tutto quanto. Poi ho sentito la tua voce. Ti ho sentito pronunciare il mio nome ed è stato questo a riportami indietro "

Shadowhunters (Città delle Anime Perdute) - Cassandra Clare


La vendetta è una molla molto potente; può scaraventarti anni luce dalla morigeratezza, può intrappolarti in una rete di pesci piccoli, come te, la cui dentatura aguzza è più grande del resto del corpo, il cui istinto è solo, e soltanto uno: la sopravvivenza a ogni costo.

Questo è il momento che paventavo da quando ho conosciuto Shelly Morgan, da quando ho capito che lei, per me, sarebbe stata diversa da ogni altro residente della mia Burgos, da quando ho iniziato ad anteporre il suo benessere al mio.

«Va tutto bene. Appoggiati a me» dico sededendomi sul pavimento e prendendola tra le braccia. Le sistemo il lenzuolo sulle spalle, frizionando il suo corpo freddo per riscaldarla. «Ora passa, vedrai. Sei stata brava» le bacio i capelli e lei si raggomitola contro il mio petto, nascondendo i piedi nudi sotto le mie gambe.

Era stata bravissima, non brava, quasi non aveva emesso un suono, e sono perfettamente consapevole del supplizio della smaterializzazione, perché, in misura ridotta, l'ho provato anch'io.

«D-dove s-siamo?» chiede balbettando, le labbra violacee per la temperatura rigida del suo sangue.

«Siamo al lago, nella casetta in cui ti ho portato ieri. Ricordi?» voglio assicurarmi che il suo cervello non abbia subito danni permanenti, che sia riuscito a tollerare la disintegrazione molecolare del difficile passaggio.

«S-sì» dice, liberandomi dall'afflizione. «F-fa f-fre... d-do».

«Lo so». Ho freddo anch'io. Purtroppo, è una delle condizioni immutabili della dimensione in cui ho trasferito entrambi, qui sono esattamente come lei. Più o meno. «Non posso farci nulla. Dobbiamo resistere. Troverò qualcosa per coprirci» prometto, cercando di placare la sua angoscia.

Shelly chiude gli occhi e respira concitatamente, soffiando il fiato algido sulla mia pelle. «N-non... p-puoi... n-non...»

«No, qui non posso piccola» la anticipo strofinandola con più vigore. «Non siamo nella mia Burgos. Siamo in quella vera». Alla mia specifica lei risponde spalancando gli occhi grigi, fissandomi impaurita. «Dobbiamo raggiungere quel baule» sollevo il mento a indicare il vecchio pezzo d'arredamento addossato alla parete. «Lì dentro troveremo sicuramente qualcosa per coprirci. Anche dei vestiti, se siamo fortunati». Ci credo davvero?

Per le fiamme dell'inferno, ma che diamine sto facendo? L'espediente che ho scovato supera addirittura la scempiaggine della scelta di scoparmi Catrhine, quando la mia ragione era pilotata da un'istinto meramente fisico, dal meschino desiderio umano di possedere Shelly Morgan oltre ogni formalismo. A una rapida analisi, il mio comportamento di allora è paragonabile a un bipolarismo deplorevole e, se fossi ancora affetto da tale squilibrio mentale, sarei l'ultimo essere meritevole di invadere lo spazio di questa meravigliosa creatura.

«Me-met» mi richiama Shelly. «Pr-provia-amoci».

«Okay» dico, baciandola sulle labbra ghiacciate. «Tieniti forte». Sollevo Shelly, adagiandola sulle mie gambe, e mi rendo conto che fa molto più freddo di quanto immaginassi: deve essere un clima polare, o deve andarci maledettamente vicino, il gelo percepito dai nostri corpi, probabilmente, sfiora un paio di decine di gradi sotto lo zero. Il mio respiro stantuffa fuori controllo e sento la pelle bruciare, una senzazione che genera un'insensibilità ostica, sfavorevole all'azione che mi accingo a intraprendere.

Metcalfe [SOSPESO]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora